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il ricordo

Gli amici del sagrato che non ci sono più

La piazza è deserta, più o meno. Solo giovanottine impegnate a guardarsi intorno. Non c’è il passeggio di una volta quando ai quattro lati si potevano notare studenti, professionisti, agricoltori …

Pubblicato il: 11/08/2024 – 14:22
di Gregorio Corigliano
Gli amici del sagrato che non ci sono più

La piazza è deserta, più o meno. Solo giovanottine impegnate a guardarsi intorno. Non c’è il passeggio di una volta quando ai quattro lati si potevano notare studenti, professionisti, agricoltori presi a parlare spesso animatamente, passeggiando e gesticolando a supporto degli argomenti in discussione. E così l’altra sera, col mio amico d’infanzia, Ciccio, che pur abitando a Parma, viene assai spesso a respirare e a vivere l’anima del luogo –proprio così- abbiamo rivissuto il nostro passato, parlando di coloro che non ci sono più, che ci hanno preceduto nella fine del viaggio, quella fine che tocca a tutti. E sono stati davvero tanti i nostri amici che abbiamo ricordato. Totolino Pontoriero, medico in una clinica dei Parioli, a Roma, soleva sedersi sui gradini del sagrato della Chiesa e a raccontarci le sue esperienze professionali. Con un gatto sulle spalle, per atteggio, ci raccontava del ricovero di una donna fantastica, la mamma di Paul Getty terzo, il ragazzo rapito negli anni ’60, da una banda di sequestratori, anche calabresi, che voleva gonfiarsi le labbra, per sembrare più giovane e non disdegnava le attenzioni del nostro amico chirurgo. O quando Totolino aveva dovuto fare abortire una ragazza che aveva fatto sesso con alcuni ragazzi ed al padre, ansioso e preoccupato, aveva dovuto dire che la figlia stava bene ma che era” soltanto un pochettino” incinta.

E sui gradini c’era un signor professionista, conosciuto da tutti come “u maiusciu” (il maestro) che appena laureato in chimica, all’indomani del titolo di studio, aveva trovato posto alla Montedison prima e alla IBM, dopo. E le sere d’estate, senza darsi arie, si sedeva anche lui sui gradini della Chiesa – il nostro salotto culturale- e ci raccontava dei progressi nella chimica e nell’agroalimentare. Fin quando non veniva “ u zi Ntonino”a chiamarlo per cena. Una presenza costante era Micuccio Madafferi, che, laureato in legge a Ferrara, non si era mai mosso da San Ferdinando. E parlava del suo desiderio di fare il sindaco, cosa che poi si realizzò davvero, molti anni dopo. Era talmente preso Micuccio, che chiamavamo Reginella, per via di un giochino che si faceva da ragazzi, era invaghito della destra di Almirante, salvo poi passare a strenuo sostenitore della Dc di Nello Vincelli, potente, allora, sottosegretario ai trasporti.

Teneva banco, ma solo con la presenza, perché era nato stanco, Rino Aglioti, detto “u rrachatu”. Anni dopo, però si era svegliato ed aveva sposato una ragazza inglese ed era diventato direttore di un’agenzia di viaggi a Torino, come suo fratello Piero, che avendo conquistato la vetta di un posto agli aeroporti torinesi, si atteggiava a grande manager. Non mancava Giuseppe Melluso, detto Nandino ( la Meloni lo ha scoperto adesso il “detto”, ma qui parliamo degli anni ‘60 ) che parlava solo e soltanto di Juventus e Milan, perché era pazzo di calcio, al pari del fratello Clemente che aveva contribuito a fondare una squadra locale “la Juventina” e guai a chi impediva loro di seguire alla transistor Sandro Ciotti ed Enrico Ameri. Di cui raccontavano la sera battute e gaffes radiofoniche. C’era anche Turino Campisi, detto Turinecci – non si sa perché- che aveva occhi solo per la sua fiammante Giulia, con la quale andava ogni giorno al negozio di elettrodomestici del cognato Mercurio. Turinecci era specialista nel sedersi “accoccarato” senza sedia, capace di stare ore ed ore. Un ricordo lo abbiamo dedicato anche al fratello di Ciccio, Girolamo, detto Mino, che ci raccontava le sue avventure, universitarie e non, alla facoltà di Architettura a Napoli. L’architetto Pontoriero aveva seminato bene a Lamezia, dove aveva uno studio professionale di tutto rispetto, oggi guidato magistralmente dalla figlia Ester che, dopo la crisi delle edicole si è inventata, con successo un ritrovo “Pan&Quotidiano” che riscuote apprezzamenti nella quarta città della Calabria.

Frequentatore del nostro salotto anche Micuccio Loiacono, detto Micuccilla, che non aveva mai un capello fuori posto – aveva il pettine sempre in tasca- che ci intratteneva sulle qualità dei prodotti De Rica, prima e Ramazzotti, dopo, di cui era rappresentante. Chiedeva sempre Micuccilla “ dammi una sigaretta delle tue” perché sono più buone, senza sapere quali fossero quelle dell’interlocutore. E non veniva, pure, Michelino Pantano, detto Ciccutrippa, che parlava delle sue passatelle a birra e quando diventava “padrone” del gioco, era costretto a sorbirsi decine di bottiglie per non dare sfogo al “sotto”. E qui declamava “Amici, quando l’ombra dei nani si allunga, è giunta l’ora del tramonto”, ricordatevelo. Un proverbio indiano, veritiero nel suo significato. Passava anche Mico Puntoriero, detto Mascaruni, che chiedeva, senza scendere dalla sua sidecar – aveva problemi alle gambe- “scusate amici, avete visto Ciccio Stili?” Francesco Stilo, era il macellaio del paese, di cui era molto amico. Di donne nemmeno l’ombra, tranne che essere sempre uno degli argomenti di discussione, come quando Concetto Rizzo, detto Chialedu, raccontava le avventure delle sentinelle. E cioè gruppi di scalmanati che, appurato il matrimonio del giorno, andavano sotto casa degli sposini per ascoltare, d’estate con le finestre aperte, i gridolini della coppia. Eppoi, eppoi, che dire di Mimì u durceri, che da tenente dell’esercito, a Roma, era tornato per trovare la compagna, forte del detto “paesi e buoi…” E picicia, Pino Broso e Renato Pontoriero con la compagna svedese, Franco Bagalà, detto “Ciccio i gioi” che si scompisciava dalle risate, ascoltando fatti e misfatti raccontati da Ercolino, che apriva, come apre ancora, lo scrigno dei ricordi. Adesso, piazza e sagrato, languono. Non c’è nessuno. Ahimè, i ricordi son di vecchiaia il segno, diceva il poeta, ma, aggiungo anche per gli altri, aiutano a vivere.

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