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Balneari, la corsa contro il tempo del governo Meloni con il caso Calabria sullo sfondo

Domani vertice di maggioranza per provare a sbrogliare la matassa. Per l’Italia il rischio sanzioni è alto

Pubblicato il: 29/08/2024 – 12:00
Balneari, la corsa contro il tempo del governo Meloni con il caso Calabria sullo sfondo

L’estate era iniziata con la questione balneari a creare più di un grattacapo al governo Meloni e si avvia a concludersi allo stesso modo. Già domani la premier terrà un vertice di maggioranza con i suoi vice Matteo Salvini e Antonio Tajani per provare a risolvere una matassa complicatissima. Al di là del rischio sanzioni all’Italia per non aver rispettato la direttiva Bolkestein, come evidenziato stamattina anche da Il Sole 24 ore, a preoccupare Giorgia Meloni sono i comuni che stanno iniziando da tempo a mettere a gara le spiagge. Senza un quadro normativo chiaro, e anche dopo il richiamo dell’Antitrust sulla necessità di evitare ulteriori proroghe, i comuni stanno procedendo con le gare con criteri e tempistiche differenti l’uno dall’altro. Nei mesi appena trascorsi, numerosi imprenditori dei lidi (che da tempo chiedono norme certe per salvaguardare le proprie imprese) hanno messo in atto delle vere e proprie serrate e il tentativo dello stesso governo di posticipare al 2025, o oltre, le gare, è stato stoppato prima dal Capo dello Stato Sergio Mattarella con un richiamo e poi, fattivamente, dal Consiglio di Stato. La linea del governo però sembra comunque avviata a non essere messa da parte: come scrive sempre oggi mondobalneare.com, il disegno di legge su cui starebbe lavorando il governo riguarda la «proroga da uno a cinque anni per gli attuali gestori, a seconda della percentuale regionale di occupazione delle coste, per poi mandarli a gara con il riconoscimento di un indennizzo basato sul valore aziendale». «Nel primo articolo – prosegue la testata – la bozza del ddl stabilisce che “la risorsa naturale è da considerarsi scarsa sull’intero territorio nazionale, quando l’area disponibile è pari o inferiore al 49% a livello nazionale o quando l’area disponibile di una singola regione è pari o inferiore al 39%”».

Il “caso” Calabria

Nel maggio scorso il governatore calabrese Roberto Occhiuto aveva annunciato l’approvazione in Giunta di una delibera nella quale la regione annunciava tutto il supporto necessario ai comuni calabresi che intenderanno prorogare le concessioni balneari esistenti facendo le gare nelle porzioni di spiaggia libere che meritano di essere attrezzate nel rispetto della normativa europea. Una delibera arrivata dopo che la direttiva europea Bolkenstein e anche il Consiglio di Stato avevano escluso la possibilità di proroghe per le concessioni demaniali marittime. «In Calabria – aveva spiegato in quella circostanza Occhiuto – stiamo investendo moltissimo sulle compagnie aeree, stanno atterrando tanti più voli da città europee. I vettori aerei ci dicono che in Calabria nei prossimi mesi arriverà un milione di turisti in più, però troveranno spiagge non adeguatamente attrezzate. Per questo oggi in Giunta ho fatto una delibera per dire ai comuni calabresi che, poiché in Calabria la risorsa non è scarsa, la Bolkenstein in Calabria non opera». Alla presa di posizione di Occhiuto avevano replicato duramente le due parlamentari calabresi della Lega, Tilde Minasi e Simona Loizzo. «È il momento di fare squadra – aveva detto – e sostenere il settore balneare con più atti concreti e meno iniziative elettorali. Le delibere di giunta non bastano, serve una norma nazionale. Non possiamo essere asserviti ai diktat europei, lasciando per strada migliaia di lavoratori», sottolineavano Minasi e Loizzo con chiaro riferimento a Occhiuto. Parole alle quali si erano aggiunte quelle del deputato della Lega Domenico Furgiuele, per il quale «non è con gli atti simbolici che si ribalta la Bolkestein». Anche Legambiente Calabria aveva espresso la propria netta contrarietà sulla decisione della giunta regionale, perché «viola le norme europee e gli orientamenti giurisprudenziali in materia di concessioni demaniali marittime, tutela della concorrenza, diritti dei consumatori e tutela dell’ambiente, aprendo, di fatto, ad una ulteriore, insostenibile, sostanziale privatizzazione delle aree pubbliche». (f.v.)

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