Sul femminicidio di Lorena Quaranta, la studentessa di Medicina strangolata dal fidanzato in una villetta di Furci Siculo il 31 marzo 2020, i giudici della Corte d’Assise di Reggio Calabria avrebbero dovuto verificare se “la specificità del contesto possa, e in quale misura, ascriversi all’imputato per non avere efficacemente tentato di contrastare lo stato di angoscia del quale era preda o se la fonte del disagio, evidentemente rappresentata dal sopraggiungere dell’emergenza pandemica, con tutto ciò che essa ha determinato sulla vita di ciascuno e, quindi, anche dei protagonisti della vicenda, e, ancor più, la contingente difficoltà di porvi rimedio, costituiscano fattori incidenti sulla misura della responsabilità penale”.
È quanto scrivono i giudici della Corte di Cassazione, nelle motivazioni – pubblicate dalla Gazzetta del Sud – sulla decisione di annullare con rinvio, limitatamente all’applicabilità delle attenuanti generiche, la condanna all’ergastolo per l’infermiere calabrese Antonio De Pace per l’uccisione della giovane fidanzata originaria di Favara, in provincia di Agrigento. La decisione di disporre un appello-bis limitatamente all’applicabilità delle attenuanti generiche per De Pace, anticipata ieri dal ‘Messaggero’, è in relazione proprio al fatto che il femminicidio avvenne nella prima fase della pandemia di Covid-19 e questo potrebbe aver inciso sull’animo e sullo stato di angoscia dell’infermiere.
«Il Covid non c’entra nulla. Era appena cominciato. La verità è che De Pace aveva un complesso di inferiorità nei confronti di mia figlia. Lei si era quasi laureata in medicina, lui era specializzando in Scienze infermieristiche e Lorena l’aveva aiutato a non fermarsi e ad entrare in Odontoiatria. Aveva dato già quattro esami. Doveva farne un altro, ma non era angosciato, fino alla mattina aveva scherzato con il fratello di Lorena, che all’epoca aveva 5 anni». Ha dichiarato Vincenzo Quaranta, il padre di Lorena. Vincenzo dice che Lorena e Antonio «stavano insieme da quattro anni. E invece mia figlia Danila, recentemente, ha trovato dei messaggi che sua sorella aveva mandato ad Antonio. Nei processi non sono stati valutati. Comunque quello che emerge è la paura di non essere all’altezza. Non sapevamo fosse un mostro». Ecco cosa c’era scritto: «A ottobre del 2019, Lorena gli scriveva: “Stai manifestando il carattere che mi fa pena…io me ne frego se sei infermiere o medico. Preferisco dire con dignità che sono la fidanzata di un infermiere che si comporta da uomo e non di un medico cafone. Io me ne frego se sei infermiere o medico. Mi riempi tanto la testa con il fatto che vuoi essere alla mia altezza e poi ti comporti come un paesano ignorante che dà colpi sul vetro”. Questo gli diceva Lorena».
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