Se fosse possibile al Governo “mettere il bavaglio ai giornalisti” ne andrebbero di mezzo l’informazione e la democrazia nel nostro Paese. L’idea, a tutt’oggi, sembra navigare in acque agitate, difficili da affrontare, perché metterebbe in discussione la professionalità di questa categoria. Se ne è occupato, mesi orsono, il Parlamento Europeo. Ma più di tanto non è stato fatto, tranne le critiche mosse alla norma per l’effetto intimidatorio che avrebbe sui giornalisti. Tutto lascerebbe pensare un ritorno della Legge, varata nel 2017 su proposta dell’allora Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che conteneva una eccezione: i giornalisti avrebbero potuto pubblicare integralmente le ordinanze di custodia cautelare. Eccezione, questa, che si vorrebbe eliminare adesso. Se così fosse, potrebbe essere pubblicabile soltanto il contenuto dell’atto, senza citare l’ordinanza. Ciò, secondo gli esperti, inciderebbe sulle garanzie dell’indagine, ma i giornalisti non avrebbero più la possibilità di “arricchire” il loro lavoro con dettagli. Senza il testo del magistrato sarebbe come porre un “bavaglio” più che al giornalista all’informazione, con l’effetto che si aprirebbe un conflitto tra informazione e Costituzione. Che i giornalisti non siano “amati” è dimostrato da quanto è accaduto, giorni addietro, a Palazzo Chigi: quando la sorella del Capo del Governo, Arianna Meloni, avrebbe usato parole pesanti nei loro confronti perché, a suo dire, avrebbero agito “ossessionati dalla sua presenza in talune riunioni”. Sembrerebbe che anche sua sorella, Giorgia, Presidente del Consiglio dei Ministri, abbia tenuto un rapporto “rigido” con i giornalisti a causa delle notizie pubblicate sulle sue vacanze in Puglia. È percezione diffusa che i regimi sfruttino i lati oscuri allo scopo di restringere la platea per controllare l popolazione. Circa cinque anni fa il sociologo è politologo statunitense Larry Diamond ebbe a pubblicare sul “Journal of Democracy” un articolo sul “totalitarismo postmoderno”, mettendo in guardia i lettori dalle minacce che sarebbero potute venire alla democrazia nonostante essa sia un corpo statico, ma che in un processo di costante evoluzione e di mutamenti, cerca di adattarsi ai tempi che si trova ad attraversare. Sicché è percezione diffusa che i regimi (quelli non democratici) sfruttino i lati oscuri allo scopo di restringere la platea per controllare la popolazione. Una sorta di “totalitarismo” postmoderno”. L’invio è per immaginare una situazione nella quale anche i giovani fanno “collezione” dei dati dei cittadini, integrandoli con analisi psicologiche e comportamentali. Mentre nelle democrazie i cittadini possono far valere i propri diritti per quanto riguarda la privacy, nei regimi non democratici, non hanno le stesse possibilità di tutela. È come se anche la democrazia può essere “inquinata”.
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