BOVALINO C’è un sentiero in Aspromonte che porta verso Pietra Cappa e le cui tappe portano il nome e il cognome di chi con coraggio ha deciso, al costo della vita, di ribellarsi al male della ‘ndrangheta. E i passi percorsi da Lollò Cartisano diventano quelli dei tanti familiari delle vittime innocenti. Vittime che rivivono nei racconti che ogni 22 luglio vengono fatti durante la marcia della memoria. Una marcia sotto un sole cocente in piena estate che tuttavia non ferma adulti, anziani e bambini. La partenza da San Luca e l’arrivo lì dove, dopo anni di silenzi e interrogativi, venne ritrovato il corpo di Cartisano.
Furono un rapimento e un omicidio che colpirono come mai prima la Locride. Quella di Adolfo, detto Lollò, Cartisano fu una morte che rappresentò in qualche modo uno spartiacque e che lo rappresenta ancora oggi. C’è un prima e un dopo la scomparsa del fotografo di Bovalino con la passione per il calcio, una scomparsa sulla quale la verità arriverà dopo anni di appelli da parte dei familiari.
Era il 22 luglio del 1993. La Locride, territorio martoriato da sequestri e omicidi causati dalla mano armata della ‘ndrangheta, era nel pieno dei suoi anni più duri e violenti. Era una calda sera d’estate quando Lollò Cartisano fece ritorno con la moglie nella sua casa al mare a Bovalino. L’agguato, l’aggressione e poi il rapimento. Da quel momento partirono le indagini e le mobilitazioni per ritrovarlo, ma del fotografo non si seppe più nulla. Le risposte arrivarono soltanto dieci anni dopo, nel 2003, con la confessione di un pentito che in una lettera anonima rivelò che il corpo dell’uomo si trovava in Aspromonte, nei pressi di Pietra Cappa. Una confessione che restituì la verità, che per i familiari «arrivò come un dono», così come la definisce sempre Deborah Cartisano, figlia di Lollò e referente di Libera.
Oggi, come ogni 22 luglio, sul sentiero percorso da Cartisano verso Pietra Cappa si svolge la marcia organizzata da Libera “I sentieri della memoria”. Ad ogni tappa c’è una sosta durante la quale vengono raccontate le vite e le scelte delle tante, troppe, vittime innocenti della criminalità organizzata. Racconti di sofferenze indicibili che si intrecciato con il fascino di un luogo che fu macchiato di sangue, ma di cui è necessario riappropriarsi affinché possa diventare e restare il simbolo di una rinascita. (m.ripolo@corrierecal.it)
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