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I batteri intestinali possono accelerare lo sviluppo del tumore alla vescica

Possono metabolizzare gli agenti cancerogeni e consentire che si accumulino in organi distanti

Pubblicato il: 03/08/2024 – 6:49
I batteri intestinali possono accelerare lo sviluppo del tumore alla vescica

ROMA I batteri intestinali possono metabolizzare gli agenti cancerogeni e far si’ che questi si accumulino in organi distanti, accelerando allo sviluppo del tumore. Lo rivela un nuovo studio condotto dai ricercatori dell’European Molecular Biology Laboratory, EMBL, e dai collaboratori dell’Universita’ di Spalato, in Croazia, riportato sulla rivista Nature. In ogni momento, oltre 10 trilioni di microbi chiamano l’intestino umano “casa”. Dalla scomposizione delle sostanze nutritive presenti nel cibo al rafforzamento dell’immunita’ contro gli agenti patogeni, questi microbi svolgono un ruolo essenziale nel modo in cui gli uomini interagiscono con il mondo. Cio’ include anche il modo in cui l’organismo risponde agli agenti cancerogeni e sviluppa il cancro. Le sostanze cancerogene sono sostanze chimiche che possono indurre le cellule normali a trasformarsi in cellule cancerose, dando origine a tumori e cancro. Possono essere presenti in diversi luoghi, e il fumo da tabacco e’ una delle cause d’insorgenza piu’ note. I ricercatori hanno gia’ scoperto che, se i topi sono esposti alla nitrosamina BBN, una delle sostanze chimiche presenti nel fumo di tabacco, sviluppano una forma aggressiva di cancro alla vescica. Questo e’ quindi utilizzato come un comune modello di laboratorio di cancro indotto da agenti cancerogeni. Il laboratorio di Jano Terzi dell’Universita’ di Spalato, in Croazia, stava studiando questo modello quando ha fatto una curiosa osservazione. Se i topi venivano nutriti con antibiotici, a una dose che uccide il 99,9% dei loro batteri intestinali, contemporaneamente all’esposizione al BBN, le probabilita’ che si formassero tumori erano molto piu’ basse. “Mentre il 90% dei topi esposti al BBN sviluppava tumori alla vescica, solo il 10% di quelli che ricevevano anche antibiotici lo faceva”, ha detto Blanka Roje, coautrice dello studio e dottoranda presso il Laboratory for Cancer Research dell’Universita’ di Spalato in Croazia

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