COSENZA Una forzatura istituzionale. No: un’opportunità per i territori. Un blitz politico per disarcionare uno dei pochi capoluoghi di provincia a guida campo largo. No: un progetto che va oltre il “qui e ora” ma guarda ai decenni a venire. Un’opportunità di spesa di 150 milioni in quindici anni. No: la sommatoria di due dissesti (Rende e Cosenza).
Il balletto delle opinioni sul Comune unico Cosenza-Rende-Castrolibero potrebbe fermarsi alla fine di questa settimana, ovvero nel passaggio in Consiglio regionale calendarizzato per venerdì 26 luglio. Con il probabile timing per il referendum (febbraio 2025) sarebbero spazzate via di colpo le schermaglie tra favorevoli e contrari: il tema è caldissimo nell’agenda politica di Cosenza e hinterland – secondo solo al nuovo policlinico annunciato in zona satellitare rispetto all’Unical – e un po’ meno nella popolazione. Ma anche in queste ore non mancano le proteste: lunedì pomeriggio, ad esempio, gli attivisti de La Base hanno rilanciato le ragioni dei contrari (qui la notizia).
Ma anche da Rende – oltre che dal capoluogo bruzio – sono state più volte rilanciate le ragioni di chi non vuole la città unica preferendole l’Unione dei Comuni: e questo – hanno ribadito da ultimo i comitati per il no alla fusione – per motivi molto poco legati alla lettura identitaria della questione quanto piuttosto alle casse: «Partecipare alla gestione dei servizi non comporta lo scioglimento ossia la cancellazione di nessun comune» ma al contrario un miglioramento dell’offerta per i cittadini.
«È un modo per commissariarci?»: il dubbio, che più che altro è un timore, è stato sollevato nei giorni scorsi in occasione di un confronto pubblico a Cosenza dal sindaco Franz Caruso, il quale ha paventato l’arrivo di «commissari al posto dei sindaci da febbraio 2025», per essere subito tranquillizzato dal consigliere regionale Giuseppe Graziano (Azione), in termini anche un po’ rudi.
Al primo cittadino socialista ha fatto eco un ex sindaco della stessa estrazione politica, quel Sandro Principe che da un lato rivendica la primogenitura non solo a parole di un sistema integrato nei servizi («Noi da Rende abbiamo iniziato a parlare di area urbana nel 2000») dall’altro motiva il suo sì (con distinguo) chiedendosi: «Ma è una fusione o un’annessione?» e ragionando che «i voti dei cosentini al referendum saranno decisivi e peseranno di più». E i cosentini secondo lui sono orientati alla «annessione» a differenza dei rendesi.
Nel corso di quella stessa iniziativa, una delle figure più esposte nel referendum sulla città unica ovvero Luciana De Francesco (Fratelli d’Italia) ha aperto a un’eventuale ipotesi di emendamento del testo: «Come centrodestra siamo disponibili a discutere nel merito della risoluzione circa i tempi di attuazione della legge, dopo il referendum. Ritengo fondamentale portare al più presto la risoluzione in consiglio regionale e discutere con le opposizioni mantenendo intatta la nostra posizione favorevole». Detto fatto: a meno di un mese da quell’impegno ecco la seduta di venerdì prossimo. Un momento interessante per capire la posizione del Pd in materia: se Franco Iacucci ha incassato dicendosi «disponibile a recuperare e allargare la discussione, per come abbiamo detto in Commissione e come ripeteremo in Consiglio» bisogna notare che in realtà i democrat, al netto della coppia cosentina, hanno una posizione un po’ schizofrenica; il consigliere reggino Giovanni Muraca a marzo in Commissione ha votato no, come si muoverà il 26? (euf)
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