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Sul milione di rifiuti industriali di Crotone serve una soluzione condivisa e di alto livello scientifico

Il primo comandamento è la bonifica. La Calabria non ha bisogno di populismo e ripicche politiche di parte

Pubblicato il: 27/08/2024 – 10:07
di Paride Leporace
Sul milione di rifiuti industriali di Crotone serve una soluzione condivisa e di alto livello scientifico

Ritorno su un editoriale della nostra direttrice Paola Militano, dello scorso 19 agosto, editoriale da rileggere visto che è stato scritto quando il dibattito pubblico è distratto da sagre, ozio e caldo tropicale da cambiamento climatico. Un intervento che ha ben fotografato trent’anni di diverse posizioni sul regionalismo delle diverse articolazioni della destra calabrese. La questione dei rifiuti dell’Eni di Crotone, cioè dove devono essere collocati (in Calabria, in Italia, all’estero?) è sciarada di difficile comprensione. Due le posizioni politiche evidenti. Il governatore Roberto Occhiuto ha espresso una posizione Nimby e anticolonialista “Crotone non sarà la pattumiera d’Italia” mentre la viceministra leghista dell’Ambiente Vanna Gava è stata perentoria sul fatto che la discarica deve essere calabrese. Questa soluzione più che ponderata sembra una ripicca alla posizione di Forza Italia sull’Autonomia differenziata. Non di questo abbiamo bisogno. Sul punto al momento si registra il silenzio dei maggiorenti della Lega di Calabria ma anche di Fratelli d’Italia, premier in testa.
Una storia industriale rimossa quella della ex Stalingrado del Sud, la Crotone delle fabbriche. Quella che insorge nella notte dei fuochi del 6 settembre 1993, quando gli operai lasciati senza pane e lavoro incendiano con il fosforo le strade, si scontrano con le forze dell’ordine, bloccano le strade e la ferrovia. La Lega di lotta di Bossi a quel tempo sputava veleno sul Meridione piagnone. Una Storia rimossa, più oscurata della Rivolta celebre di Reggio Calabria. Gli operai di Crotone e il loro territorio pagarono in quell’occasione la ristrutturazione industriale italiana impigliati in quel tempo dalla “madre di tutte le tangenti”. E pagarono anche affrontando processi e condanne dimenticate dai loro corregionali.
Di quel tempo ricordo il vescovo monsignor Giuseppe Agostino, nella sua via Crucis crotonese tra operai e pescatori, quest’ultimi lottavano contro le piattaforme del metano della multinazionale di Stato che minava il loro lavoro. Il presule calabrese dichiarerà anni dopo: «Ricordo bene che i calcolatori di un certo neo capitalismo mi hanno accusato sulla stampa nazionale sottolineando il primato dell’efficienza come resa su una stabilità di fabbriche che incominciavano a restare sole non entrando nel circuito dei grandi gruppi finanziari».
È quello un tornante decisivo della globalizzazione in Calabria. Il presule con gli operai rimase solo. Fu difeso in quella polemica nazionale dalla Conferenza Episcopale Italiana.

veleni crotone

La politica nazionale sparì e i rappresentanti locali incisero poco. Il seppellimento dei rifiuti del contendere odierno è quello che resta di quella drammatica, dimenticata partita. Dal latifondo alle fabbriche ci giochiamo ora la discarica in uno scaricabarile collettivo.
Una sorta di lumaca impazzita. Il sindaco di Crotone Voce vuole smaltire fuori dall’area comunale in contrasto con il commissario Errigo, l’ex presidente della Calabria, Mario Oliverio per posizionamento politico un po’ fuori luogo mi pare sostenga che sarebbero “evidenti” le responsabilità della Regione mentre Occhiuto è evidente che dice no alla discarica crotonese. Tutti fan finta di non ricordare la posizione di Legambiente nazionale e regionale che hanno detto no al trasporto dei rifiuti fuori regione, giudicando questa idea “impraticabile” e sostenendo che “bisogna creare in loco un sito riservato solo ai rifiuti pericolosi, e che sia a gestione pubblica”, e se lo dicono degli ambientalisti delle buone ragioni ci saranno.

Tutto ebbe origine negli anni Trenta quando la Pertusola iniziò a trattare zinco e metalli mentre la Montecatini si occupava di fertilizzanti e detergenti. Eni arriverà negli anni Novanta, quelli di Enimont e di Raoul Gardini. Mi sembra giusto ricordare che la nuova corporation Eni Rewind per la bonifica del sito di Crotone ha versato oltre 200 milioni di euro, senza dimenticare altri 70 milioni pagati a seguito del giudizio per il risarcimento del danno ambientale promosso dal Ministero dell’Ambiente e che mi risultano essere destinati a finanziare gli interventi ambientali della limitrofa area archeologica, che meriterebbero forse maggiore attenzione. Ma quanti sono i rifiuti da smaltire a Crotone? Le stime indicano un milione di tonnellate. Circa un terzo sono quelli “pericolosi” (zinco, cadmio e arsenico), 50000 tonnellate contengono tenorm, oltre 100000 contengono sia tenorm che amianto e a quanto pare non esistono discariche autorizzate in Italia per questo tipo di rifiuti. La restante parte, 500000 tonnellate sono “rifiuti non pericolosi”. Diversi esperti sostengono che trasferirli in discariche del Nord comporterebbe un impatto elevato in termini di trasporto e di sostenibilità dell’intervento. In Europa per questo tipo di rifiuti, sia pericolosi che normali, non c’è capienza nelle discariche già utilizzate per fabbisogno nazionale.
Il problema è evidentemente complesso e non può essere risolto con le urla scomposte di caporali di giornata e da improvvisati commentatori allo sbaraglio. I dati e le informazioni di questa vicenda hanno bisogno di serie verifiche e il dibattito ha bisogno di voci autorevoli e competenti.

Eni Rewind nei suoi documenti si dichiara favorevole ad una soluzione “condivisa che consenta di traguardare gli obiettivi della bonifica”. Si incalzi la corporation su questa disponibilità. Senza populismi e interessi politici di parte. Una bonifica è indispensabile. E a mio parere, considerate le questioni in campo, una discarica con standard tecnologici avanzati in Calabria governata da autorità scientifiche super partes potrebbe essere una sfida ambientale molto adeguata allo spirito dei tempi nuovi. Una sfida di una Calabria protagonista senza il cappello in mano. Perché certi no a priori non servono a nessuno. (redazione@corrierecal.it)


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