COSENZA Silvio Gioia collabora con la giustizia dal 2013. La decisione non è dettata dalla della volontà di tagliare con il passato criminale, ma dalla necessità di scappare da un debito con il gruppo Perna di 60.000 euro «che non riuscivo ad estinguere». È schietto il pentito cosentino in collegamento con l’aula bunker di Lamezia Terme, dove si celebra il processo scaturito dall’inchiesta “Reset” contro la ‘ndrangheta cosentina. Gioia si occupava di droga, «prendevo grossi quantitativi dal gruppo Perna e la smistavo ai pusher per spacciarla».
Della galassia criminale bruzia avrebbero fatto parte gruppi criminali confederati ma anche autonomi. E’ il caso, ad esempio della “batteria” guidata da Marco Perna a Cosenza. Gioia lo conferma nel suo racconto, riportando le confessioni di «Antonio Abbruzzese, il figlio di Banana», secondo il quale «nessuno poteva dire niente all’epoca a Marco Perna in quanto aveva l’autonomia per poter mantenere diciamo i carcerati, il papà e quelli che stavano magari vicino a loro. Quindi gli avevano concesso questa autonomia». Tuttavia, anche Silvio Gioia – come sostenuto nel corso delle precedenti udienze da altri collaboratori di giustizia – conferma l’esistenza di un “Sistema” legato all’approvvigionamento della droga e della “bacinella” comune all’interno della quale confluivano tutti i proventi delle attività illecite. «All’epoca, dal 2010 al 2013, sapevo che avevano fatto una bacinella unica, erano tutti insieme». Sui capi dei vari gruppi, il pentito precisa: «Mario Piromallo dirigeva il gruppo degli Italiani, in quanto gli altri erano in carcere. In molte occasioni ho visto andare a casa sua la moglie di Francesco Patitucci, la moglie di Gianfranco Bruni, Roberto Porcaro, Rinaldo Gentile e Umberto Di Puppo».
Il core business del gruppo Perna era la droga. «La prendevo da Perna, gliela pagavo e il mio guadagno lo tenevo per me». Lo stupefacente tra «i vari gruppi si doveva prendere solo dal sistema, non si poteva prendere sottobanco. Quindi se avessi voluto prendere stupefacenti fuori provincia non mi sarebbe stato permesso». Il gruppo Perna si riforniva a «Rosarno da Umberto Bellocco, che era un amico di Marco Perna, e a volte anche a Marano di Napoli, però non so le persone chi fossero». L’organizzazione dello spaccio cambia a seguito di accordi presi dai gruppi criminali cosentini dopo la morte di Luca Bruni, confessa il pentito. Sull’omicidio del rampollo della famiglia “Bella Bella”, il pm della Dda di Catanzaro Corrado Cubellotti chiede un ulteriore sforzo di memoria. «Si sono messi d’accordo per eliminare Luca Bruni per non avere problemi e di mettersi tutti insieme, perché Luca Bruni era uno che voleva la vendetta del padre, creava problemi…», precisa Gioia. (f.b.)
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