COSENZA Il recente colpo al potente cartello della droga messicano di Sinaloa ha riportato l’attenzione sul traffico di stupefacenti che lega il Messico alla Calabria. Il narcoboss Ismael Zambada Garcia, detto “El Mayo”, e il figlio di El Chapo, Joaquin Guzman Lopez, sono stati arrestati a El Paso, in Texas. Quello della criminalità organizzata calabrese con il Messico è un rapporto solido sin dai tempi in cui al comando del cartello c’era El Chapo Guzman, che «considera i calabresi affidabili perché hanno una grande durezza, più dei colombiani o dei peruviani». La dichiarazione virgolettata è del procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, a conferma dell’alto grado di credibilità costruito dalla ‘ndrangheta negli anni. Una credibilità basata principalmente su due fattori: la “serietà” negli affari e, soprattutto, i pochi pentiti nella storia della mafia calabrese. Un aspetto, quest’ultimo, radicalmente cambiato negli ultimi anni, con diversi collaboratori di giustizia che hanno iniziato a parlare con i pm della propria ‘ndrina, compresi i tanti affari con i narcotrafficanti all’estero.
Come conferma l’ultima relazione della Direzione investigativa antimafia, pubblicata di recente, per il primo semestre del 2023. Le mafie italiane, in particolare quella calabrese, sono particolarmente attive oltreoceano, fortemente radicate in paesi come Canada e Stati Uniti, dove alimentano i proprio rapporti con i narcos messicani. «La mafia calabrese – si legge nella relazione – grazie al ruolo rivestito nel narcotraffico, è presente anche nel territorio statunitense, ove, in collegamento con i narcos colombiani e messicani, rappresenta una minaccia anche per le consistenti attività di riciclaggio». Non a caso, El Mayo e il figlio di El Chapo sono stati arrestati proprio negli Stati Uniti. Dal Sudamerica partirebbero poi tonnellate di carichi di droga destinati alla Calabria, complice anche il ruolo strategico del porto di Gioia Tauro che per anni è stato quasi zona franca per i i narcotrafficanti grazie alle infiltrazioni della ‘ndrangheta. Aspetto che ha attirato anche le attenzioni del cartello di Sinaloa.
Il 17 aprile del 2023 al largo delle coste siciliane vengono sequestrate oltre due tonnellate di cocaina. Il carico, destinato in Italia e proveniente dal Sudamerica, è stato rinvenuto galleggiante in attesa, secondo gli inquirenti, che i 300 kg di droga venissero ritirati da barche e portati sulla terraferma. Un piano ben congegnato che implicherebbe l’esistenza di un sistema più grande e un modus operandi ben consolidato che, secondo gli inquirenti, sarebbe riconducibile alla ‘ndrangheta. Il sequestro, su cui ha lavorato al Procura catanese, si connette all’operazione, scattata tempo prima a Catania, in cui a venire indagato per narcotraffico sono alcuni messicani, tra cui Jose Angel Rivera Zazueta. “El Flaco”, come viene chiamato nel paese natìo, sarebbe strettamente legato all’odierno arrestato e capo del cartello El Mayo.
In Italia, questa volta per via “aerea”, avrebbe tentato di stabilire a Catania una base logistica per la droga a Catania per il cartello di Sinaloa. Nell’inchiesta “El Flaco”avrebbe riferito ad un agente delle Fiame Gialle infiltrato che a portare il carico di droga sarebbe stato un soggetto messicano solitamente incaricato dal El Chapo per lo stesso lavoro. Un piano poi bloccato dall’intervento delle forze dell’ordine, ma che dimostra gli interessi del cartello verso l’Italia. Interessi in cui non sarebbe rimasta esclusa la ‘ndrangheta, «leader» nel mercato della droga sudamericana e, in virtù della “stima” di El Chapo verso i criminali calabresi, anche protagonista diretta del giro. Con il recente arresto anche di El Mato, il cartello di Sinaloa si ritrova con i vertici dietro le sbarre: un colpo al narcotraffico e ai potenziali affari della ‘ndrangheta. (Ma.Ru.)
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