COSENZA La denominazione, i soldi in ballo, le difficoltà di cassa e le battaglie identitarie. Sulla città unica Cosenza Rende Castrolibero si eserciteranno i cittadini e la politica nel prossimo biennio. Intanto, il dato politico è che il centrosinistra si spacca a Palazzo Campanella e si compatta a Palazzo dei Bruzi, dove i dem sono sulle stesse posizioni (critiche) dei 5 Stelle. Ma anche nel Partito democratico la linea non è unica. Alcuni temi sono del tutto assenti, come lo spopolamento: se Reggio Calabria si è elevata al rango di Città Metropolitana con aree demografiche importanti, l’hinterland di Cosenza – con il capoluogo che ha registrato uno spopolamento negli ultimi tre decenni da 102mila a 60mila abitanti – rischia di ritrovarsi di qui a dieci anni già sotto i 100mila. Ma di questo ancora non si parla.
«Proveremo a trovare, come abbiamo sempre fatto, una linea unitaria. Noi, a differenza degli altri partiti, discutiamo molto perché rappresentiamo una comunità. Facciamo un passo indietro per farne tre avanti come comunità rispetto a delle forze politiche che invece dipendono da un capo. Questo non è il nostro modello»: così parlò da Cosenza il deputato dem Marco Sarracino a fine marzo, quando già una parte del Pd cosentino iniziava ad allinearsi alla posizione assunta dalla maggioranza in Consiglio regionale: esattamente quattro mesi dopo il balletto è finito e quella posizione si è cristallizzata.
«Le battaglie bipartisan vanno condotte fin da principio e non il giorno del voto, per difendere gli interessi di qualche consigliere comunale che deve finire il mandato»: così parlò invece Davide Tavernise (M5S) in Consiglio non mandandole a dire alla coppia di colleghi cosentini Bevacqua-Iacucci, artefici dell’accordo.
La felice definizione del consigliere regionale Udc Giuseppe Graziano, sempre durante la seduta dell’altro ieri si riferisce alla spaccatura nel centrosinistra, leggi «campo largo», sul voto per il referendum: se il Pd vota Sì come il centrodestra – trovando terreno comune sul documento dem «politico e vincolante» che fa slittare di un biennio l’eventuale istituzione della Grande Cosenza – Lo Schiavo (gruppo misto) vota No e il Movimento 5 Stelle addirittura riesce a spaccarsi al suo interno tra chi si astiene (Tavernise) e chi vota Sì (Afflitto). Lo stesso Lo Schiavo e Bevacqua risponderanno al “generale” che non c’è alcuna crepa nella minoranza: «Votiamo con libertà di coscienza, non c’è nessuna valenza politica».
Forse perché a Palazzo dei Bruzi il campo non è «slim» (nella giunta di centrosinistra siede anche un’assessora 5 Stelle, Veronica Buffone), forse perché, appunto, da quelle parti ognuno si muove «con libertà di coscienza», ma se a Palazzo Campanella il Pd va compatto, nel capoluogo si divide: i dem (nelle sole persone di Alimena e Ciacco) e grillini tornano a essere d’accordo tra Crati e Busento. Cosenza in direzione ostinata e contraria.
Lo sviluppo a nord è un processo già consolidato nella formazione della cosiddetta “città-spaghetto” ma che taglierebbe fuori i casali presenti negli altri punti cardinali: una “città policentrica” e non verticale sarebbe al contrario formata dall’attuale sistema urbano insieme ai comuni che fanno corona, territorio di riferimento storico plurimillenario (i Casali cosentini, l’area Piano Lago-Savuto, le Serre cosentine), circa 30 comuni tutti a non molti minuti di percorrenza da Cosenza. «Falso che la città unica di fatto esiste già» perché – si legge in un questionario del Comitato per la Città Policentrica strutturato nella forma delle Faq (Frequently Asked Questions, ovvero “domande frequenti”) – «non è una città» e «non ha forma e funzione né qualità urbana. È solo la somma di più agglomerati diversi per nascita e qualità, messi insieme uno appresso all’altro: una città lunga, stretta e ingestibile». Curioso che poi lo sviluppo a nord non includa Montalto Uffugo, zona sempre più strategica quanto a trasporti e logistica.
«Io sono antifascista, ma farei attenzione a evocare lo spettro del fascismo su questa vicenda»: Franco Iacucci non fa il nome di Franz Caruso ma si riferisce a una sua dichiarazione sul comportamento del centrodestra in Regione. Il sindaco di Cosenza da mesi sostiene che la fusione sia in realtà una manovra per cancellare l’amministrazione di centrosinistra, i maliziosi vedono nella “moratoria” di due anni un favore alla sua permanenza fino a scadenza naturale del mandato.
«I 400 milioni di debito pregresso di Rende che fine faranno? Di certo non saranno annullati con il colpo di spugna della fusione»: il sindaco di Castrolibero, Orlandino Greco, non ha dubbi che «a Rende il No è più prevalente che nella mia città, i rendesi hanno un fortissimo concetto di identità (vai alla lettera P, ndr). Noi non faremo sconti a nessuno e faremo una campagna in tutta la regione: delle 128 fusioni nate nel dopoguerra, nessuna ha fatto a meno dell’impulso dei Consigli comunali».
La Lega che in aula vota Sì alla proposta del referendum mette da parte i discorsi su identità e appartenenza, ma si segnala anche una simpatica gaffe del consigliere salviniano Mattiani che parla di «Casali del Monaco» nel territorio di Lamezia Terme. Urge rapida rinfrescata.
«L’istituzione della città unica tra Cosenza, Castrolibero e Rende è solo un artificio legislativo. La fusione non è il fine ma il mezzo attraverso cui la Regione ha inteso autoassegnarsi il potere di scioglimento dei consigli comunali»: così il sindaco di Luzzi Umberto Federicoha chiamato il Consiglio comunale ad approvare, nella seduta del 25 luglio, la richiesta di un referendum abrogativo dell’articolo 4 della legge regionale 24/2023. «La scelta fa parte della organizzazione di una campagna di cui sono protagonisti altri Comuni. In ossequio allo Statuto regionale almeno 10 Consigli comunali, in rappresentanza di 100mila elettori, possono formulare richiesta di svolgimento, sull’intero territorio regionale, di un referendum rivolto ad abrogare quella norma regionale, che ha modificato il referendum da vincolante a consultivo e ha stabilito che il quesito referendario, per la fusione tra Comuni, non sia deliberato dai Consigli comunali ma disposto dalla Regione». Curiosità: con Acri e Bisignano, proprio Luzzi rappresenta un “comune unico di fatto” in un famoso refrain nel lessico dei cosentini entrato anche nel menu di una famosa paninoteca.
Ma questa è una partita economica oltre che politica, e sui famosi 150 milioni in ballo (vai alla lettera Q) c’è una frase del sindaco di Cosenza, Franz Caruso, che racchiude tutto, anche la situazione di cassa di almeno due dei tre Comuni coinvolti: «Si parla di 10 milioni l’anno per 15 anni senza vincolo di spesa, ma mi chiedo: come potrebbero essere gestiti questi fondi se li affidassimo nelle mani sbagliate? E sul debito di 251 milioni che per Caputo sono bazzecole, come se ne esce? Non voglio e non posso far gravare sui cittadini di Rende e Castrolibero i disastri creati da chi oggi è al governo e da un lato vuole la fusione mentre dall’altro ha cancellato il progetto della metroleggera» coi suoi 160 milioni. Quasi la stessa cifra di cui sopra.
Una boutade ma comunque evocativa – «sarebbe come portare il mare a Cosenza» – la CoReCa ipotizzata dall’ex sindaco ed esponente dem Salvatore Perugini (qui l’intervista al Corriere della Calabria): nel quesito non trova però posto accanto a “Cosenza”, “Nuova Cosenza” e “Cosenza Rende Castrolibero”.
Nella partita della città unica rientra senza dubbio il nuovo ospedale, che si chiamerà Ospedale di Cosenza anche se sorgerà a Rende come pare, in funzione di Policlinico legato all’Unical sul modello dell’Aou “Dulbecco” di Catanzaro. Sui rischi toponomastici connessi a un eccesso di denominazione bruzio-centrica vai alla lettera U.
A proposito di Rende, chi vede in questa fusione piuttosto un’annessione pensa implicitamente che proprio il Comune oggi commissariato sia piuttosto il traino del nuovo ente: Pil, qualità della vita, Unical (vai alla lettera U) e, appunto, futuro Policlinico sono in quest’ottica determinanti una volta che si andrà al voto tra autunno e primavera (a proposito, in caso di vittoria il Pd proporrà un altro slittamento?). Intanto, come canterebbe Vasco, c’è chi dice no oltre Campagnano.
Tornando ai fondi: i detrattori fanno notare che «il contributo è concesso nei limiti degli stanziamenti annuali. Solo il massimo stabilito (10 milioni) per il massimo degli anni (15) darebbe 150 milioni, e non è probabile» tanto che «in Italia non ha mai raggiunto questi limiti (nel 2022 il massimo contributo non ha superato i 2 milioni di euro)». Secondo il Comitato per la Città Policentrica, favorevole piuttosto all’Unione dei Comuni, non è vero neanche che si risparmierà grazie alla riduzione delle “poltrone” e all’amministrazione unica: argomentazione «fuorviante» e «risparmio aleatorio sia perché oltre i 100mila abitanti aumentano le retribuzioni (fino a 14mila euro mensili) sia perché ci sarà la necessità di creare tre suddivisioni municipali».
Un Comune unico nella città unica: tra le ipotesi di area urbana vasta (il Comitato Città Policentrica ad esempio guarda a Sud del capoluogo) si segnala quella di Vittorio Pecoraro, segretario provinciale del Pd di Cosenza, che include anche Casali del Manco, comune a sua volta nato da una fusione (Casole Bruzio, Pedace, Serra Pedace, Spezzano Piccolo e Trenta). Ciò che renderebbe il tutto una meta-fusione.
Nel lessico politico di Palazzo Campanella entra il dialettismo di Mimmo Bevacqua che aggiorna così l’attendismo della Prima Repubblica: il capogruppo dem si riferisce alle «scuse» pur di non agire, mentre in cosentino l’aggettivo ha una sfumatura diversa: qualcosa di torbido (con tratti di pericolosità: vedi “strada scusagna”), poco chiaro… Dunque il termine può essere usato anche da qualcuno che ha visto nel passaggio di venerdì scorso un inciucio destra-sinistra.
«Impensabile che non esista un collegamento Cosenza-Unical nel Trasporto pubblico locale» ha detto chiudendo i lavori del Consiglio il presidente dell’assise Pierluigi Caputo. Il progetto visionario BinBus è oggi solo un ricordo eppure sembra attualizzarsi ora più che mai. Il tema trasporti è caldo e di certo sarà in agenda: Enza Bruno Bossio ha parlato di «fondi da spendere entro il 2026» (la nascita del Comune unico combacerà con la scadenza del Pnrr) e ha rilanciato la proposta di «ridisegnare i trasporti con il BRT (Bus rapid transit, ndr) come a Bari e Taranto, tanto più dopo il fallimento Amaco»; per inciso, sulla città unica l’ex parlamentare è tra chi sostiene che la battaglia vada fatta contro la legge regionale: «E’ un vulnus che i Consigli comunali non si possano esprimere».
Ha parlato di «università di Cosenza» il dem Iacucci per dire che la città unica esiste già nei fatti e nel lessico quotidiano degli abitanti dell’area urbana. Chiedere ai rendesi cosa ne pensano…
Giuseppe Graziano in aula ha invece riportato l’esempio del nuovo Comune dell’Emilia-Romagna (istituito nel 2014 dopo il referendum 2012) soprattutto come paradigma del decisionismo del presidente dem Bonaccini, che ha proceduto nonostante il No in 2 dei 5 Comuni (tra i quali Bazzano, sede del Muncipio).
Il governatore del Veneto è stato invece citato a più riprese, insieme con il collega piemontese Cirio vicesegretario di Forza Italia come Roberto Occhiuto, per aver posto come vincolante il Sì: la legge sulle fusioni passerà solo se i favorevoli prevarranno in tutti i Comuni interessati. (e.furia@corrierecal.it)
x
x