COSENZA In cauda venenum. Stava per concludersi con un litigio, ieri sera, l’assemblea del circolo cosentino del Pd convocata dalla segretaria Rosi Caligiuri per l’analisi del voto e la comunicazione sulla data della Festa dell’Unità. Sembrava di essere tornati alle schermaglie del 2002 quando il socialista Saverio Greco e gli allora Democratici di Sinistra battagliavano in aula. L’ex presidente del consiglio di Cosenza dopo tre ore di riunione ha infatti chiesto di mettere ai voti un documento sul dibattito, di qui la bagarre con Damiano Covelli, Antonio Ciacco e Raffaele Zuccarelli, che vent’anni fa sedevano negli stessi banchi di maggioranza. Il presidente del circolo Gabriele Petrone ha placato gli animi e ha chiuso l’assemblea alla quale hanno partecipato oltre 50 iscritti e simpatizzanti, in una sala del convento dei Cappuccini (si sa che attualmente la sede del circolo è out).
Analizzando il voto, Caligiuri ha notato che il Pd stravince in Puglia e Campania, dove governa, come segnale di contrarietà alle politiche del governo Meloni sul Sud, autonomia differenziata in primis. «In Calabria – ha aggiunto Rosi Caligiuri – il partito arriva al 15,8%, rispetto al 2018 ha perso 30.000 voti, ma non possiamo negare almeno due criticità: usciamo da tantissimi commissariamenti, che hanno inciso sul radicamento nel territorio, inoltre non avevamo candidati di Cosenza in lista mentre Tridico è andato benissimo nel Movimento 5 Stelle». Poi la «chiamata alle armi per la tre giorni di festa in programma il 13, 14 e 15 settembre, in una città come Cosenza dove il campo largo funziona, e ora si sperimenterà anche a Vibo con il sindaco Romeo».
Anche Salvatore Perugini, presidente della commissione di garanzia, non ha omesso i problemi nella composizione delle liste, l’erosione di consensi da ex esponenti dem come Maria Pia Funaro candidata in Alleanza verdi Sinistra e la presenza di candidati fortissimi come Decaro. «Eppure – ha detto l’ex sindaco di Cosenza – quel 15% ci permette di ricostruire, la direzione annunciata a settembre da Elly Schlein dovrà disegnare il nuovo profilo organizzativo del partito. Dovremo essere un movimento? Sicuramente non solo il partito degli iscritti e degli eletti ma non dovranno esserci neanche cani sciolti, ci vogliono delle regole perché includere non è tollerare tutto». Un riferimento non troppo velato alle polemiche degli ultimi giorni le legate all’espulsione dei tre dissidenti: «Non avveleniamo i pozzi – ha attaccato Perugini – con screenshot e chiacchiere sui giornali, siamo una comunità e c’è il diritto di manifestare dissenso ma nelle modalità e nei luoghi giusti». Poi l’appello a Franz Caruso per il rimpasto: «Mancano il vicesindaco dell’assessore al Bilancio e il Pd deve avere più la rappresentanza in Giunta – ha mandato a dire Perugini al sindaco, poi ha chiesto al tavolo di organizzare dopo la festa dell’Unità un punto programmatico per arrivare preparati alle prossime scadenze elettorali: questo circolo ha la capacità per farlo, chi vuole andarsene se ne vada pure ma non dobbiamo dare alibi e stimolare il dibattito interno.
Per Salvatore Giorno «il partito in provincia va bene dove i circoli lavorano bene come il nostro e con concordia e non sono litigiosi», poi definisce soddisfacente il risultato del Pd in città e parla di un «partito vivo che ha una forza espansiva anche tra i giovani», mentre sulla coalizione da costruire suggerisce che sia «la più larga possibile per mandare questa destra a casa» infine chiede di aggiungere ai panel annunciati da Rosy Caligiuri (autonoma differenziata, sanità e diritti civili) uno sulla Grande Cosenza: «Il Pd è il partito della città unica». Sulle defezioni dei due candidati a sindaco Formoso e Scarpelli individuati per Montalto e Mendicino, Giorno si dice deluso perché «con quei nomi avremmo vinto a mani basse».
Damiano Covelli si muove tra i 140 milioni di euro messi in campo dal Comune nei cantieri che stanno ridisegnando la città e il circolo che «non ha neanche un centesimo per organizzare la festa dell’Unità. Servono le risorse – avverte l’assessore ai Lavori pubblici –, non è più come un tempo, adesso ci sono un piano di sicurezza e altre incombenze da affrontare».
Critici gli interventi di Saverio Greco («Un’altra volta un risultato insoddisfacente a Cosenza mentre il centro-sinistra governa, mentre 5 Stelle e Avs erodono voti al Pd») e Francesco Graziadio che parla di «un partito schiaffeggiato dagli elettori in un voto di opinione: i cosentini – ha detto il consigliere comunale di Democrazia e Partecipazione – ci stanno dicendo che non si sentono rappresentati da un partito distante e sordo, di qui l’astensionismo che premia gli altri partiti di centro-sinistra, un segnale che significa voglia di rinnovamento. E non è una questione di nomi ma di pratiche politiche».
Il capogruppo dem in consiglio comunale Francesco Alimena suggerisce di «non segare il tavolo su cui siamo seduti» mentre sul caso dei dissidenti Carlo Guccione è netto: «Se ne facciano una ragione e ricordino che anche Nicola Adamo e Mario Oliverio prima di loro sono stati espulsi dal partito. Gli attacchi a Perugini sono stati ingenerosi – aggiunge –. Ma Il Pd non è un taxi. A Corigliano Rossano abbiamo visto tesserati del Pd candidati in altre liste perché il partito era a rischio quorum». Mentre sull’astensionismo il componente della direzione nazionale del Pd commenta «stiamo andando verso la democrazia della minoranza che delegittima le istituzioni. Il Pd calabrese – ammette – non è nelle condizioni di proporre un’alternativa credibile a Roberto Occhiuto e c’è un lavoro da fare sulle alleanze oltre che su un’agenda politica che includa il lavoro, l’isolamento infrastrutturale della Regione e la sanità». Sull’amministrazione comunale il giudizio è in chiaroscuro: «Bene per i conti messi in ordine ma non si può fare comunicazione sui social per la buca riparata o i giardinetti ripuliti. I temi – suggerisce Guccione – sono il PSC e i 160 milioni della metroleggera: che fine hanno fatto? E poi la città unica, che era già nel mio programma di candidato a sindaco: è sbagliato l’atteggiamento difensivo del Pd, noi dobbiamo attaccare il centrodestra e in Parlamento dobbiamo lavorare per cambiare la legge sulle fusioni, facendo differenza tra Comuni grandi e piccoli».
Pungola l’amministrazione Caruso anche Enza Bruno Bossio, che invita il Pd cosentino a incalzare l’amministrazione comunale su temi come i trasporti: «Ci sono fondi da spendere entro il 2026 perché non pensiamo a ridisegnare i trasporti con il BRT (Bus rapid transit, ndr) come a Bari e Taranto, tanto più dopo il fallimento Amaco? Chiediamo al sindaco di andare in Regione». Mentre sulla città unica l’ex parlamentare sostiene che la battaglia vada fatta contro la legge regionale: «E’ un vulnus che i Consigli comunali non si possano esprimere».
Si torna al tema delle espulsioni con Gianfranco Tinto (assente ieri il terzo dissidente Aldo Trecroci): «Forse è una delle ultime volte che sarò in assemblee come questa, non so se in futuro mi sarà consentito parlare ma sul nostro caso voglio dire che abbiamo fatto richiesta di accesso agli atti per visionare i documenti della nostra espulsione, inoltre penso che la commissione di garanzia con molti membri assenti e senza la parità di genere assicurata, non era nelle condizioni di decidere sulla nostra espulsione».
Per il consigliere Giuseppe Ciacco le percentuali del Pd a Cosenza e un buon risultato se si pensa che i 5 Stelle hanno portato a casa appena 247 voti in più pur avendo un candidato forte come Tridico, poi ha difeso Cosenza come unico baluardo contro Roberto Occhiuto, cui adesso si aggiunge Vibo. Di segno opposto, dopo l’intervento di Alessandro Grandinetti – che ha chiesto più dialogo tra la base del partito e gli esponenti dem a Palazzo dei Bruzi – Sergio De Simone che segnala come su scala nazionale «il Pd ha nella provincia di Cosenza uno dei peggiori risultati di Italia, per di più in un territorio storicamente di sinistra. L’esploit di Maria Pia Funaro – ironizza – è stato merito nostro». Anche Giacomo Mancini è «contento che finalmente qualcun altro sostenga quello che dicevamo noi sui problemi all’interno del circolo e del partito a Cosenza», poi attacca senza nominarlo Covelli: «Autoincensarsi può essere un errore nel migliore dei casi, mentre nel peggiore si rischia di risultare ridicoli»; e liquida Franz Caruso: Pensa già alle regionali» (leggi l’anticipazione del Corriere della Calabria).
Sulla scia di quanto detto da Perugini e Covelli, anche Nicola Adamo lamenta un eccessivo ricorso ai media (Elio Bozzo incasserà un applauso quando dirà «usciamo sui giornali perché nel partito non troviamo spazio»). Adamo, analizzando l’exploit del Pd al Sud che non riguarda però la Calabria, commenta che «la gente ha bisogno di riferimenti» e al proposito cita il caso Decaro. «Magari non per meriti nostri – aggiunge – ma in Italia e anche a Cosenza si è creato un umore, cioè che il centro-sinistra può battere la destra in Italia e anche in Calabria, ma il 22% in questo sistema elettorale non serve a nulla». Su Palazzo dei Bruzi invita il partito a «non lasciare Caruso da solo ad alzare la voce contro il presidente Occhiuto» mentre sui dissidenti pensa che Graziadio, Tinto e Trecroci «vogliono soltanto demolire questa amministrazione comunale e questo partito».
Nelle sue conclusioni il segretario provinciale Vittorio Pecoraro mostra meno ottimismo di qualcuno che l’ha preceduto: «Il Pd calabrese si è sicilianizzato, l’isola è l’unica regione che va peggio della Calabria». Non solo europee però nelle parole di Pecoraro, che si assume le responsabilità sulle sconfitte di Mendicino e Montalto ma si dice «ferito» per lo strano sfilarsi di Luigi Formoso a Montalto, dopo un anno di lavoro sulla candidatura, e di Fulvio Scarpelli a Mendicino fattosi da parte «quando la giunta era già decisa. Prima o poi queste dinamiche andranno chiarite» dice Pecoraro. E poi si impegna a una maggiore presenza del Pd soprattutto sulle coste e ipotizza le coordinamenti nei territori tra i segretari dei circoli, auspicando anche un maggiore confronto con la segretaria Schlein e con i vertici regionali del partito: «Non si possono chiedere e ottenere incarichi per poi non fare nulla – attacca – mentre sulle candidature alle Europee rivela che anche a lui è stato proposto a poche ore dalla chiusura delle liste di candidarsi così come a Cristallo e Tassone. Infine l’autocritica sulla disorganizzazione in campagna elettorale, un peggioramento rispetto a dieci anni fa se si pensa che «non siamo riusciti ad aprire neanche la sede di un candidato in tutta la provincia. Ci sono forze politiche che pur non avendo i circoli che abbiamo noi sono più radicate di noi», commenta, mentre sul tesseramento Pecoraro ritiene che «quello online ha fatto perdere molti iscritti, per questo pensiamo di tornare anche al cartaceo». Tra gli altri punti di debolezza del Pd anche «il non avere più un’organizzazione giovanile». I due diktat del segretario tra dimensione locale e regionale: «Insediare il partito nei quartieri e lavorare già in ottica delle prossime elezioni per il dopo Occhiuto». (e.furia@corrierecal.it)
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