“Ventu di Levanti mi ti pigghia/Terra di lu Biancu mi ti suca”, è la profondità dell’inferno, l’ansimo bestiale di ogni penante, che ti attraversa, ti lascia un segno, un sovrapporsi di graffi all’infinito. Il dolore. L’orrore. Non c’è spaventosa morte più della morte di un mondo intero che per quanto piccolo rappresenti l’unico universo possibile. Dopo serviranno galassie e galassie, meraviglie e trucchi divini. Un mondo che scompare è la Grande Madre che muore, sparisce la fata, compare la strega: Mana Ghe, vita e gioia. Lamia, sepolcro e dolore. Mica risolvi tutto con le sedute dallo psicoterapeuta. Ne servono milioni, miliardi. Serve il tempo del dimenticare, del consumare secoli e mondi fino a quando la Madre risorge.I figli dei boschi convivevano con la bestemmia, con la profezia: sarebbe arrivato il vento, l’ultimo respiro dell’est, e sarebbe iniziato l’esodo. Migliaia di anni con un destino scritto, migliaia di anni a battersi contro il destino. La tragedia è questa, la consapevolezza di essere seduti a un tavolo di poker col più grande baro che si sia mai visto a Las Vegas. Spararsi in testa prima che mostri il suo punteggio impossibile da superare.
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