COSENZA «Adduci conosce i volti e i nomi di coloro che hanno compiuto il duplice omicidio». Era stato il pm della Dda di Catanzaro, Alessandro Riello a dirlo in Corte d’Assise a Cosenza nel corso della requisitoria che ha preceduto la discussione degli avvocati difensori di Francesco Adduci, 56enne unico imputato del duplice omicidio commesso alle 18 del 4 aprile del 2022 quando «due sicari» hanno ucciso Maurizio Scorza, 57enne di Cassano, e sua moglie, la 38enne tunisina Hanene Hedhli. Al termine del processo Adduci è stato condannato a 21 anni di reclusione, ma dalle parole del pubblico ministero era chiara l’intenzione di arrivare alla chiusura del cerchio ed alla cattura dei responsabili del duplice delitto.
Oggi, i carabinieri del Comando Provinciale di Cosenza hanno arrestato Francesco Faillace, 41enne già detenuto a seguito dell’inchiesta “Athena“. Il provvedimento scaturisce dalle attività di indagine, coordinate dalla Dda di Catanzaro ed eseguite dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Cosenza guidati dal tenente colonnello Dario Pini, in relazione al duplice omicidio consumato il 4 aprile 2022 a Castrovillari ai danni di Maurizio Scorza e della compagna Hanene Hedhli.
I carabinieri hanno ricostruito il presunto ruolo di Faillace nel duplice agguato mortale. Il 41enne avrebbe concordato – secondo l’accusa – con Francesco Adduci «le modalità attraverso cui quest’ultimo avrebbe attratto le vittime nella propria masseria, a Castrovillari in contrada Gammellone». In particolare, Scorza sarebbe stato contattato telefonicamente ed invitato a raggiungere l’allevatore per consegnargli un agnello. La trappola mortale si completa con l’arrivo sul posto, a bordo di una autovettura presa in prestito, di Faillace che avrebbe esploso contro la coppia «diversi colpi di arma da fuoco: due all’indirizzo di Scorza e 12 all’indirizzo dei Hedhli.» Un’azione, quella compiuta dall’indagato aggravata dal metodo mafioso. Chi indaga, infatti, sospetta «una contrapposizione tra gruppi in guerra per il controllo del territorio». Faillace avrebbe agito per agevolare la famiglia Forastefano di Cassano allo Jonio. Proprio questa mattina, la Corte d’Appello di Catanzaro ha emesso la sentenza di condanna nei confronti di alcuni esponenti del clan al termine del procedimento scaturito dall’inchiesta “Kossa” (qui la sentenza).
Giova ricordare come il luogo del delitto e il luogo del ritrovamento dei due cadaveri siano diversi. I corpi di Scorza e della compagna, infatti, vengono rinvenuti in una strada di campagna a bordo di una Mercedes di proprietà della vittima. Lo stesso e insanguinato perimetro all’interno del quale, il 16 gennaio 2014, vennero ritrovati i corpi senza vita di un bimbo di tre anni, Cocò Campolongo, di suo nonno Giuseppe Iannicelli e della compagna di quest’ultima Ibtissam Touss. I carabinieri trovano il cadavere di Hanene Hedhli sul sedile anteriore, lato passeggero, mentre quello di Scorza nel bagagliaio con a fianco un agnello sgozzato.
Le indagini dei militari si sono soffermate proprio su un fuoristrada al centro dell’intrigo mortale: il Suzuki Grand Vitara, a bordo del quale Francesco Faillace avrebbe raggiunto il podere di Adduci, poi diventato scena criminis. Il veicolo, per chi indaga sarebbe «stato utilizzato ad un duplice scopo: da un lato, fare da “staffetta” alla Mercedes durante la fuga e dall’altro, consentire al complice che si era messo alla guida di quest’ultima di trasferirsi a bordo, una volta abbandonata la macchina con i cadaveri». Le telecamere private presenti nell’area interessata dal duplice omicidio disponevano di una buona risoluzione ed hanno facilitato il compito degli investigatori nel rintracciare «la marca ed il modello del veicolo, ma anche alcune caratteristiche della carrozzeria». Il riferimento è ad alcuni particolari, «gli specchietti retrovisori di colore differente rispetto al resto, il disegno dei cerchi in lega, delle “macchie” di corrosione della vernice presenti in determinati punti della carrozzeria». Avendo contezza dei dettagli relativi al mezzo utilizzato, gli investigatori si sono mossi per rintracciare il proprietario del veicolo. Conseguentemente, gli inquirenti provvedevano ad individuare il conducente del veicolo, un soggetto di Cassano allo Jonio. Prima di raggiungere il podere di Adduci, Faillace – intorno alle 15 – avrebbe lasciato la sua auto (una Volvo) e preso in “prestito” la Suzuki Grand Vitara. Il proprietario del fuoristrada, da quanto è stato ricostruito, sarebbe risultato estraneo rispetto alle reali intenzioni dell’indagato.
Hanene Hedhli si trovava al posto sbagliato e nel momento sbagliato. La sua morte è legata ovviamente all’uccisione del compagno. I proiettili mortali non hanno dato scampo alla 38enne, impotente dinanzi al fuoco nemico. Come ha avuto modo di commentare l’avvocato di parte civile Giorgio Bianco, è brutale l’uccisione della vittima «colpita all’interno dell’abitacolo da ben 12 colpi di pistola da distanza ravvicinata: un intero caricatore». Un atto ancor più barbaro – ha sottolineato il legale – se si considera che «Hedhli ha avuto modo di rendersi conto di quello che stava accadendo». Come ha avuto modo di sostenere il pm Riello nel corso della requisitoria, «se Scorza fosse andato da solo all’appuntamento avrebbe certamente trovato la morte, ma i vetri della sua auto sarebbero integri, perché sono stati infranti dai proiettili che hanno colpito a morte la sua compagna». A quel punto, «gli assassini hanno abbandonato l’auto segnata dai colpi mortali ma se Hedhli non ci fosse stata non l’avrebbero mai fatto». Il podere invece sarebbe stato il luogo ideale per coprire il rumore degli spari, «un posto nascosto e utile per caricare il cadavere di Scorza nell’auto».
Maurizio Scorza, ritenuto vicino alla criminalità organizzata, già scampato miracolosamente, ad un altro agguato omicidiario, era evidentemente il reale e principale obiettivo dei sicari. Alla base del delitto una «discordia» tra la vittima e un altro soggetto che avrebbe «ordinato a Faillace di portare Scorza al suo cospetto». All’interno del podere, Scorza sarebbe sopraggiunto invitato «con l’inganno» da Adduci deciso a consegnarli un agnello in vista delle feste Pasquali, diventato poi decisivo nel ruolo di «specchietto» ovvero di esca. Visto la carriera criminale, Maurizio Scorza non avrebbe mai acconsentito a presentarsi ad un appuntamento in un luogo così isolato. La telefonata ricevuta dall’allevatore non ha destato particolari sospetti, tanto da convincerlo a raggiungere il podere insieme alla sua compagna. Ma al suo arrivo Scorza incrocia Faillace, sarà l’ultima persona che vedrà prima di morire.
(f.benincasa@corrierecal.it)
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