AGRIGENTO Vietato vendere ad Agrigento, Capitale della cultura 2025, gadget inneggianti alla mafia. A stabilirlo, con propria ordinanza, è stato il sindaco del comune siciliano Franco Micciché. Oggetto del provvedimento sono i classici ricordi per turisti a tema “Il Padrino” o con figure con coppola e lupara e scritte come “U mafiusu e a mafiusa”. «Rilevato che nell’intero territorio siciliano sono vergognosamente presenti linee commerciali di souvenir e gadget dove in modo indiretto e talvolta esplicitamente, viene anche esaltato il personaggio mafioso o il fenomeno mafioso – si legge nell’ordinanza -. Ritenuto che la vendita dei suddetti prodotti commerciali nel territorio di questo comune, mortifica la comunità agrigentina, da anni impegnata nella diffusione della cultura della legalità – continua il provvedimento – si ordina il divieto di vendita di qualsiasi tipo di oggetto, gadget che inneggi o richiami in qualunque modo e forme, alla mafia e alla criminalità organizzata».
«Ben altre dovevano essere le iniziative antimafia, a partire dalla denuncia dei vecchi e nuovi ladri delle risorse idriche, tanto pubblici che privati. Ma appare evidente come gli agrigentini non riescano ad emanciparsi da un sistema fortemente clientelare». È questo il commento critico del magistrato Luigi Patronaggio dopo la decisione del sindaco di Agrigento. «La riflessione scaturisce dall’amarezza di indagini effettuate in passato che hanno evidenziato perversi e oscuri interessi nel settore delle acque e alla constatazione che ad oggi nulla è cambiato rispetto al passato», sottolinea a ilfattoquotidiano.it il magistrato, che nel 2021, quando era ancora capo della procura di Agrigento, ha condotto un’indagini monstre su Girgenti Acque, la società che gestiva il servizio idrico. L’operazione denominata Waterloo ha coinvolto i vertici di Girgenti Acque, portando al fermo di 8 persone, tra cui il presidente della società di servizio idrico, Marco Campione. «Nel frattempo non è cambiato molto», commenta con amarezza Patronaggio. Quest’estate, anzi, i disagi per gli abitanti si sono perfino aggravati. In questo contesto matura la riflessione dell’ex capo della procura di fronte «al pannicello caldo» dell’ordinanza del sindaco contro i souvenir di richiamo mafioso. “C’è una totale mancanza di programmazione e attenzione del territorio, appare chiaro che gli agrigentini non siano in grado di uscire da questo guado di clientelismo. Ma mi rendo conto che una iniziativa di tal fatta ha costi economici, soprattutto umani e culturali, ancora purtroppo, insostenibili in questa isola», conclude il magistrato.
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