Al netto delle agitazioni all’acqua di rosa dei balneari calabresi il dibattito da spiaggia del weekend più caldo per le temperature del 2024 sta posizionato sull’autonomia differenziata.
Secondo il sindaco di Catanzaro, Nicola Fiorita, sorta di portavoce politico dell’iniziativa referendaria con tavolini balneari e autodafe digitali con Spin, la Calabria in rapporto alla sua popolazione è la seconda regione d’Italia dopo la Campania deluchiana ad alzare muri al decreto Calderoli. Circa 25.000 i calabresi di ogni Calabria che hanno espresso il loro dissenso.
Tra le rilevazioni numeriche di queste ore emerge che anche nella Lombardia leghista chi firma per il referendum abrogativo non è certo una sparuta minoranza considerati i 52.000 autografi che ne farebbero la terza regione italiana di dissenso netto.
Al netto dei numeri tra il Pollino e lo Stretto si coglie in giro un senso comune di appartenenza all’identità della nazione. Quasi un voler difendere il ragionamento siamo tutti figli della stessa mamma. Mi pare di capire da osservatore, le mie idee personali sono differenti dalla maggioranza, che i calabresi in questo momento si sentano molto italiani. Lo ha percepito questo sentimento il governatore Roberto Occhiuto, che pur se tra molte contraddizioni, ha scelto di essere fromboliere critico del suo schieramento politico condizionando le scelte del suo partito. In Calabria il decreto Calderoli è difeso dalla Lega locale, chi è rimasta in mezzo al guado è Fratelli d’Italia che da partito della Patria ha non pochi problemi con le sue aree di riferimento. Sembra di essere tornati al 1970 quando Almirante in prima battuta schierava la sua Fiamma contro la rivolta di Reggio Calabria in ossequio al nazionalismo forte, salvo cambiare clamorosamente posizione aderendo last minute al moto insurrezionale preso in mano dal missino Ciccio Franco.
C’è un confuso rimescolamento delle carte nell’identità del calabrese. Sta in ombra il mito ribellistico dei briganti. Figura esaltata dai libri di Nicola Misasi e di Vincenzo Padula, che pur mai aderendo al brigantaggio, lo adoperarono come feroce critica all’occupazione sabauda incapace di affrontare le nostre questioni. Ci fu adesione più militante nei rumorosi anni Settanta del Novecento quando le insorgenze di estrema sinistra si presentarono al celebre corteo di Bologna del 1977 ritmando “Rossi, rossi, briganti rossi”.
Piccole avanguardie di bolscevismo sudista, ma non si può dimenticare un senso comune arrivato ai giorni nostri poggiato sulle canzoni di Eugenio Bennato che ha offerto inno di riferimento ad almeno tre generazioni appassionate nel ripetere: «Pura a Calabria s’è arrevotata e sto nemico ‘o facimmo tremà». In effetti il nemico non ha tremato ma ha trovato modo in quel tempo di imporre una violenza dello Stato unitario che ha colpito soprattutto gli umili e gli ultimi che stavano in mezzo allo strano conflitto tra militari italiani e irregolari armati. Sono questioni che s’intersecano con le nobili battaglie dei Quaderni calabresi del giudice Tassone e del giornalista Nicola Zitara che mai ebbero successo di massa e anzi finirono per approdare alla farsesca tesi dei recenti neoborboni. Da destra provò a secessionare una Calabria libera Beniamino Donnici ma fu anche quello fuoco di paglia. I partiti nazionali hanno mantenuto un’identità nazionale per la Calabria che visse momenti di trasformazione in alcuni momenti come quello della grande manifestazione sindacale unitaria di “Nord-Sud uniti nella lotta” baluardo democratico di massa dei fatti di Reggio Calabria. Oggi il grande dissenso è l’astenersi dal voto, stagione successiva alla momentanea rivolta di massa con la matita in mano che premiò il Movimento dei Cinque stelle con percentuali a doppia cifra, tesoretto che man mano stanno dilapidando. Ora le contraddizioni della Storia muovono i calabresi a chiedere il referendum abrogativo dell’Autonomia differenziata riaffidandosi allo stato centrale unitario che nega loro rappresentanza piena e qualificata per regole elettorali che andrebbero modificate. I Calabresi vogliono essere parlati come italiani. E lo pensa anche la Chiesa, molto sindacato, tanta gene comune.
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Intanto in Calabria c’è bisogno di autonomia decisionale e decisionismo. A Corigliano-Rossano, il sindaco Stasi tentenna a dire parole chiare sull’insediamento produttivo della società americana al Porto di Schavonea. Presi posizione sul punto nello scorso dicembre e resto di quel convincimento preoccupato dal fatto che un sindaco autorevole come Stasi da Corigliano-Rossano ora proponga anche anche una nuova provincia della Sibaritide. Tornando agli investimenti americani le ultime e rinnovate polemiche hanno alimentato boatos sul fatto che i dollari potrebbe andare altrove perché in economia non si aspettano le calende greche. Radio Fante annuncia che potrebbe beneficiarne Taranto o forse farli restare in Calabria al porto di Crotone. Nella città di Pitagora intanto tutti gli enti locali con la Regione in testa fanno ricorso al Tar contro il decreto con il quale il Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica ha dato il via libera ad Eni Rewind per smaltire le scorie della bonifica dell’area industriale dismessa nella discarica Sovreco di Crotone, disattendo una precisa prescrizione regionale. E ancora una volta Occhiuto “strappa” con il suo partito essendo Pichetto Fratin ministro di Forza Italia preferendo essere governatore non coloniale.
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Nell’eterno derby delle Calabrie tra Cosenza e Capoluogo di Regione i 64 miliardi destinati a finanziare la metropolitana leggere prevista tra la città dei Bruzi e Arcavacata sono stati dirottati a favore del parziale finanziamento dell’intervento “Sistema metropolitano Catanzaro città-Germaneto”. Comunque i soldi non coprono tutta la spesa. Alla fine tutte e due le città resterebbero senza nuova infrastruttura. Ma ad evocare il derby prevale il pallone. Quello degli abbonamenti l’ha vinto nettamente il Catanzaro con 5000 tessere sottoscritte a fronte dei circa 600 pagati in riva al Crati. Eppure a Catanzaro non c’è certezza sul nuovo corso affidato a Caserta come ci confida in privato uno dei più celebri tifosi giallorossi. Getta comunque acqua sul fuoco il filosofo del Diritto e del calcio, appassionato tifoso dei Lupi, il professore Domenico Bilotti, accademico a Catanzaro, che su Facebook ha scritto “Quanto è noiosa la polemica sul numero di abbonati nel tifo calcistico” e giù argomentazioni esistenziali e pallonare. Ne parleremo certamente oggi alle 18,30 a Lorica alla presentazione del libro di Andrea Marotta “Lontano da me” romanzo sul Cosenza calcio. La Pigna rossoblù esiste ancora?
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È morto Ciccio Catanzariti, monumentale leader del sindacato e del Pci calabrese, difensore di gelsominaie e subalterni. Il più bel ricordo lo ha scritto il socialista Saverio Zavettieri che da testimone diretto e di parte ha offerto elementi per letture non ideologiche o vuotamente retoriche. Nel ricordarlo con stima, mi piace riportare, che egli pur essendo un amendoliano riformista, nella tradizione orale militante reggina viene ancora ricordato per un pugno difensivo sferrato in uno scontro di piazza contro Paolo Romeo quando si agitava con i boia chi molla. Quando la politica era passione.
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Leggo che nella Cetraro delle sventagliate di mitra e dei sacchi di cocaina una brillante operazione ha sequestrato in un negozio 41000 “prodotti accessori di tabacchi da fumo”. Ovvero sono stati sequestrati cartine e filtri illegalmente detenuti per assenza di licenza. Dopo l’erba lights legale giro di vite anche al materiale utile per rollare spinelli e sigarette autoprodotte. Tempi lontani da quando i Nuclei sconvolti del Cosenza in curva esponevano la pezza “Rizla” e il professor Gallo in un’intervista televisiva chiedeva al presidente Carratelli: «Ma chi è questo calciatore straniero Rizla che vuole acquistare?». (redazione@corrierecal.it)
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