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Ripensare le aree interne, Aiello: «La fusione fra piccoli Comuni è una possibilità»

Prosegue il dibattito avviato dal Corriere della Calabria, sul potenziamento dei servizi sanitari nelle aree montane calabresi

Pubblicato il: 30/08/2024 – 6:54
di Emiliano Morrone
Ripensare le aree interne, Aiello: «La fusione fra piccoli Comuni è una possibilità»

COSENZA Riorganizzare il governo del territorio nelle aree interne, per esempio ragionando sull’opportunità di fusioni fra piccoli Comuni, sarebbe utile per dare risposte concrete ai cittadini, anche in termini di sanità e quindi di salute. Lo dice l’economista Francesco Aiello, professore ordinario nell’Università della Calabria (cui diamo del Tu, nda, perché lo conosciamo e dunque per correttezza verso i lettori). Con lui, oggi proseguiamo il dibattito, avviato venerdì scorso dal Corriere della Calabria, sul potenziamento dei servizi sanitari nelle aree montane calabresi, che potrebbe avvenire, come proposto, sfruttando con appositi investimenti pubblici – in arte, cultura e specializzazione sanitaria delle strutture pubbliche già esistenti – il potere terapeutico del bosco e la sua capacità di rigenerare il corpo umano, di alleggerirlo dallo stress della vita quotidiana, sempre più caotica e caratterizzata da ritmi veloci, dall’assunzione di cibi spesso insani, da stili di vita molte volte sbagliati. Aiello ci parla soprattutto della telemedicina per la gestione delle cronicità, a patto che l’infrastruttura digitale sia adeguata, e dell’importanza di potenziare la rete dell’emergenza/urgenza. Inoltre, l’economista dell’Unical sottolinea la necessità di rivedere la rete stradale e di coordinare le politiche di intervento pubblico per tutelare il diritto alla salute nelle aree montane e, più in generale, interne della Calabria. A questo discorso, aggiungiamo l’esigenza, sempre più evidente, di dotare i presìdi ospedalieri delle aree montane di pediatri per le attività del Pronto soccorso. L’emergenza/urgenza non può prescindere dalla tutela della salute dei più piccoli, che dovrebbe essere prioritaria. Ci auguriamo che questo appello di buon senso venga raccolto dal decisore pubblico e che l’approfondimento che stiamo offendo ai nostri lettori valga a stimolare discussioni di profondità per migliorare i servizi sanitari pubblici nelle aree montane calabresi.

Ascolta il podcast

Intervista al prof. Aiello – Il podcast

Professore Aiello, si sente dire che i Comuni montani hanno bisogno di maggiore attenzione e organizzazione. Qual è la tua opinione al riguardo?

«Il governo del territorio oggi è fortemente polverizzato in mille Comuni. La gestione amministrativa è di interesse di moltissimi Comuni, che, in molti casi, per la Sila, per esempio, si estendono da altitudini molto basse e arrivano a 2 mila metri. Quindi, anche in questa prospettiva, il tema generale è di avere una frammentazione dell’interesse amministrativo nella gestione del territorio montano. Quindi, una delle possibili soluzioni, in questa direzione, sarebbe quella di tentare di riprendere, in Calabria, il discorso delle fusioni tra piccoli Comuni montani. Questo è uno strumento di ristrutturazione degli assetti organizzativi del territorio di forte interesse nel Centro-Nord e di poco interesse nella nostra regione».

Quindi?

«Sarebbe il caso di interrogarsi con più dovizia, con maggiore senso di conoscenza del territorio e delle esigenze del territorio, perché questo approccio più generale aiuta a comprendere come la soluzione possa essere efficace in termini di capacità di offrire più servizi alla cittadinanza, cambiando il modello organizzativo di governo dei territori. Quindi, le fusioni (si possono considerare) come strumento di riorganizzazione dell’assetto della gestione del territorio, al fine di consentire agli enti pubblici, agli enti comunali, di svolgere in maniera un po’ più efficace la loro funzione nell’erogazione di servizi alla collettività».

Noi ci eravamo lasciati, l’anno scorso, con un dato oggettivo che avevi rilevato nella tua attività di ricerca e di studio, e cioè quelle imprese ricettive che durante la pandemia avevano investito in nuovi servizi, avevano ottenuto risultati migliori in termini di performance. Questo ragionamento si può fare anche con la sanità? Non è il caso che le aree montane calabresi comincino a specializzarsi, per esempio offrendo la possibilità, ai pazienti operati per patologie cardiache, di fare una riabilitazione? Quanto è importante che ci sia un investimento nella creazione di nuovi servizi, in questo caso pubblici?

«Per il principio di equità, questi servizi non dovrebbero essere negati ad alcuno, indipendentemente dalla localizzazione e dalla residenza. Premesso questo, è ovvio che l’impianto pubblico dovrebbe garantire il rispetto di questo diritto costituzionale. Le soluzioni ovviamente sono difficili da attuare. In questa direzione, per le aree marginali, per le aree montane, per rimuovere i vincoli di accesso, il ricorso a soluzioni di natura digitale inizia a essere di dominio pubblico a livello di intervento istituzionale. La telemedicina, per esempio, aiuta moltissimo per quanto riguarda la gestione di cronicità. La telemedicina in questo aiuta molto, aiuta molto in molti territori montani più estremi di quelli della Sila o delle altre montagne calabresi. Poi c’è un problema di urgenza/emergenza, di come gestirle in territori difficili, estremi, marginali, lontani dai centri come le aree montane. È in questa direzione l’interesse istituzionale degli ultimi anni; in particolare, faccio riferimento anche agli interventi finanziati con la Strategia nazionale per le aree interne prima, e poi anche con il Piano Nazionale di Ripresa e resilienza, con l’obiettivo di dotare i territori dell’elisoccorso. Questi due strumenti, la telemedicina e l’elisoccorso, se utilizzati in maniera sistemica, possono dare delle risposte ai territori e alla cittadinanza».

E poi?

«Poi, ovviamente, ci possono anche essere delle soluzioni, come hai anticipato tu, sulla possibilità di utilizzare le strutture preesistenti o strutture nuove per la riabilitazione. Anche in questo caso, nel resto del Paese esistono esempi di successo, ma la riabilitazione richiede strutture dedicate alla lunga degenza. Abbinare a questa esigenza di natura sanitaria la capacità dei luoghi di offrire tranquillità, di offrire ambienti sani, di offrire tutto il potenziale effetto benefico dei boschi, della montagna, potrebbe essere un tema di interesse anche nella nostra regione; in una prospettiva, in un lasso temporale un po’ più di medio e lungo periodo, necessario per la creazione, innanzitutto per lo studio del caso».

E a monte, invece?

«Prima di questo, però, i territori montani della Calabria hanno bisogno di risposte di breve periodo, di brevissimo periodo, che sono risposte sia legate alla cronicità che, poi, all’emergenza/urgenza. In questa direzione, gli interventi legati al Piano nazionale di ripresa e resilienza – ricordiamo nati come risposta alla crisi pandemica del Covid – offrono strumenti finanziari significativamente sufficienti per fornire ai territori, anche della montagna calabrese, gli strumenti idonei di telemedicina e di elisoccorso. Il tema dell’accessibilità è un tema molto importante per le aree montane. Si risolve in parte con l’elisoccorso, da un punto di vista teorico».

Altrimenti?

«Qualora l’elisoccorso non sia sufficiente, è necessario garantire, quindi, una rete del 118 che sia pienamente efficace, ma questo funziona: a) se c’è la rete del 118; b) se l’accessibilità agli Hub centrali, agli Hub sanitari più importanti della regione, in questo caso per esempio Cosenza o Crotone, è resa facilitata».

Stiamo cercando – intanto grazie per la partecipazione a questo dibattito – di stimolare il decisore pubblico a un ragionamento in prospettiva ampia, per usare le tue parole. La rete dell’assistenza ospedaliera, per esempio, seppure ritoccata nel corso degli anni, è sostanzialmente uguale a quella delineata con il primo decreto commissariale del 2010. Gli ospedali montani sono rimasti delle strutture di Pronto soccorso con piccoli reparti di Medicina e Laboratori analisi. In questo senso, noi abbiamo aperto un focus, intanto sul potere terapeutico del bosco, suggerendo la possibilità di attivare investimenti in cultura e arte nelle aree montane, proprio per guardare alla tutela della salute in prospettiva olistica. Tu che cosa ne pensi? Potrebbe essere, questo, uno strumento per arrivare anche al potenziamento dei servizi sanitari di base e anche per creare nuovi servizi che abbiano delle specificità, per esempio come la riabilitazione cardiologica?

«Il progetto mi sembra interessante, ambizioso. La tranquillità che si ha nei boschi rigenera, ha un effetto rigenerativo. Lo sappiamo tutti quelli che utilizziamo, nelle vacanze, quei luoghi come momento di relax per riprenderci dallo stress dei centri urbani. Sicuramente la cultura e lo sport assieme costituiscono altri due segmenti che, combinati in maniera opportuna tra di loro, possono determinare un ambiente e un set di elementi di attrattività, tali da iniziare a creare una massa critica di domanda di persone, di fruitori di servizi, per rendere proponibile l’idea di realizzare in quei luoghi centri di interesse sanitario. L’economicità di questi ragionamenti, secondo me, dovrebbe essere valutata attentamente, tenendo presente anche una questione molto importante: se è vero che il diritto alla salute è un diritto costituzionalmente garantito a tutti, i princìpi di economicità dovrebbero essere un po’ rilassati in alcuni contesti e, qualora siano stringenti, gli impianti pubblici al servizio della sanità dovrebbero valutare in maniera opportuna altre soluzioni, in modo da salvaguardare il diritto alla salute».

E allora?

«In questa prospettiva, il caso calabrese è di estremo interesse perché quello che noi osserviamo in Calabria è – almeno per quanto riguarda i servizi legati alla sanità – che si ripropone il problema del mancato coordinamento delle politiche, della sovrapposizione degli interventi. Faccio riferimento, per esempio, all’elisoccorso. L’elisoccorso è stato finanziato con fondi della Strategia nazionale per le aree interne e in Calabria erano previsti 17 punti di elisoccorso nelle aree interne, quindi anche montane: 17 punti di elisoccorso da realizzare entro il 31 dicembre 2023; da realizzare, perché non sono stati realizzati con la Strategia nazionale per le aree interne. A questa è subentrato, poi, anche un intervento nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, che ha finanziato altri punti di elisoccorso. È un caso giornalistico da utilizzare per capire un po’ qual è l’interesse dell’impianto istituzionale, della ricerca, delle istituzioni, dell’accademia, del giornalismo, della classe dirigente di questo Paese, per il coordinamento delle politiche economiche, perché col Piano nazionaledi ripresa e resilienza si sono finanziati nuovi punti di elisoccorso, esattamente gli stessi punti che erano previsti con la Strategia nazionale».

Una duplicazione?

«Faccio un esempio concreto per capire di che cosa stiamo parlando. Soveria Manelli e Serra San Bruno, come ben noto, sono luoghi di montagna con dei presìdi ospedalieri di montagna ed erano i principali destinatari dell’elisoccorso finanziato con la Strategia nazionale. Oltre a questi due punti di elisoccorso, se ne stanno finanziando, perché il capitale finanziario esiste col Piano nazionale (di ripresa e resilienza), altri due, che avranno la funzionedi essere operativi di notte. Quindi avremo, a regime, se le due politiche saranno efficaci: a Soveria Mannelli due punti di elisoccorso e altri due saranno a Serra San Bruno, e, all’interno di questi due territori, uno dei due punti di elisoccorso funzionerà di notte. È una contraddizione molto evidente questa, che evidenzia l’esigenza del coordinamento delle politiche, elemento molto importante di cui in Calabria rileviamo spesse volte l’assenza. Peraltro, i 17 punti di elisoccorso pesano, in termini di investimento finanziario, in Calabria, quindi nelle aree interne, soltanto 1,2 milioni di euro, che risolvono molto il problema».

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