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Turpiloqui, danneggiamenti e crolli: vent’anni di sofferenza per le statue del Mab

Sull’isola pedonale di Cosenza attirano turisti tutto l’anno. Sospese tra lo sfregio della movida, i selfie e un festival che le celebra

Pubblicato il: 05/08/2024 – 22:03
di Eugenio Furia
Turpiloqui, danneggiamenti e crolli: vent’anni di sofferenza per le statue del Mab

COSENZA In principio furono i «ciuffetti di minchia»: era il 2005 e Pietrangelo Buttafuoco, oggi  presidente della fondazione Biennale di Venezia ma allora pungente cronista di costume, scrisse su Panorama un reportage sulla rinascita della Cosenza di Eva Catizone e s’imbattè nelle originali opere di Consagra che da qualche giorno impreziosivano il Museo all’aperto che muoveva allora i primi passi – la prima collocazione risale al 2002, era in vita Giacomo Mancini e il sindaco socialista su una sedia a rotelle inaugurò la scultura di Rotella che ancora oggi dà il nome a piazza XI Settembre, corso Mazzini era allora per la maggior parte carrabile.
La definizione di Buttafuoco era invece riferita ai quattro Paracarri allora allocati in piazza Fera, che di lì a poco avrebbe ufficialmente ceduto il nome alla famiglia di mecenati (Bilotti) che hanno reso il corso principale di Cosenza una galleria d’arte a cielo aperto con tanto di mostra permanente e gratuita.

I cellofan a Carnevale e i resti della movida

In quasi vent’anni le statue si sono moltiplicate e ne hanno viste di tutti i colori: anzitutto, proprio per rimanere in ambito cromatico bisogna sapere che vengono rivestite ogni anno prima di Carnevale da un cellophane che le fodera alla Christo proteggendole dalle bombolette e dai coriandoli filanti e le rende doppiamente opera d’arte. Sui social dei cosentini si moltiplicano meme del tipo «a Cosenza pratichiamo l’arte sicura» ma c’è anche chi puntualmente s’indigna non sapendo che quella è una mossa che protegge e non oltraggia. Ma questa è forse la ricaduta più indolore. Lo scoramento assale il passeggiatore alle prese con la “vasca” sul corso quando sui basamenti più capienti si allineano le bottiglie di birra e i bicchieri dei cocktail della sera prima, allineati come sul bancone di un locale: aggiornamento della movida degli anni precedenti che vedevano la stessa distesa sulle scale del Duomo, col brivido aggiuntivo del vetro che frana.

La scultura frantumatasi sabato scorso per motivi su cui ancora si sta cercando di fare chiarezza

Un precedente (e mezzo)

Il recente crollo di una delle due colonne doriche di Sacha Sosno ha un precedente nello stesso posto e per la stessa opera: era il 2013 e allora furono degli incauti dipendenti dell’azienda che raccoglie i rifiuti a calcolare male gli spazi della manovra del “muletto” su cui stavano operando (leggi la notizia), seguirono giorni di restauro en plein air che incuriosirono i cosentini, richiamati ad ammirare da vicino l’arte nel momento della sapienza e della manualità oltre che della paziente passione di Gianluca Nava.
Qualche anno prima era andata decisamente meglio alla Bagnante di Greco, collocata qualche decina di metri più a nord lungo l’isola pedonale (oggi troneggia all’altezza dell’incrocio con via Arabia con i giochi d’acqua delle fontane come sfondo): per ben due volte un mezzo ne aveva danneggiato il basamento in vetro, poi sostituito con un blocco di pietra.

I resti della colonna di Sosno crollata nel novembre 2013

Tra instagram e riappropriazione dell’arte

Nonostante il parterre di artisti che fa invidia a un museo internazionale (Dalì, De Chirico, Manzù) l’opera più instagrammabile è una scritta-tributo a Cosenza dai caratteri cubitali in stile “Love” di Indiana: nel “riminizzo” (parola cosentina evocata per sottolineare il continuo spostamento delle statue del Mab) continuo resiste da anni tra la Bagnante e la scultura di Rotella, dove nell’estate 2003 furono collocati due pezzi poi sfrattati dal salotto buono forse per il loro non essere firmati da nomi eccelsi: una Meridiana dedicata all’astronomo cosentino Giovan Battista d’Amico e una scultura molto evocativa dell’israeliana Shlomit Auerbach.
Ultimamente il Mab ha fatto da proscenio per una nuova idea di fruizione consapevole grazie a Laudomia”, il Festival letterario di settembre tra le statue del Museo all’aperto. Per tutto l’anno invece gruppi di turisti si affidano a guide anche del posto, il Comune ha da poco lanciato con due privati il sistema MabAr (con QrCode) mentre si attende un sistema fruibile da tutti come le audioguide dei musei “al chiuso”, con il grande enigma della durata di un bene di tutti che potrebbe fare la stessa fine di altri servizi nella terra di nessuno abitata dagli incivili: l’auricolare in un tumbler del Negroni sarebbe un’installazione di pop art che non tutti gradirebbero.

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