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il progetto

A Santa Severina consegnato il nuovo Parco archeologico. Custodisce i resti di un insediamento brettio

A Santa Severina consegnato il nuovo Parco archeologico. Custodisce i resti di un insediamento brettio

Pubblicato il: 05/08/2024 – 11:28
A Santa Severina consegnato il nuovo Parco archeologico. Custodisce i resti di un insediamento brettio

Consegnato alla piccola ma vivace comunità della frazione di Santa Severina, in provincia di Crotone, il Parco archeologico che custodisce i resti di un insediamento brettio di IV sec. a.C..
Il sito di Altilia, conosciuto archeologicamente a partire dalla fine degli anni Settanta del secolo scorso, rappresenta un importante contesto abitativo antico, per la sua posizione strategica, essendo collocato alla confluenza del fiume Neto con il Lese ed all’ingresso di una fondamentale via di penetrazione che, attraverso la Sila, e quindi il Neto, l’Ampollino ed il Savuto, consentiva di raggiungere le sponde della Calabria Tirrenica. Dopo anni di ricerche, seppur discontinue, il sito è stato riconosciuto come un insediamento del tipo a nuclei sparsi, di epoca Brettia, ma con evidenti indizi di frequentazione sia dell’età del Bronzo Finale che della prima età del Ferro.
Il progetto – finanziato dalla Regione Calabria nel 2020, nell’ambito di un bando relativo a Progetti Strategici per la Valorizzazione dei Beni culturali della Calabria è stato voluto dall’Amministrazione comunale di Santa Severina, guidata da Salvatore Lucio Giordano; nonostante varie vicissitudini ed un esordio non propriamente semplice – ma compatibile con la complessità dell’iter burocratico, anche in relazione all’individuazione del sito, alla progettazione e, infine, alla realizzazione del parco, il lavoro è stato portato a termine, con grande soddisfazione di chi ci ha  creduto impegnando tempo ed energie affinché tutto potesse  svolgersi nel migliore dei modi.

Il progetto

La progettazione, affidata dall’Amministrazione Giordano all’archeologa Maria d’Andrea, calabrese, che in Calabria ha scelto di rimanere e lavorare per contribuire alla crescita  culturale della propria regione, in collaborazione con un gruppo di professionisti, l’architetto Costantinos Ropalis, il geometra Endrio Vellone e con la supervisione del tecnico comunale ingegnere Domenico Renzo – ha coinvolto  liberi professionisti e  funzionari della pubblica amministrazione, in particolare la Soprintendenza ABAP  per  le province di Catanzaro e Crotone, che hanno sostenuto ed accompagnato i tecnici nelle varie fasi del lavoro.
Per questo motivo è stata espressa grande riconoscenza alla Soprintendente, Stefania Argenti, ed al funzionario di zona, Alfredo Ruga, per il costante supporto scientifico ed umano e per l’attenzione e la cura che hanno avuto nei confronti di quanti si sono impegnati per sviluppare idee, valorizzando così il sito musealizzato. Il piccolo parco non parla solo di archeologia ma, anche, di paesaggio, poiché ricade all’interno di un bellissimo contesto naturale incontaminato.

Patrimonio da valorizzare

Nella Convenzione europea del Paesaggio, all’art.1, si definisce Paesaggio “una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”. Il paesaggio, quindi, ha un’accezione non più esclusivamente estetica. Il paesaggio calabrese, d’altra parte, è punteggiato da siti archeologici considerati e definiti, a torto, minori. Si tratta, infatti, di un vasto patrimonio la cui valorizzazione va concepita come azione finalizzata a favorire sì la conservazione dei resti antichi, ma anche la fruizione ed il “godimento” da parte delle popolazioni locali, per una politica partecipativa di sviluppo. Pur essendo indiscutibile l’importanza di queste aree, è allo stesso tempo innegabile che spesso si tratta di contesti poco conosciuti, poco appetibili dal punto di vista economico dagli organi competenti e dagli enti locali, luoghi che spesso versano in condizioni di abbandono grave, quando non totale. Nelle stime economiche, gli investimenti necessari per il recupero, la pulizia, il restauro e la conseguente gestione, non sono ritenuti idonei per generare un eventuale flusso turistico e, pertanto, alla fine, viene scoraggiata qualsiasi iniziativa. I resti delle strutture, esaurita la loro funzione originaria, non sono funzionali ad usi quotidiani, pur rimanendo importante testimonianza del passato e legati indissolubilmente a questo.
È necessaria una seria riflessione ed uno sforzo collettivo affinché il valore  del progetto venga definito, coltivato, e condiviso con il  cittadino. Si suppone, a ragione, che ci si senta orgogliosi del proprio passato e che, in particolare, i ruderi archeologici vengano considerati come tasselli della propria identità. È bene culturale anche il paesaggio che custodisce i resti archeologici e che deve essere valutato attraverso un’azione di tutela più attuale ed articolata.

Per questo motivo i tecnici ad Altilia hanno progettato ed operato perché tutto avesse un’aderenza alla realtà territoriale, storico-culturale, e si inserisse con un impatto non disturbante nell’ambiente interessato. Sono stati per prima cosa riportati alla luce i resti delle strutture che giacevano sotto un telo protettivo da quasi 15 anni; quindi, si è proceduto al restauro di quanto ri-portato in luce e alla messa in opera di una pensilina protettiva progettata allo scopo dai tecnici. I lavori nel sito, effettuati dalla ditta Marrella Restauri, sono stati così completati con l’inserimento di una struttura ad uso didattico voluta dall’archeologa Maria d’Andrea con lo scopo di incentivare la frequentazione del parco da parte degli studenti del luogo, e offrire loro l’opportunità di vestire i panni dell’archeologo che scava e riporta alla luce “il passato” a beneficio del presente. Si tratta di un contenitore di forma rettangolare, con le sponde in legno, colmo di sabbia al cui interno sono stati interrati piccoli oggetti e frammenti ceramici che i “provetti archeologi” dovranno portare alla luce, fotografare e schedare, in un’attività del tutto simile a quella di veri archeologi che li guideranno.
Nel progetto, la dott.ssa d’Andrea ha ritenuto utile inserire, tra le altre cose, un volume miscellaneo con interventi riguardanti il popolamento Brettio nella Valle del Neto. In linea con quanto auspicato a livello di normative nazionali ed europee ovvero scavo archeologico, tutela, conservazione, restauro, valorizzazione, divulgazione, è stato il pretesto per coinvolgere studiosi, archeologi e storici, per riprendere il dibattito scientifico su questa vasta compagine territoriale, in rapporto ad altre realtà calabresi legate tra di loro dal filo invisibile della  presenza italica, ma non solo, e proporre anche, sempre con studi originali e ben articolati, nuovi spunti di riflessione su varie  tematiche. Il corposo volume – che ha ricevuto il plauso generale, consta di circa 350 pagine con all’interno un pregevole inserto a colori, ed una raccolta di 23 saggi – è stato curato da Maria d’Andrea e Fabrizio Mollo, docente di archeologia classica dell’Università di Messina.

E nel lavoro sul contesto antico particolare attenzione è stata dedicata all’aspetto dell’inclusività, aspetto che deve rientrare prioritariamente nell’offerta dei servizi erogati nelle aree di cultura di tipo pubblico. Nella fattispecie, la dott.ssa Rosanna Pesce titolare della DiGI Art, specializzata in questo settore  da  tanti anni avendo curato moltissimi progetti analoghi, insieme alla responsabile scientifica, dott.ssad’Andrea, ha elaborato testi ed  immagini per consentire alle persone sorde,  attraverso la LIS, lingua italiana dei segni,  di conoscere, grazie alla “narrazione video-guidata” la storia millenaria  del popolo Brettio, le sue abitudini ed in particolare il  sito di Altilia, agevolando così una  fruizione  del parco  piena e condivisa. La conclusione di questo lavoro, con la consegna alla comunità, fa ben sperare nell’inizio di un circolo virtuoso di conoscenza e di presa di coscienza identitaria, che possa sviluppare e instillare in tutti orgoglio e consapevolezza delle proprie origini, da tramandare, responsabilmente e con spirito di appartenenza, alle generazioni future. (redazione@corrierecal.it)

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