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il ricordo

Le pipe di Brognaturo

Ho fumato a lungo, sigarette (senza filtro), sigari (solo toscani interi e poi tagliati) e pipa. Ora, per fortuna non fumo più, ma quel vizio, non posso nasconderlo, è stata una bella passione che…

Pubblicato il: 29/08/2024 – 16:07
di Bruno Gemelli
Le pipe di Brognaturo

Ho fumato a lungo, sigarette (senza filtro), sigari (solo toscani interi e poi tagliati) e pipa. Ora, per fortuna non fumo più, ma quel vizio, non posso nasconderlo, è stata una bella passione che non saprei raccontare. Delle tre esperienze di fumo la più difficile e misteriosa è stata, per me, la pipa. Perché più la fumavo, più mi documentavo, più apprendevo nozioni e regole, e più mi rendevo conto che, fumare la pipa (bene), era cosa difficilissima e dovevo abbandonarla al più presto. Cosa che feci, arrivando alla conclusione che non era cosa mia. E dire che prima di abbandonare definitivamente la pipa e il fumo avevo cercato di documentarmi a dovere. Ho comprato libri di scopo: come si sceglie il legno, la forma, come si carica e si svuota, come si pulisce, come si aspira, ecc. ecc. Ho appreso, però, i luoghi comuni da evitare: per esempio, lavare la pipa col cognac; una balla.

Invidiavo, si fa per dire, Sandro Pertini ed Enzo Bearzot, gli uomini-pipa simbolo. La condizione ottimale per fumare la pipa, è stare comodo in poltrona, ma Pertini e Bearzot forse se la portavano disinvoltamente anche a letto. Si racconta che Pertini, in visita ufficiale a Londra, ricevette in dono dalla regina Elisabetta una pipa Dunhill; Pertini, che aveva la battuta pronta, rispose: “Maestà la ringrazio ma Lei non sa che questa pipa inglese è fatta con la radica della nostra Calabria”. Perché parlo di pipe? Ho letto un bel servizio della collega Rosita Mercatante che parla delle pipe Grenci di Brognaturo, un grazioso paesino alle porte di Serra San Bruno. A tal proposito ricordo a me stesso che vidi esposte le pipe calabre in una tabaccheria di lusso sotto i portici di Bologna, accanto alla Libreria Zanichelli. Sembrava una gioielleria. Tornando alla collega Rosita, ci racconta, su “Davoli Zone – Il Portale dello Ionio” la saga dei Grenci. Ecco uno stralcio: «Tutto cominciò con nonno Domenico, nel 1962. Da emigrato negli Stati Uniti, come aveva già fatto suo padre, dimostrò quanto un talentuoso scultore ed ebanista calabrese potesse diventare un maestro nel forgiare la radica e realizzare pipe di straordinaria bellezza e qualità.

Un giorno, nelle vie di Chicago vide degli artigiani all’opera, aveva bisogno di lavoro e si propose: “Mettetemi alla prova, farò lavori più belli”, assicurò. Non stava esagerando. Dalla Calabria, sua moglie Caterina selezionava e gli spediva il materiale, la migliore radica locale per realizzare le pipe, già diventate richiestissime, nel giro di poco tempo. Tornato in Italia, dopo qualche anno, nella sua Brognaturo, Domenico insegnò la stessa arte al figlio Vincenzo. E così la bottega nel piccolo borgo nelle Serre Vibonesi divenne l’officina da cui sono usciti gioielli finiti sulla bocca di tutti. Persino del presidente Sandro Pertini e del c.t. della nazionale Enzo Bearzot, campione del mondo al Mondiale di Calcio dell’82». Ora la terza generazione continua a lavorare la radica.

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