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Risarcita dopo 48 anni, aveva contratto l’epatite C con una trasfusione

La decisione della Corte d’Appello che ha stabilito un risarcimento pari a 167mial euro

Pubblicato il: 18/08/2024 – 7:26
Risarcita dopo 48 anni, aveva contratto l’epatite C con una trasfusione

FIRENZE Una donna ha ottenuto in giudizio – 48 anni dopo i fatti – il risarcimento per aver contratto l’epatite C (virus Hcv) a causa di una trasfusione di sangue ricevuta dopo un parto cesareo nel 1976. La vicenda viene riportata da La Nazione rispetto a una decisione della corte di appello di Firenze che ha stabilito un risarcimento di 167.000 euro per danni morali e biologici condannando il ministero della Salute e il Comune di Borgo San Lorenzo, ente che all’epoca aveva titolarità sull’ex ospedale di Luco del Mugello, dove avvenne l’intervento. La paziente scoprì di avere l’epatite C solo nel 2007 dopo alcuni esami mentre nel 2010 la patologia cominciò ad avere degli effetti. Nel 2017 la paziente ebbe una cirrosi avanzata che la costrinse a fare un trapianto di fegato. L’operazione ebbe successo, ma ci furono strascichi e disturbi, la donna ha un’invalidità del 30 per cento. La donna adisce le vie legali e coi legali individua il nesso in quella trasfusione del 1976. I giudici, oltre a recepire le perizie che stabiliscono un nesso causale tra trasfusione e epatite C, hanno fatto decorrere la prescrizione dall’insorgenza della patologia. Inoltre, riporta il quotidiano, benché il ceppo dell’epatite C sia stato isolato solo nel 1988, sussiste la responsabilità del Ministero della Sanità perché fin dagli anni ’60 era noto il rischio di trasmissione di epatite virale, quindi il Ministero avrebbe avuto una “condotta omissiva”. Inoltre non risultano fatti esami sul sangue donato e usato per la trasfusione. Per l’avvocato Virginia Calussi, che ha assistito la paziente, “è una sentenza storica”. Di recente state emerse altre eclatanti sentenze di risarcimento del tribunale di Firenze per gravi errori in sanità. Nei giorni scorsi Il Tirreno ha riportato della condanna della Asl Toscana Centro a pagare un risarcimento di 1 milione di euro ai familiari di una paziente di Fucecchio per un tumore al seno non diagnosticato, un carcinoma che fu scambiato per una “formazione cistica benigna”. La donna si era presentata “per un nodulo” a una visita nel marzo 2014 ma venne tranquillizzata. I periti del tribunale invece hanno stabilito il nesso causale tra la mancata diagnosi corretta e il ritardo di 14 mesi con cui fu individuato un tumore in fase avanzata. Inoltre, al risarcimento concorre un altro errore, quello di aver sottoposto la paziente a mastectomia, quando andava indirizzata alle cure palliative essendo in condizioni irreversibili. Sempre il tribunale di Firenze ha condannato la Asl Toscana Centro a risarcire con 350.000 euro i familiari di una paziente di 75 anni morta dopo esser rimasta tutta la notte in barella, in attesa dei sanitari, al pronto soccorso di Pescia (Pistoia), decesso che risale al 29 ottobre 2021. L’anziana, la sera precedente, aveva accusato forti dolori addominali e vomito ed era stata accompagnata in ospedale per farsi visitare. 

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