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La decisone

Articoli copiati: Microsoft deve rimborsare il gruppo Gedi

È quanto stabilisce il provvedimento adottato dall’Agcom che ha determinato l’equo compenso

Pubblicato il: 28/07/2024 – 12:33
Articoli copiati: Microsoft deve rimborsare il gruppo Gedi

ROMA L’Agcom ha deliberato l’ammontare dell’equo compenso dovuto da Microsoft per l’utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico di GEDI Gruppo Editoriale SpA sul motore di ricerca Bing. Si tratta del primo provvedimento adottato da Agcom che coinvolge un prestatore di servizi della società dell’informazione diverso dalle imprese di media monitoring e rassegne stampa. L’Autorità – è scritto in un comunicato stampa – ha valutato le proposte economiche formulate dalle parti e ha ritenuto che nessuna di queste fosse conforme ai criteri di cui all’articolo 4 del Regolamento medesimo. Ha, pertanto, determinato l’equo compenso spettante a Gedi secondo quanto previsto dall’articolo 12 del Regolamento. Con questa decisione l’Autorità si è espressa altresì sulla definizione di “estratto molto breve”, interpretando il criterio qualitativo dettato dal legislatore alla luce del mutamento che ha caratterizzato l’offerta e la domanda di informazione nel nuovo contesto sociale. È una decisione «di portata straordinaria» – dice Enzo Cheli a Repubblica, già giudice costituzionale e primo presidente dell’Agcom – «perché apre la strada a un riequilibrio dei rapporti di forza nel mercato dell’informazione». Una decisione – aggiunge – che aiuterà gli editori, tutti gli editori, a difendere i propri contenuti pregiati anche dalle insidie dell’intelligenza artificiale generativa, «perché la rivoluzione digitale ha generato piattaforme globali che occupano e condizionano il mercato della comunicazione come mai prima nella storia dell’umanità».

L’intervista

C’è dunque uno squilibrio nei rapporti di forza? «Vistoso, clamoroso. Ha preso forma uno sbilanciamento grave, a tutto danno degli editori tradizionali della televisione, della radio, della carta stampata, dei siti. Ora, questa pronuncia dell’AgCom contribuirà a ristabilire un equilibrio intanto sul piano economico. Ma non è, attenzione, una mera questione di soldi». Lei coglie altre implicazioni? «Fortissime: sul terreno culturale, della politica dell’informazione, dei corretti contrappesi democratici. Lodo dunque la mia AgCom, che dimostra vivacità d’azione e coraggio». Coraggio? «Certo. Quando un interlocutore è così forte nel fatturato, ci vuole un certo coraggio a immischiarsi, mi creda. Vedo invece l’AgCom calarsi a pieno nel ruolo di arbitro imparziale. I contendenti, Gedi e Microsoft, non si sono accordati sugli importi. E l’Agcom ha preso su di sé la responsabilità di mediare e decidere. Questo atteggiamento rafforzerà tutte le autorità amministrative indipendenti del nostro Paese». L’Agcom mette in campo una metodologia originale per determinare un importo equo. Come la giudica? «Approfondita. Anzi, direi raffinata. Un approccio così credibile non sfuggirà ai giudici della Corte di Giustizia dell’Ue, chiamati a valutare se il Regolamento della nostra Agcom sull’equo compenso agli editori sia coerente con le norme comunitarie. Sta prendendo forma intanto anche una nuova Commissione europea». Quale linea dovrebbe adottare, secondo lei? «Mi auguro continui a tenere testa ai motori di ricerca e anche ai giganti dell’intelligenza artificiale che hanno ormai cambiato pelle». Nel senso che? «Sono nati come soggetti privati, ma si sono tramutati in soggetti pubblici. Oggi hanno un potere paragonabile a quello degli Stati». Come lei sa benissimo, gli algoritmi generativi possono emulare le creazioni umane perché si allenano sugli archivi che custodiscono le creazioni degli umani. A partire dagli archivi dei giornali. «Seguo quotidianamente le notizie sugli accordi tra editori di tutto il mondo e aziende dell’intelligenza artificiale. Come seguo le cronache delle contestazioni legali che editori primari muovono, a partire dal New York Times. C’è un filo rosso che unisce tutte queste vicende, dall’equo compenso agli editori fino al confronto sul diritto a usare gli archivi». Un filo rosso? «Ci porta a un principio chiave. Chiunque utilizzi un prodotto giornalistico, in qualsiasi forma, ha il dovere morale e l’obbligo giuridico di ripagare il lavoro di chi produce le notizie: redazioni ed editori. Oggi l’Agcom applica questo principio di giustizia sostanziale al motore Bing. Ma lo stesso principio andrà applicato al contesto nuovo della intelligenza artificiale».

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