Non ho il piacere di conoscerla e me ne dispiaccio, perché so che lei è un pastore attento. Da credente tenue (mi consenta questa confessione di debolezza nella fede) mi permetto di scriverle pubblicamente rilanciando ciò che ha fatto un parlamentare di Fratelli d’Italia, in merito alla vicenda di Padre Fedele Bisceglia. L’ho seguita sin dall’inizio e sin da allora ho avuto la percezione di trovarmi dinanzi a un caso di malagiustizia enorme. Spaventoso e vergognoso e chiaramente impunito come accade sempre in Italia. Padre Fedele o Don Francesco (essendo stato espulso dall’ordine) è ancora sospeso a divinis. Credo per la disubbidienza, elemento fondamentale di affiliazione all’ordine creato dal più grande Santo della storia italiana. È stato assolto come Ella sa da ogni accusa. Ha vissuto la sua vita in povertà, amministrando miliardi delle vecchie lire frutto di donazioni ma non prendendo nulla per sé. Lei saprà che in quegli anni un altro sacerdote, evidentemente per tanto tempo protetto da chi doveva denunciarlo, fu arrestato da un magistrato coraggioso, Eugenio Facciolla, perché mentre i disabili che doveva assistere vivevano nella sporcizia, lui spendeva almeno duecento mila euro l’anno in gioielli. Padre Fedele ha 87 anni ma ancora non può dire messa. È privato della sua identità. La Chiesa che insegna a perdonare 70 volte sette rimane chiusa e barricata nella sua burocratica concezione della pietas. Io mi auguro che il Signore dia lunga vita al “monaco” ma se gli accadesse qualcosa prima credo sarebbe difficile vivere nel rimorso. Fedele non è un santo ma molti santi, i più grandi, da Paolo ad Agostino, sono stati assassini e libertini prima di diventare cio che sono diventati.Se la Chiesa che è madre non sa raccogliere un suo figlio forse non riesce a mandare ai suoi fedeli il messaggio di fondo per cui è chiamata ad esistere.Restituisca a Padre Fedele la gioia di celebrare la resurrezione. Così facendo metterebbe fine a un martirio che ancora continua e che ci vede tristi spettatori della sofferenza di un uomo che i cosentini amano più di qualsiasi altra figura sacerdotale. Con immensa stima.
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