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Area marina Capo Rizzuto, l’ira di Legambiente: «Mala depurazione, scarichi illegali e abusivismo edilizio»

Parretta e Nicoletti: «Zona protetta che andrebbe tutelata, servono un ente veramente autonomo e un Parco naturale per gestire le risorse»

Pubblicato il: 27/08/2024 – 16:23
Area marina Capo Rizzuto, l’ira di Legambiente: «Mala depurazione, scarichi illegali e abusivismo edilizio»

CROTONE L’Area marina protetta Capo Rizzuto è uno dei luoghi più suggestivi della Calabria e dell’intero Mediterraneo, tra le prime istituite nel nostro Paese, risalente al 1991, che si proponeva l’obiettivo di preservare il mare e un tratto di costa ricco dal punto vista ambientale, archeologico e culturale e, al contempo, orientare verso la gestione sostenibile le attività antropiche di un territorio che si estende da Capo Colonna a Punta le Castella. Difatti, anche con questo scopo, all’Area marina protetta sono stati affidati in gestione i territori costieri appartenenti al demanio marittimo. 
A distanza di 33 anni dall’istituzione, la gestione dell’Area marina protetta sembra andare nella direzione opposta della corretta tutela della biodiversità, presente nei 14.721 ettari di mare. Inoltre, quello che accade lungo i 42 Km di costa, compresa tra Crotone e Isola Capo Rizzuto, è la negazione di qualsiasi principio di sviluppo sostenibile locale.
Quotidianamente, in mare e lungo la costa dell’Area marina, viene violato il dettato della Legge n. 394/91 che regola la corretta gestione delle aree naturali protette e si creano situazioni di conflitto con le norme comunitarie (direttiva Uccelli 79/409 e Habitat 92/43) che hanno permesso di riconoscere a questo territorio la presenza di una Zona Speciale di Conservazione Fondali da Crotone a Le Castella (ZSC IT9320097) e di tre Siti natura 2000 (Dune di Sovereto, Capo Rizzuto e Capo Colonna).

Un’altra foto scattata da Legambiente per documentare gli scarichi a mare nell’area protetta di Capo Rizzuto

L’Ente gestore non riesce, infatti, a garantire neppure una tutela minima dei luoghi che dovrebbe proteggere. Ne costituiscono un esempio ed una dimostrazione lampante le immagini dello scarico direttamente a mare, presumibilmente fognario, esistente nel porto turistico e in bella vista di chi fruisce dei servizi turistici di Le Castella. Ma la presenza di scarichi non depurati e immessi in mare non è una novità dell’Area marina protetta Capo Rizzuto e Legambiente lo denuncia da anni anche attraverso la storica campagna di Goletta Verde. Ma non solo. Lo scorso anno, nel mese di novembre, l’Associazione “Isola Ambiente Apnea” ha organizzato un convegno per presentare il censimento degli sversamenti a mare del progetto “Nemo”, finanziato dalla Regione, alla presenza del presidente del Consiglio regionale, Filippo Mancuso e dei sindaci di Crotone, Vincenzo Voce; di Isola Capo Rizzuto, Maria Grazia Vittimberga e di Cutro, Antonio Ceraso. Nel corso dell’evento è stata denunciata la presenza di ben 76 scarichi che finiscono nei torrenti o direttamente in mare, in 38 chilometri di costa sul litorale dei tre comuni. 
Lo scarico esistente nel porto di Le Castella è ben visibile ed è noto a tutti, ma nonostante le numerose segnalazioni la situazione resta grave: «A distanza di oltre tre decenni – dichiarano Anna Parretta presidente di Legambiente Calabria e Antonio Nicoletti, responsabile nazionale aree protette di Legambiente – possiamo ribadire con tristezza che la gestione dell’Area marina protetta affidata dal Ministero dell’Ambiente alla provincia di Crotone sia attualmente insostenibile e sotto molti versi fallimentare».
La gestione alla Provincia di Crotone, il cui affidamento rinnovato nel 2021 scadrà il 22 marzo 2025,  ha manifestato da  tempo la sua inadeguatezza e la sua incapacità di invertire la rotta: manca trasparenza nell’attribuzione delle responsabilità, manca una struttura amministrativa che le condizioni dell’ente Provincia non sono in grado di garantire – i tecnici a disposizione sebbene siano l’unico presidio umano disponibile sono in numero insufficiente per raggiungere gli obiettivi di tutelare effettivamente la biodiversità marina e soprattutto la fascia demaniale affidata in gestione-; manca un organismo di gestione autonomo e indipendente dalla politica; manca una visione per la gestione integrata della fascia costiera in un contesto caratterizzato da una presenza opprimente della malavita organizzata; mancano strumenti per una adeguata sinergia per la gestione delle aree naturalistiche e le aree archeologiche terrestri e marine. 

«Presidio di legalità e democrazia in un territorio difficile»

«Mala depurazione, scarichi illegali, massiccio abusivismo edilizio, gestione inefficiente del ciclo dei rifiuti, pozzi presenti sul promontorio e piattaforme che sfruttano i fondali dell’Area marina protetta: la logica ed evidente conclusione è che l’Area marina di Capo Rizzuto è lungi dall’essere protetta – aggiungono Parretta e Nicoletti – e tutto questo in un quadro nel quale le aree protette assumono un rilievo sempre maggiore in quanto strumento per frenare la perdita di biodiversità, contribuire alla lotta contro i cambiamenti climatici e promuovere l’economia circolare dei territori interessati. L’Area marina protetta Capo Rizzuto – continuano – deve essere un presidio di legalità e di democrazia in un territorio difficile ed un effettivo strumento partecipato di tutela e di sviluppo sostenibile anche relativamente al settore turistico. Ma senza una vera autonomia dell’Ente gestore, accompagnata da adeguate risorse finanziarie e umane, e senza una visione strategica per lo sviluppo integrato della costa, si rischia di assistere al fallimento completo dell’Area marina che Legambiente ha fortemente voluto fin dal 1991. Per questi motivi abbiamo proposto di slegare la gestione dell’Area dai vincoli della politica e che venga istituito un Parco naturale dotato di un ente autonomo in grado di gestire in maniera efficace e unitaria le risorse marine e terrestri della costa tra Crotone e Isola Capo Rizzuto».

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