VIBO VALENTIA Una bottiglia di benzina con accendino, tre croci dipinte sul garage e due cartucce. Le mani della ‘ndrangheta sui negozi del paese e, soprattutto, sulla gestione dei fornitori. E a chi non era propenso ad abbassare la testa minacce esplicite con l’intenzione di «piegare» gli imprenditori della zona. È il clima che negli anni si è vissuto nelle Preserre, scenario di una sanguinosa faida tra i Maiolo e Loielo, i due clan finiti nel mirino della Dda lo scorso maggio. Con l’operazione, che ha portato all’arresto di 14 persone, è stato “decapitato” in particolare il clan Maiolo, al cui vertice, ritengono gli inquirenti, ci sono Angelo e Francesco Maiolo. I due fratelli erano particolarmente attivi nell’import/export di prodotti verso l’estero, ma avrebbero gestito anche il commercio dei paesi delle Preserre, imponendo fornitori ai commercianti del paese di Acquaro e dintorni.
I fatti contestati risalgono al 2018, quando due imprenditori denunciano alle forze dell’ordine alcune minacce ricevute. Una bottiglia contente liquido infiammabile con un accendino attaccato e, qualche mese dopo, tre croci dipinte sui garage. Accanto alla porta di casa anche due bossoli di proiettili: minacce esplicite che convincono i Carabinieri ad approfondire la situazione. Dalle indagini emerge che entrambe le attività dal giorno dopo le intimidazioni subite registrano tra i fornitori una ditta di Soriano. È lo stesso imprenditore a raccontare che pochi giorni prima un ragazzo si sarebbe presentato in negozio per proporre i propri prodotti. Alla scena, ricostruiscono gli inquirenti, avrebbe partecipato «in silenzio» proprio Angelo Maiolo, all’apparenza come “semplice” accompagnatore.
Da intercettazioni sarebbe poi emerso il modus operandi del clan. Una «vera e propria lezione su come piegare gli imprenditori» di Angelo Maiolo a uno dei sodali, che da poco aveva intrapreso l’attività di vendita di uova. Il presunto boss delle Preserre spiega che, in loro assenza (in quanto detenuti, ndr) avrebbe dovuto «minacciare i vari esercenti con un’arma da fuoco». «Siamo sempre noi – spiega al sodale – perché se tu all’epoca…, io non c’ero, quell’altro non c’era, fermavi il furgone “la prossima volta ti sparo nella testa in piazza, la prossima volta che vieni qua ti sparo in testa, qua uova non ne porti…. Punto e vai che devo mangiare, e campare pure io che ho due figli, vai a f****** tu e tua madre, vai a venderli al tuo paese le uova».
Nella conversazione Maiolo avrebbe fatto riferimento anche a uno dei due imprenditori che avevano denunciato le minacce. «Come ti vedo che non compri l’uovo (bestemmia) te lo faccio arrivare dall’altra parte del fiume» avrebbe detto al sodale riferendosi alla vittima. Un modo per dire, sottolineano gli inquirenti, che gli «avrebbe fatto esplodere il negozio se avesse comprato le uova da un altro venditore». Per il gip si tratta di «un messaggio intimidatorio “silente”», ovvero senza esplicita richiesta, ma considerata sufficiente data la «forza intimidatrice» del clan. (Ma.Ru.)
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