CATANZARO Complessivamente deboli, fatte salve alcune eccezioni, avvelenati da faide che in sede locale si alimentano di dinamiche anche personali, spesso schiacciati dal civismo spinto (e a volte opportunistico) di sindaci e movimenti. Nei capoluoghi della Calabria i partiti, praticamente tutti, misurano le loro innegabili sofferenze e scontano le loro divisioni interne, svelando una sostanziale crisi di identità e una generale incapacità di connettersi ed entrare in sintonia con i loro territori di riferimento. Una “fotografia” dello stato dell’arte in Calabria rende plastico questo quadro, che comunque parte da una premessa: nelle principali città della regione ci sono amministrazioni guidate dal centrosinistra o da alleanze molto composite, dal sapore trasformistico – si veda Catanzaro – con il centrodestra classicamente inteso relegato all’opposizione, e anche questo è un dato politico significativo. Non esaustivo, perché anche lì dove governa il centrosinistra non appare generalmente in grande salute.
A esempio, il Pd: a Cosenza non mancano le divisioni in un contesto sempre teso nel quale si sono registrati anche polemici addii e polemiche espulsioni e nel quale si contendono il campo tante aree, da quella di Carlo Guccione a quella di Enza Bruno Bossio e Nicola Adamo a quella di Domenico Bevacqua, così come non mancano gli affanni a Reggio Calabria, tra gli effetti dell’inchiesta “Ducale” e le scaramucce tra l’area di riferimento del segretario regionale Nicola Irto e quella del sindaco Giuseppe Falcomatà. Mentre a Catanzaro i dem sembrano praticamente inesistenti, pur esprimendo almeno due assessori comunali ma manifestando l’incapacità di incidere politicamente sul sindaco Nicola Fiorita affinché riequilibri in un senso più progressista la sua Giunta. Per non dire di Crotone, dove il Pd cittadino non parla con quello provinciale e non tocca palla nel Comune guidato dal civico per eccellenza qual è il sindaco Vincenzo Voce (peraltro dato negli ultimi tempi molto in asse con il governatore di Forza Italia Roberto Occhiuto). Unica eccezione Vibo Valentia, dove è ancora calda la vittoria del candidato sindaco Pd Enzo Romeo: solo il futuro però potrà dire se a Vibo ci sarà un futuro per i dem e gli alleati. Quanto al M5S, in genere a livello comunale i pentastellati lasciano qualche traccia e nulla più: si vedono a Cosenza, e ora anche a Vibo, ma a Catanzaro sono sostanzialmente impalpabili. Infine, Sinistra Italiana: l’exploit delle Europee è stato molto visibile soprattutto a Cosenza, con l’arrivo nel partito dell’ex dem Maria Vittoria Funaro, per il resto “Si” è work in progress.
Ma se almeno il centrosinistra può dire – sia pure speso su un piano puramente teorico – di essere governo nei capoluoghi di provincia non altrettanto può dirsi per il centrodestra, che è praticamente ovunque minoranza, nonostante la Regione abbia una coloritura amica. Certo, ci sono dinamiche diverse tra i territori, A esempio, Forza Italia, che a Reggio Calabria già risente positivamente della “spinta” dell’azione del coordinatore regionale Francesco Cannizzaro, e ha già lanciato l’Opa su Palazzo San Giorgio rivendicando esplicitamente la futura candidatura a sindaco (dopo gli altrui flop del passato). A Cosenza invece gli azzurri, come è si palesato alle ultime Europee, non brillano pur essendo la città del governatore Roberto Occhiuto, scontando probabilmente anche l’addio anche piuttosto polemico di metà della famiglia Gentile, quella di Katya con il padre Pino. A Catanzaro poi è il “paradosso” Forza Italia, che recita tutte le parti in commedia: è in maggioranza con il consigliere regionale Antonello Talerico, a sostegno della Giunta di centrosinistra di Fiorita, ed è contemporaneamente all’opposizione con il gruppo consiliare, in genere aspro non tanto o non solo contro Fiorita quanto soprattutto contro Talerico. A Vibo Forza Italia ancora deve metabolizzare la sconfitta del suo candidato sindaco Roberto Cosentino, mentre a Crotone si è ricompattata intorno al presidente della Provincia Sergio Ferrari. Ma non sembrano in forma smagliante nemmeno Fratelli d’Italia e Lega. I meloniani per la verità lavorano sottotraccia puntando anche sui giovani, come si percepisce stia avvenendo a esempio a Catanzaro e a Cosenza, ma a Reggio sono stati lambiti dall’inchiesta “Ducale” che mette qualche imbarazzo e stentano nelle altre città. Stenta nei capoluoghi anche la Lega, sempre alle prese con la rissosità interna che è diventata un marchio di fabbrica dei salviniani di Calabria e con le difficoltà di dialogo con Forza Italia: caso di specie sembra Catanzaro, dove dire Lega significa dire Filippo Mancuso ma non vale il contrario, nel senso che Mancuso, possibile futuro candidato sindaco, ha un “brand” e una forza che va molto oltre (e per certi versi persino contro) rispetto alla Lega.
Quanto al resto del quadro politico, c’è poi un’area moderata che è sostanzialmente fuori dai giochi dappertutto. Così come in questo ragionamento un cenno lo meritano altre due grandi città, che non sono capoluogo ma sono realtà politicamente significative: Corigliano Rossano e Lamezia Terme. A Corigliano Rossano alle ultime elezioni è andata in scena quasi la prova plastica della crisi dei partiti, con la vittoria a furor di popolo del sindaco uscente, il civico progressista Flavio Stasi, che ha sì sbaragliato il centrodestra ma ha anche ha marginalizzato Pd e M5S. A Lamezia Terme si voterà il prossimo anno: ma il Pd ha già iniziato con il suo proverbiale auto-lesionismo mentre nel centrodestra la “guerriglia” Forza Italia-Lega sembra ancora lungi dal registrare la parola fine. (a. cant.)
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