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sette giorni di calabresi pensieri

Al nuovo Pronto soccorso di Cosenza poco è cambiato

Il movente dei colpi di mitra contro il centro migranti di Cetraro. Agli scavi di Sibari aumentano i visitatori. Ma latitano i mezzi pubblici

Pubblicato il: 20/07/2024 – 6:40
di Paride Leporace
Al nuovo Pronto soccorso di Cosenza poco è cambiato

Dopo il rimpasto di giunta alla Regione apprendiamo che il presidente Roberto Occhiuto si occuperà di Sanità avendo affidato le altre deleghe in suo possesso agli assessori. Una buona notizia per un settore cruciale della vita calabrese. Le questioni da risanare sono molte e rimangono sul campo le criticità. Ne apprendiamo da Trebisacce e dal riaperto ospedale di Cariati dove le carenze di personale sono quelle di sempre.
A Cosenza si va avanti verso decisioni cruciali, si da per attuata la localizzazione del nuovo nosocomio in zona universitaria considerata la nascita del nuovo Policlinico della giovane facoltà di Medicina. Mi permetto una banalità. Nelle baruffe politiche e territoriali si tenga sotto osservazione contrada Rocchi e i suoi terreni a Rende evitando che ci siano speculazioni che a volte si verificano in questi ambiti su terreni agricoli che diventano all’improvviso edificabili per opere pubbliche. Guardare prima è meglio di gridare alla luna dopo.
Andiamo al presente. Lo scorso 5 luglio, seguendo la puntuale cronaca del Corriere della Calabria, mi aveva molto tranquillizzato l’inaugurazione del nuovo Pronto Soccorso di Cosenza che spesso abbiamo dovuto descrivere come l’ospedale di guerra diretto da Donald Sutherland nel film “Mash”.
Nuovo primario, nuovi locali, annunci di rispetto della privacy del paziente e adeguato comfort per un Pronto soccorso derelitto promosso ad Hub.
Purtroppo a due settimane dell’inaugurazione, le questioni sono rimaste simili al passato. Abbiamo avuto modo di verificare, acquisendo filmati e audio , che l’inferno dei soccorsi continua ad essere old style Annunziata.
Un paziente con gravi dolori conseguenti ad un’operazione subita in passato è rimasto in attesa di terapie e visite dalle 7 del mattino alle 21 della sera adagiato su una barella. Carenza di barellieri e scarsa informazione sul proprio destino. Il successivo trasferimento ha visto il malcapitato di turno vedersi portare in uno stanzone con trenta letti dove vengono sistemati uomini e donne divisi ognuno da un separè. La privacy è un optional. Al Pronto soccorso ci sono persone che purtroppo possono anche morire. E questo avviene a fianco di altri malati che certo non ne beneficiano psicologicamente. Un degente di questa sorta di area di sosta, a un giorno del ricovero urgente come prima colazione ha avuto un latte mescolato ad orzo in bicchiere di plastica servito così, in mano, e per potere avere una confezione di marmellata ha dovuto pietirla all’operatore di turno che bontà sua ne ha fatto gentile concessione. Lo scenario dell’inaugurazione è molto cambiato. Abbiamo visto il nuovo materiale destinato all’hub affastellato in diverse stanze e numerose scatole ancore sigillate. Ci sono stanze con letti vuoti non utilizzate. L’inaugurazione del nuovo Pronto soccorso forse doveva aspettare ancora dei giorni prima di tagliare il nastro per annunciare che tutto era già cambiato? Mi è venuto spontaneo di andare con il pensiero al tempo in cui la sanità cosentina era guidata da Franco Petramala, cioè quando l’Annunziata di Cosenza grondava di efficienza e buona sanità per i malati.
Riformare la sanità è complesso non in Calabria ma in Italia. Chiedere a quella signora che giovedì ha ricevuto una telefonata da Germaneto che la informava che la mamma anziana poteva essere operata come richiesta inoltrata lo scorso 8 gennaio. Peccato che la paziente nel frattempo sia morta dopo l’amputazione di una gamba che ha provocato secondo i parenti della vittima numerose complicazioni. Queste sono le liste d’attesa. Tempi di vita e di morte. La Sanità pubblica è una questione maledettamente seria.

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Alle 11 del mattino di mercoledì scorso un cecchino armato di Kalashnikov si avvicina nei presso del Centro di accoglienza per migranti “Il Parco degli aranci” nei pressi del Porto turistico e lascia in gentile ricordo una sventagliata di 23 proiettili all’ingresso della struttura. Tutto questo non a Gaza o in Ucraina ma a Cetraro che meriterebbe altre cronache d’estate.
Un avvertimento mafioso ben chiaro. Non ci vuole Montalbano, considerata l’arma adoperata, per capire che tutto sia riconducibile alla locale cosca mafiosa di territorio che da anni segna la cronaca nerissima di Cetraro. Urge piuttosto un Maigret, personaggio poliziesco di Simenon notoriamente molto dotato nel capire il movente di un fatto criminale. Perché a noi quel movente suona molto inquietante.

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Filippo Demma è il direttore regionale dei Musei nazionali di Calabria e dei parchi archeologici di Sibari e Crotone. Salernitano, molto competente e comunicativo, chi lo segue sui social ne conosce lo stile pop diretto e graffiante fuori dalle convenzioni. Lo ha intervistato la bella rivista digitale “Dedizioni” e dalle domande del direttore Gianfranco De Franco abbiamo ricavato importanti notizie che condividiamo anche con i nostri lettori. A Sibari, quella che dovrebbe essere la nostra Pompei, i visitatori sono aumentati da diecimila a trentamila l’anno. Questo grazie ad un politica di eventi collaterali che hanno fatto aumentare la presenza di giovani calabresi che hanno sfruttato la doppia offerta e anche una guida gratuita dedicata sempre molto utile in Archeologia, esattamente come avviene a Pompei. Chi va a Sibari agli Scavi utilizza l’automobile, di sera quando si tengono gli eventi risulta completamente assente il trasporto pubblico su gomma e rotaie e di giorno non è che sia tanto meglio. I tour operator sono praticamente assenti come il trasporto pubblico. Paesaggi incantevoli dominano l’archeologia calabrese perché gli antichi greci e romani «sapevano sceglierli i posti» dice Demma che oltre agli eventi si è inventato laboratori sperimentali e abbonamenti annuali per residenti a costi accessibili. Sosteniamo questa politica di sviluppo del visionario Filippo Demma. E grazie a “Dedizioni” per averci messo al corrente di questo bellissimo contesto.

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A proposito di archeologia, ieri 19 luglio, 58 anni dalla frana di Agrigento, quando il centro storico della città siciliana, adiacente alla Valle dei Templi, venne parzialmente distrutto dalla speculazione edilizia che aveva guardato al guadagno e non alla tutela del paesaggio. Ministro dei lavori pubblici era Giacomo Mancini che in quell’occasione con un’inchiesta rigorosa e subitanea accertò le responsabilità e indicò risoluzioni legislative di portata storica con la Legge Ponte. In concomitanza con l’anniversario, la Fondazione Giacomo Mancini in collaborazione con la sempre pregevole Rubbettino, manda in libreria un volume della valente docente universitaria Katia Massara dal titolo “Agrigento 1966, la battaglia del ministro Giacomo Mancini per la tutela del territorio”. Una buona lettura estiva per conoscere una delle più belle pagine dello statista calabrese.

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In attesa di leggere il suo ultimo libro “Paradiso” segnalo ai lettori la chiosa finale di Michele Masneri sul Foglio nella pagina “Terrazzo” dedicata al più grande stilista calabrese di tutti i tempi: «Assassinato, Versace, mentre tornava dell’edicola per comprare i giornali», dettaglio malinconico che lo inchioda ad una precisa epoca archeologica (“mamma cos’è un giornale” chiederanno i più piccoli tra altri 27 anni, indossando capetti e accessori di tanti nuovi stilisti tutti assolutamente e immancabilmente visionari, vabbè). Vabbè tra 27 anni ancora leggerete il Corriere della Calabria che è un giornale digitale simile a quello di carta. Dell’uso del “vabbè” nel moderno giornalismo ne parliamo un’altra volta perché lo spazio è finito come i giornali di carta dei tempi di Gianni Versace. (redazione@corrierecal.it)

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