«Se è vero che in Italia sono stufi dei circa 22 milioni di turisti annuali, c’è un posto invece dove l’overtourism non è un problema, ed è la Calabria». Così il Guardian guida i suoi lettori in un articolo che celebra le ricchezze e le bellezze calabresi. Qui dove i turisti sono visti come una benedizione, non una maledizione.
E si parte in viaggio ideale da Santa Severina e la sua piazza, a pochi chilometri dalla costa ionica, costellata di bar e caffè sotto le mura di una fortezza normanna e la cupola di una chiesa bizantina. Un «piccolo giardino» ad un’altitudine di più di 300 metri. Location che, osserva la rivista britannica, se «fosse in Toscana o in Puglia sarebbe affollata di gente. Qui, nella regione più meridionale della terraferma, è una quiete mortale in un giovedì pomeriggio d’estate».
Nel suo articolo il giornalista Mark Jones pone l’accento sulla visione stereotipata della Calabria nel mondo, regione «poco sofisticata e poco invitante, casa di furfanti, rapitori e briganti». La Calabria era ed è la patria della mafia della ‘ndrangheta ma «Santa Severina non lo è» scrive il giornalista, sottolineando la presenza del cartello che recita “Qui la ‘ndrangheta non entra. I comuni calabresi ripudiano la mafia in ogni sua forma.”
Da Santa Severina dritti verso la località più nota della Calabria: Tropea. Nella sua descrizione, Jones parla di un «percorso che sembra una strada costiera diritta sulla mappa, ma le scogliere vertiginose e le baie inaccessibili ti costringono su e giù e a girare i tornanti». Fino a raggiungere il centro storico, solo per scoprire di essere a centinaia di metri sopra le spiagge, raggiungibili da un sentiero che affanna i polpacci, «ma dall’alto, si ottiene una foto infernale» riconosce «guardi in basso sulla sabbia pallida che incontra l’acqua limpida color smeraldo. È difficile immaginare una spiaggia cittadina migliore». Il percorso turistico calabrese prosegue lungo la costa fino a Capo Vaticano, meta che «offre panorami al tramonto che meritano la parola epica», sottolineando la vista sull’isola vulcanica di Stromboli, «avvolta nel fumo e nelle nuvole».
Immancabile, infine, la visita a Reggio Calabria. «I visitatori del suo Museo Archeologico Nazionale» spiega il giornalista britannico «devono attualmente accontentarsi di guardare i suoi celebri bronzi di Riace, realizzati intorno al 450 a.C., attraverso una lastra di vetro. All’interno, gli archeologi hanno installato i loro computer portatili e le macchine fotografiche mentre cercano di risolvere i numerosi misteri sulle origini delle figure», con uno sguardo rivolto anche al lungomare, «intitolato in onore di Italo Falcomatà, il sindaco i cui progetti di riabilitazione degli anni ’90, noti come la primavera di Reggio, hanno creato il nuovo centro elegante della città sfidando la mafia», scrive il Guardian.
Al termine del suo reportage, il giornalista britannico quasi con un velo di malinconia spiega: «me ne vado pensando che la Calabria è tanto un paese quanto una regione – e ha bisogno di più di una visita di ritorno. Non c’è ancora bisogno di preoccuparsi dell’overtourism».
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