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il ricordo

Gli amici calabresi del Mondo di Pannunzio

Alla presenza delle nipoti Maria Grazia e Luciana, giunte apposta da Roma, sabato scorso è stato ricordato a Roccella Jonica, a opera del Circolo di lettura animato dalla professoressa Annamaria B…

Pubblicato il: 19/08/2024 – 8:46
di Bruno Gemelli
Gli amici calabresi del Mondo di Pannunzio

Alla presenza delle nipoti Maria Grazia e Luciana, giunte apposta da Roma, sabato scorso è stato ricordato a Roccella Jonica, a opera del Circolo di lettura animato dalla professoressa Annamaria Bova Zito, la figura di Peppe Arena (1918-1987), docente di filosofia per tanti anni al liceo Oliveti di Locri; egli visse sempre a Roccella provenendo con la famiglia da Seminara. Arena scrisse su “Il Mondo” di Mario Pannunzio tutto il tempo nel quale il settimanale fu in edicola, cioè dal 19 febbraio 1949 all’8 marzo 1966. Nessuno sapeva che Arena scrivesse per il prestigioso giornale che ebbe, come primo capo redattore, Ennio Flaiano che poi sarebbe diventato lo sceneggiatore ufficiale di Federico Fellini.

Era a conoscenza del misterioso elzevirista solo la segretaria di redazione, Giulia Massari, che, a sua volta, scriveva con lo pseudonimo “L’Invitato”. A quel tempo si usava celarsi con un “nom de plume”; tant’è che tra i collaboratori de “Il Mondo” ci fu anche il presidente della Repubblica del tempo, Luigi Einaudi, che si firmava “Manlio Mangini”.
Finita la guerra, caduto il fascismo, abbattuta la dittatura, l’Italia dovette ripartire su tutti i fronti, a partire dal pensiero critico dei suoi cittadini. “Il Mondo” ebbe, di fatto, il compito di introdurre i semi della democrazia, i germi della laicità, attraverso la creazione di nuovi giornali, giornalisti e, persino, di nuovi lettori. Fu il padre e anche la madre del nuovo giornalismo italiano. Di quasi tutto il nascente arco costituzionale. Si disse allora che Pannunzio si era ispirato a una idea di Benedetto Croce e Gaetano Salvemini, cioè tra liberalismo e azionismo. Scrissero per Pannunzio gente come Ernesto Rossi, Enzo Forcella, Antonio Cederna, Carlo Laurenzi, Italo Calvino, Alberto Moravia, Leonardo Sciascia, Marco Pannella, Giovanni Spadolini, Eugenio Scalfari, Indro Montanelli, Panfilo Gentile, Alberto Baumann, Niccolò Carandini, Roberto Pane, Mario Ferrara, Tommaso Landolfi, Vittorio De Caprariis, Mario Poggi, Guglielmo Alberti, ecc. ecc.; e gli scrittori stranieri Thomas Mann e George Orwell. Tutta l’intellighenzia italiana post- fascista.

I calabresi, collaboratori fissi, oltre a Peppe Arena, furono Corrado Alvaro, Mario La Cava e Gianni Cervigni. Quest’ultimo, locrese doc, fu capo della redazione romana de “Il Giorno” di Milano. E ancora: il senatore Stefano Rodotà di Cosenza ed Emanuele Terrana, deputato repubblicano di Ardore. Peppe Arena firmava i suoi pezzi con due pseudonimi, uno femminile, Lia Bhas (Bhas in arabo significa “sabbia, arena”), con il quale firmò 15 pezzi; e uno maschile, Bruno Malatesta, con il quale firmò 7 elzeviri. Brevi racconti di vita quotidiana, vizi e virtù della piccola provincia calabrese. Si sospetta che Arena abbia proseguito le sue collaborazioni con “L’Espresso” giacché il settimanale di Arrigo Benedetti ospitò la firma di un “Bruno Malatesta”. Resta ancora un mistero come Arena si sia avvicinato a “Il Mondo”. Forse nel mondo più semplice: inviava gli scritti al destinatario. Allora i testi venivano letti e non cestinati come capita oggi.

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