Spopolamento, poche infrastrutture e indifferenza che rendono il territorio «spezzato». È il destino dell’area grecanica della Calabria, nell’entroterra reggino che parte da Bova e arriva a Pentedattilo. Borghi fantasma e poco abitati, una cultura preziosa come quella grecanica che rischia di sparire a causa dello spopolamento e dall’indifferenza di chi non sembra avere più interesse di coltivarla. Ma c’è anche chi cerca di opporsi a questo triste declino. Sono giovani e volontari come Giuseppe Toscano di Melito Portosalvo, presidente dell’associazione Pro Pentedattilo, intervistato dal Sole24Ore che ricostruisce la “resistenza” dei paesi di lingua grecanica.
«In queste terre con tanti problemi di sviluppo economico e sociale – spiega Toscano al quotidiano – penso sia importante non dimenticare che si parlano ancora il greco antico, quello omerico e bizantino. Certo in gran parte lo parlano le persone anziane e i poeti ma negli ultimi anni c’è stata una inversione di tendenza con qualche giovane pronto a riscoprire le tradizioni». Quei paesi semiabbandonati per le frane, le alluvioni del secolo scorso: una serie di fattori si è “abbattuta” su questa zona, portandola quasi allo spopolamento e alla conseguente scomparsa della cultura grecanica. Come accadde con la terribile alluvione di Africo del 1951, ma – continua Toscano – «il lavoro fondamentale della Forestale» ha aiutato a prevenire con opere il ripetersi di eventi così catastrofici. Eppure, spiega il Sole24ore, dai circa 20 mila agenti forestali di quale anno fa si è passati ai 4 mila di oggi.
Ai problemi economici e alla disoccupazione si aggiunge quello del «controllo delle attività economiche da parte della criminalità» che rende «quasi impossibile qualsiasi investimento dei privati, che, se riescono a portarlo avanti, sono veramente degli eroi». Ma neanche la presenza della criminalità ha potuto fermare la “resistenza” di chi cerca di far rivivere questi borghi, a partire dall’associazione di Giuseppe. Tra giovani e progetti europei si cerca di rianimare città che rischiano di essere perdute per sempre. E con loro, la cultura e la lingua grecanica. «Oggi – spiega Giuseppe Carmelo Nucera dell’associazione Apodiafazzi – solamente qualche centinaio di persone riesce a sviluppare un ragionamento comprensibile in lingua. Una lingua che ha solo termini antichi perché chiaramente gli oggetti della modernità non erano descritti. Furono proprio i monaci greci che tradussero Omero nel periodo di Petrarca e Boccaccio. Diciamo che senza Calabria saremmo rimasti senza umanesimo». Mentre si tenta di preservare la lingua e la cultura, si portano avanti altre battaglie in nome dei diritti primari, come la sanità: «Dalle zone disagiate hanno tolto quasi tutto. Le ambulanze che arrivano sono quasi sempre senza medico, l’ospedale di riferimento è quello di Melito ma ha pochi reparti funzionanti».
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