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Se Mario Soldati visitasse oggi la Calabria del vino

Il primato di Cirò, ma anche i vitigni “reliquia” di Cosenza e l’ascesa di Reggio. Breve rassegna alla vigilia della vendemmia (sempre più anticipata)

Pubblicato il: 18/08/2024 – 13:45
di Eugenio Furia
Se Mario Soldati visitasse oggi la Calabria del vino

COSENZA Se Mario Soldati visitasse adesso i vigneti calabresi troverebbe uno scenario inaspettato. La suggestione è stata rilanciata nel corso dell’ultimo Cirò Wine Festival, cui hanno partecipato 38 delle 70 aziende iscritte al Consorzio tutela e valorizzazione dei vini Doc Cirò e Melissa guidato da Raffaele Librandi.
Soldati, oltre al Cirotano, a 55 anni dal suo viaggio-reportage potrebbe anzi dovrebbe visitare anche i distretti di Cosenza – dove pure fece tappa – e Reggio Calabria, in continua crescita qualitativa e quantitativa, e altri territori in ascesa come il Vibonese con il suo sorprendente zibibbo: lo scrittore aggiornerebbe il suo catalogo che già allora poneva in primo piano la genuinità e le storie delle persone che stanno dietro alla bottiglia, binomio oggi imprescindibile nel racconto del comparto vitivinicolo.

Il primato di Cirò, i vitigni “reliquia” di Cosenza e l’ascesa di Reggio

Il movimento del vino calabrese ha il suo epicentro nella Doc Cirò (istituita nel 1969, sono proprio gli anni del tour soldatiano “Vino al vino”), che rappresenta circa l’80% della produzione regionale. Il potenziale produttivo del distretto, che conta 530 ettari (nei quattro Comuni di Cirò, Cirò Marina, Melissa e Crucoli), con oltre 300 viticoltori e 70 cantine, è di oltre 3 milioni di bottiglie (3,1 quelle certificate nel 2018), all’orizzonte c’è la Docg che dovrebbe essere costituita da un 5-10% dei volumi totali imbottigliati.
Le Terre di Cosenza Dop (Denominazione di origine protetta) sono caratterizzate, oltre che dalla varietà dei vitigni autoctoni (magliocco dolcepecorello, guarnaccia, odoraca, greco bianco, montonico e altre varietà del ricco patrimonio ampelografico calabrese), da 7 sottozone che corrispondono alle 7 ex Doc unificate con il disciplinare del 2011 – Condoleo, Colline del Crati, Donnici, Esaro, Pollino, San Vito di Luzzi e Verbicaro – e con la fondazione del Consorzio Terre di Cosenza Dop nel 2014, che ha sostituito l’ex consorzio Vino Calabria Citra e rivisto le regole di produzione per mettere mano a un sistema di denominazioni ormai obsoleto, allora organizzato attorno a piccole e frammentate Doc, difficili da comunicare e in qualche caso non più produttive.

Vigneti a Cirò

Il Cosentino è ricco anche di “vitigni reliquia”, alcuni iscritti da poco nel registro delle varietà: ad esempio “grappoli” a bacca rossa conosciuti col nome di greco, arrivati in un lontano passato dalla Grecia, che in realtà le analisi molecolari hanno identificato con varietà diverse, adesso ribattezzate con nomi di fantasia: il grecarese di Verbicaro, il negrellone nero di Montepaone, il balbino di Altomonte, citato da Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia. E ancora: il lagario di Sibari, il mantonico nero ribattezzato brettio nero e tra i bianchi il pujno e la duraca: quest’ultimo un clone di zibibbo dell’alto Tirreno cosentino, impiegato anche per altri prodotti gastronomici come il Panicello di Santa Maria del Cedro o di Verbicaro, un “fagottino” di uvetta passa avvolto in foglia di cedro Diamante della Riviera; antichi vitigni che al momento hanno un valore di “banca dati genetica” ma che presto potrebbero entrare in produzione (tra i prossimi a essere iscritto il montonico pinto, già da alcuni vinificato).
Il Consorzio dei vini Reggini “Terre di Reggio Calabria” nato nel 2019, ha ricevuto meno di tre anni fa il riconoscimento sulla tutela (decreto del 18 ottobre 2021): raggruppa le più significative aziende del settore dell’intera provincia, ad oggi una trentina. Gli areali comprendono una Doc (Greco di Bianco) e sei Igt (Palizzi, Locride, Pellaro, Arghillà, Scilla, Costa Viola).

Una vetrina unica

La Calabria – forte anche del successo dello stand unico a Verona – sarà la prima regione d’Italia ad ospitare Vinitaly and the City “in trasferta”: da venerdì 30 agosto a domenica 1° settembre, la versione fuori-fiera del salone internazionale del vino di Verona arriverà a Sibari. In questa formula itinerante dedicata ai winelover – nell’ambito di un percorso sperimentale – Vinitaly and the City punta a diffondere la cultura enologica e la conoscenza e diffusione dei vini italiani di pregio promuovendo, al contempo, i territori di provenienza. L’evento, frutto dell’intesa tra Regione Calabria e Veronafiere Spa, con la fondamentale collaborazione dei Parchi archeologici di Crotone e Sibari, sarà curato, sotto il profilo organizzativo, dall’Arsac, e si svolgerà al Parco archeologico di Sibari. Sono i giorni in cui molti viticoltori calabresi saranno alle prese con il lavoro clou in vigna – la vendemmia è sempre più anticipata causa condizioni climatiche, è il motivo per cui i vigneti stanno gradualmente salendo di altitudine – ma l’adesione è stata altissima, all’evento e più in generale al progetto che racconta un nuovo approccio alla valorizzazione del comparto all’insegna della sinergia tra produttori e istituzioni.

Magliocco protagonista assoluto della Dop “Terre di Cosenza”

E un’occasione sprecata

A proposito della collaborazione tra i due livelli, proprio a Cirò è stata illuminante una riflessione “a due facce” di Gennaro Convertini, divulgatore Arsac e presidente dell’Enoteca regionale calabrese: «Dall’individualismo del passato siamo arrivati al gioco di squadra e oggi parliamo una lingua comune», ha detto. Cosenza è stata capofila di un percorso virtuoso in un quinquennio di collaborazione tra Camera di Commercio e Provincia, una strategia che ha gettato le basi per il successo del Consorzio e poi l’affermarsi della Dop “Terre di Cosenza”. «Oggi purtroppo la sede cosentina dell’Enoteca regionale è un ristorante», ha annotato con sconforto Convertini. Segnalando uno dei punti di debolezza di un fenomeno che, al contrario, si rafforza di annata in annata.

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