LAMEZIA TERME «Il signor Servello dice che io vent’anni fa avevo i capelli biondi, avete la foto, notate i miei capelli e se io ero biondo. In più l’autosalone era di mio padre dal 1970, siamo stati i primi del Vibonese a vendere macchine. Ho portato dei testimoni e li hanno pure ascoltati, non hanno voluto neanche fare il controesame». È duro lo sfogo, in aula bunker, dell’imputato Domenico Cichello alias “Testuni” classe ’72, coinvolto nell’inchiesta “Maestrale-Carthago” il cui processo è in corso davanti ai giudici del Tribunale di Vibo Valentia. L’imputato ha parlato rendendo dichiarazioni spontanee in aula davanti alla presidente Giulia Conti.
«Sono stato sotto esame di un Pubblico Ministero accusato di cose inesistenti» ha detto Cichello «ho denunciato pure a Salerno e ancora oggi non ho nessuna risposta. Sono innocente per un processo e per un altro, ma di innocente sono stato sotto esame di cose inesistenti, accusato di cose inesistenti. Io purtroppo sono caduto ammalato proprio per queste cose». E ancora: «Sono stato accusato di cose inesistenti dalla Procura di Catanzaro e i progressivi del pm sono mancanti, tutti, perché non c’è la legge? Io vengo accusato di cose inesistenti».
L’imputato ha poi replicato alle accuse mosse, sempre in aula bunker, dal collaboratore di giustizia Servello, secondo il quale l’autosalone del classe ’72 «fosse alle dipendenze di Peppone Accorinti» definendolo di fatto «un suo referente». L’autosalone «è di mio padre. È dal 1970 che vendiamo macchine, i primi del comune di Filandari, di tutto il Vibonese. Vadano ad informarsi su chi fosse mio padre, un impiegato comunale, non siamo mafiosi, vendiamo macchine sempre comprate a Pavia. Questo Servello? Io non l’ho mai visto, non gli ho mai venduto macchine». «L’autosalone è a Filandari, lui indica Mesiano e Mesiano era mio fratello, dove ha comprato l’Audi A4, da mio fratello. Io non ho mai venduto macchine a Servello, compresa la Panda. Facciamo le visure pure della Panda per dimostrare che io non ho venduto mai macchine a Servello, e neanche a Mantella. Io giuro su mio padre che a Mantella non ho mai dato niente, e neanche lo conosco Mantella, e giuro su mio padre. Solo questo qua posso dire, che sono stato condannato di povero innocente, diciotto anni di innocenza». E ancora: «L’autosalone fa parte di cosa? Io non ho un fermo con Accorinti. Prendiamo il casellario mio, non ho un fermo. Ma di che cosa mi stanno accusando a me? Io non lo so, mi hanno fatto cadere ammalato. Questa è tortura, io la chiamo tortura sulla mia persona».
Poi lo sfogo finale: «Voi magari le cose non le sapete però io sto dicendo che è da una vita che vendiamo macchine e mi trovo l’autosalone confiscato. Che se lo tengano, ma basta però, basta. Ho due figli, me li avete mandati in mezzo ad una strada. Dico solo questo, che ho sempre lavorato, non ho niente a che fare con la ‘ndrangheta io, dico solo questo». (g.curcio@corrierecal.it)
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