ROMA «La prima cosa da fare è evitare le perdite o perlomeno ridurle, quindi riparare la rete, mettere mano agli invasi delle dighe. Però, dico, siamo alle solite: la gestione dell’emergenza idrica non si fa d’estate, quando l’acqua manca. Perché l’emergenza poi costa tanto, costa più dell’ordinario». Così il nuovo capo dipartimento della Protezione civile Fabio Ciciliano in un’intervista al Corriere della Sera. Un’emergenza che non riguarda solo la Sicilia. «Fosse solo la Sicilia! Anche la Calabria e la Puglia sono alle prese con la grande sete. Ho appena parlato col direttore della Protezione civile siciliana, mi ha detto che sull’isola non piove da maggio. E se l’acqua non c’è – sottolinea – comunque va trovata. Mica solo quella da bere, pure quella per i campi, per gli animali. Conosco da anni quelle realtà. Molte famiglie vivono da sempre con la cisterna azzurra sul tetto, per continuare ad avere l’acqua quando s’interrompe l’erogazione pubblica. Tanti campi sono già bruciati, però ecco: agli allevatori che vorrebbero macellare il bestiame ormai stremato, io dico che al loro posto eviterei, perché poi servirebbe altra acqua per smaltire. Come si vede è un dossier complesso, ci vorrà tempo, ma l’obiettivo è fare in modo che tra un anno, estate 2025, non ci si ritrovi a parlare di emergenza. Perciò vorrei fare come in Benin. Nel 2008 vi prestai servizio volontario da medico chirurgo, là c’erano le suore che gestivano le missioni. Mi ricordo che si arrabbiavano molto quando i pozzi venivano trascurati e l’acqua diventava inquinata. È un fatto di mentalità, di cultura», spiega. (Asc/Adnkronos)
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