REGGIO CALABRIA «Non è solo un modo con cui organizzare la vita estiva della città, ma soprattutto un nuovo approccio rispetto alle tematiche della sicurezza che nasce dalla riflessione rispetto agli episodi che si sono verificati sul nostro lungomare nelle estati precedenti, quando è divenuto teatro di scene che nulla hanno a che vedere col divertimento». Con queste parole il sindaco Giuseppe Falcomatà ha aperto il suo intervento in prefettura per illustrare il protocollo sulla movida.
Un documento sperimentale, voluto insieme al Prefetto di Reggio Calabria Clara Vaccaro e firmato al palazzo del Governo con la Camera di Commercio di Reggio Calabria, presente Natina Crea, e con le associazioni di categoria Confcommercio col presidente Lorenzo Labate e Confesercenti col presidente Claudio Aloisio.
«La nostra idea è restituire il lungomare alle famiglie, ai cittadini e ai turisti – ha precisato il sindaco – quello che è successo in passato non ci va più bene, soprattutto in un momento storico di grandi afflussi turistici e grandi ritorni in città. L’obiettivo è di praticare la legalità, responsabilizzando le istituzioni e tutti i soggetti privati che operano nel settore turistico, nella piena consapevolezza che serve un approccio che non sia solo repressivo ma di una nuova narrazione culturale. Si può lavorare in sinergia senza limitare le libertà altrui: questo è l’obiettivo che ci siamo preposti rispetto ai temi di sicurezza e ripristino legalità».
«La movida è un fenomeno sul quale dobbiamo vigilare – ha chiarito il prefetto Vaccaro – perché poterla vivere in spensieratezza è un diritto di tutti, sia dei ragazzi, sia dei meno giovani. Il problema è che alcuni comportamenti degenerano. Abbiamo pensato che la legalità non può essere soltanto repressione, ma deve essere un percorso che cerca di coinvolgere tutti: gli esercenti, i giovani, i meno giovani e poi istituzioni e forze dell’ordine. Dunque i controlli continueranno ad esserci però vogliamo coinvolgere in una movida consapevole, in modo tale che il lungomare d’estate o altre zone d’inverno, non si trasformino in un momento di tortura per altre persone. Si tratta di una sperimentazione da cui trarremo le conseguenze a fine estate».
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