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la “mala romantica”

La rapina a Cosenza della «banda dovunque» di Ugo Ciappina

La specialità del capo del gruppo, che mise a segno lo storico colpo a via Osoppo a Milano, era l’assalto ai portavalori

Pubblicato il: 12/08/2024 – 12:05
di Fabio Benincasa
La rapina a Cosenza della «banda dovunque» di Ugo Ciappina

MILANO E’ il 27 febbraio del 1958, sette uomini stanno per preparare l’ultimo grande colpo: la rapina perfetta. A Milano, la “malavita romantica” sarà protagonista della rapina di via Osoppo. Sette uomini fermano un furgone portavalori della Banca popolare di Milano, utilizzano una Fiat 1400, poi chiudono la strada con un camion. Strada bloccata, impedita qualsiasi via di fuga ai sette non resta che completare l’opera. Porteranno via circa 70 milioni di lire, qualcuno dirà molti di più, i giornali suggeriranno cifre differenti. Quel che conta per la «banda dovunque» è aver portato a termine con successo il colpo, il più importante. Quel gruppo di rapinatori si era conquistato i titoloni sui giornali, i loro colpi messi a segno in tutta Italia (da qui il nomignolo, ndr) hanno la regia di Ugo Ciappina. In una recente intervista rilasciata al Corriere della Sera confessa: «Ero bravo a modificare le armi. Avevo costruito un silenziatore straordinario, per un mio mitra. Un lavoro di fino al tornio». E le casseforti? «Un conto era lavorare prima della fiamma ossidrica, quanto ci volevano ingegno, abilità manuale, tecnica…». E prima delle rapine «andavo a letto presto». Ciappina e la «banda dovunque» piazzarono un colpo anche in Calabria, a Cosenza. È il giornalista e scrittore Stefano Nazzi a raccontare l’episodio nel suo ultimo libro “Canti di Guerra”. Ciappina esce dal carcere nel ’74 e dopo ogni colpo viene arrestato. «Prima a Cosenza, poi in piazza Diaz e in piazza Oberdan a Milano».

L’emulazione

Quella dell’assalto ai portavalori è stata per anni una specialità dei malandrini cosentini. Prima dello spaccio di droga, del gaming e delle estorsioni, i colpi messi a segno con il commando pronto ad entrare in azione valevano milioni. Lo racconta, ad esempio, il collaboratore di giustizia Luciano Impieri. Un pentito deciso a cambiare vita, prossimo diacono e severo con il suo passato criminale. Ha preso a martellate un orologio d’oro comprato, anni fa, con soldi sporchi ed ha stracciato tutte le camicie sulle quali aveva fatto incidere le sue iniziali. Impieri non si accontentava di essere un semplice autista. Scalpitava, vuole partecipare da protagonista alle attività del clan e Franco Bruzzese lo coinvolge «con il compito di staffetta» in una serie di rapine (almeno nove) a portavalori. La circostanza è messa nero su bianco, in una annotazione della Legione Carabinieri Calabria, stazione Cosenza Nord. Per portare il commando in Puglia vengono utilizzate due auto rubate. Gli uomini della mala per eludere i controlli utilizzavano dei lampeggianti blu sui tettucci delle macchine, cariche di armi. La “staffetta” consente ad Impieri di incassare 5.000 euro per ogni rapina effettuata. Come la banda guidata da Ciappina, anche i cosentini iniziarono a impegnarsi nell’assalto ai furgoni carichi di denaro. «Eravamo cani sciolti, poi cominciammo a fare gruppo dando l’assalto ai vagoni portavalori sulla tratta ferroviaria Paola-Cosenza», avrà modo di raccontare il pentito Franco Pino. Seguiranno colpi tentati, riusciti e falliti in pieno stile “romantico”. Come la confessione resa da Ciappina, dopo l’ultimo arresto nel 2002, «io non so fare altro che il ladro, è il mio mestiere».
(f.benincasa@corrierecal.it)

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