Ma quanta sete avrà il Ponte a pezzi? Tantissima. Non quanta ne patiamo noi, appoggiati alle balaustre, di qua e di là, del terrazzo più bello del mondo. Per gli impasti e le bisogne, l’acqua se la dovranno portare tutta da fuori, navi cisterne e anche navi con desalinizzatori a bordo. Pure che non lo faranno, i soldi li faranno fuori, le sponde porteranno a lungo i segni sulle facciate di case un tempo abitate dalle creature del mito. Un ponte per le allodole, un parlar d’altro in un posto in cui i temerari vorrebbero sfidare ogni forza della natura e gli autoctoni non sono padroni di farsi una doccia. Un ossimoro imposto da chi con le Leggi divide il Paese e poi proclama l’unità basata sul cemento e l’acciaio. Una beffa per viaggiatori che si fermano a Eboli. Un affronto per mani che hanno forgiato guerrieri ora finiti in una casa di riposo. Tutto ridicolo e tragico a farsi il tondo sul Menta sempre più vuoto, la piaga più truce inflitta all’Aspromonte.
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