Sono accusate di avere chiesto a noti imprenditori del Napoletano la vertiginosa cifra di un milione di euro le due persone arrestate dai carabinieri di Torre Annunziata (Napoli) al termine di indagini coordinate dalla Dda partenopea. I militari dell’Arma e la procura contestano ai due indagati l’accusa di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso e dalla finalità di agevolare il clan camorristico Fontanella. Si tratta di un gruppo criminale che fa i affari illeciti a Sant’Antonio Abate, in provincia di Napoli e nei zone limitrofe. «Per apparare (mettere a posto, ndr) questa questione ci vuole un milione di euro, già un paio di giorni fa tuo padre doveva essere ucciso, ma siamo riusciti ad apparare la questione». È quanto si è sentito dire il figlio della vittima dell’estorsione tentata, da un milione di euro, dal capo del clan Fontanella, approcciato in più occasioni per costringere il padre, noto imprenditore, consigliere comunale e suocero del sindaco di Sant’Antonio Abate (Napoli).
Sono Gioacchino Fontanella, 56 anni, elemento di vertice dell’omonimo clan di Sant’Antonio Abate ed ex pentito, e Nicola Mendola, 52 anni, i due indagati accusati di avere chiesto l’esosa estorsione. In più occasioni, all’inizio del mese di luglio, la camorra di Sant’Antonio Abate ha cercato di farsi consegnare i soldi dalla vittima. L’imprenditore – che è claudicante – è stato avvicinato la prima volta mentre era in auto, in attesa della moglie la quale, nel frattempo si era andata a prendere un caffè al bar. Poi si sono susseguiti altri approcci, tutti dello stesso tenore, che la vittima ha sempre cercato di eludere. Di recente, l’altro storico boss dell’omonimo cartello camorristico, Catello Fontanella, cugino di Gioacchino, è stato condannato in primo grado a 10 anni per estorsione: scarcerato nel 2018, aveva rifondato il clan disciolto definitivamente a inizio anni 2000 grazie a con gli ultimi arresti delle forze di polizia e della magistratura.
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