LAMEZIA TERME Se siete tornati dalle vacanze e vi siete persi qualcosa, ecco la sintesi dei più significativi scambi di affondi e ripicche, tra leghisti doc ed il governatore Roberto Occhiuto, che hanno segnato il dibattito politico delle ultime settimane, roventi anche per colpa dell’anticiclone africano.
Motivo del contendere è l’autonomia differenziata, una liturgia iniziata più di trent’anni fa con il secessionismo di Bossi e proseguita con il federalismo e la devolution, con i sacerdoti del carroccio a spiegare l’inspiegabile.
Le giravolte di Salvini. Poi l’illusione del pericolo scongiurato con la svolta nazionalista di Matteo – che fulminato sulla via di Damasco – accantona la “vocazione nordista” osannando tutto il popolo degli elettori al grido di: «Prima gli Italiani». Ma la linea politica ondivaga di Salvini non convince il Sud e, il successo effimero prima e le sconfitte e i malumori interni al carroccio poi, gli suggeriscono di battere la ritirata tra le braccia dei padani pagani come quelle di Roberto Calderoli, tra i padri fondatori della galassia nordista. Chi ha buona memoria ricorderà che parliamo dello stesso leghista ultraconservatore, che definì “orango” l’ex ministra Cecile Kyenge, “culattoni” gli omosessuali e – che nominato commissario da Berlusconi, nel 2004, per sedare la rivolta dei forestali calabresi – era sicuro di poterli strigliare («Ghe pensi mì») e di fare della Calabria, un cantone svizzero. Ma nonostante i ripetuti inviti dell’allora assessore regionale alla Forestazione, Dionisio Gallo, in Calabria non si fece mai vedere. Il resto è storia di questi giorni con il via libera al regionalismo differenziato di papà Calderoli e con il clima di barricate che alimenta la raccolta firme, la cui somma stimata supererebbe di gran lunga il quorum delle 500 mila, necessario per la Corte di Cassazione. Sul referendum, Occhiuto non ha dubbi: «Sarà una sconfitta» (QUI) e le uscite a gamba tesa del governatore e vice coordinatore di Forza Italia sui Lep (QUI) e la richiesta di moratoria (QUI) innervosiscono i governatori di Veneto, Lombardia e Piemonte – che hanno già chiesto il trasferimento delle competenze su 9 materie – e naturalmente la Lega.
Fuori i veleni da Crotone. A tal punto che – nella delicata e complessa trattativa sulle tonnellate di veleni – che Eni vorrebbe lasciare in città (QUI) e la reazione del governatore «Il nostro territorio non sarà più stuprato e Crotone non sarà la pattumiera d’Italia» (QUI) seguirà a stretto giro, la replica stizzita della vice Ministra all’Ambiente del carroccio, Vanna Gava: «I rifiuti contestati non possono avere altra destinazione che la discarica calabrese già individuata» (QUI). Un botta e risposta che ha tutto il sapore di una partita a scacchi dove le mosse tattiche del presidente Occhiuto, l’arrocco della Lega e l’avanzata delle opposizioni promettono una partita senza esclusioni di colpi. Quali saranno invece i rischi ed i vantaggi delle contromosse della regina Meloni – in un copione scritto ed in parte rispettato – non è dato sapere anche se rimangono per intero le perplessità tra i fratelli e le sorelle meridionali che dovranno essere rieletti al sud. In attesa delle altre mosse di fanti, re e regine – nella scacchiera dove la posta è davvero alta – non è detto che in gioco ci sia anche la tenuta del Governo.
(paola.militano@corrierecal.it)
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