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Le bibliotecarie resistenti che cercano di salvare la biblioteca più grande della Calabria. «Fate finire questo silenzio»

A un passo dalla chiusura definitiva il Sistema bibliotecario vibonese. L’impegno delle volontarie senza telefono, internet e stipendio

Pubblicato il: 04/09/2024 – 19:57
Le bibliotecarie resistenti che cercano di salvare la biblioteca più grande della Calabria. «Fate finire questo silenzio»

VIBO VALENTIA Le catene un po’ arrugginite bloccano il cancello di Palazzo Santa Chiara. I tavoli di legno, solitamente pieni di studenti, sono oggi vuoti, così come è deserto il labirinto fatto da scaffali e libri. Quello che doveva essere il giorno di riapertura dopo la pausa estiva assume i contorni di un piccolo passo verso l’inevitabile (se nessuno interviene) e definitiva chiusura della biblioteca pubblica più grande della Calabria. È una lenta agonia quella che sta vivendo il Sistema bibliotecario vibonese, un patrimonio di oltre 90 mila documenti, corsi, servizi alla comunità e presidio di cultura fondamentale per la provincia di Vibo, oltre che punto di riferimento per il territorio regionale. Tutto portato avanti solo grazie all’impegno di dipendenti senza stipendio. «Vista la situazione debitoria non possiamo fare nulla» aveva chiosato l’ex vicepresidente regionale con delega alla cultura Giusi Princi. Da allora nessun segno da Palazzo Campanella e poco, quasi nullo, l’impegno degli altri attori istituzioni e politici: nessuno osa mettere voce nell’intricato e delicato dibattito sul salvataggio del Sbv. A “spaventare” è l’ingente debito (soprattutto nei confronti della Regione stessa) e l’indagine della Procura sulle amministrazioni precedenti. A fare da contraltare all’inerzia politica è la forza di volontà delle bibliotecarie resistenti, le uniche a garantire la “sopravvivenza” al Sbv.

LEGGI ANCHE: La cultura “paralizzata” dai debiti: il caso del Sistema bibliotecario vibonese

Le bibliotecarie resistenti

Katia Rosi, Beatrice Mirabello, Domenica Grande e l’unica dipendente Maria Luisa Mazzitelli. Sono i quattro pilastri che hanno tenuto e ancora tengono in vita la biblioteca. Professioniste ed esperte nel loro campo che ormai da quasi due anni non prendono più soldi per il loro lavoro. E che, anzi, ne rimettono per mandare avanti i servizi essenziali del Sbv. «Non prendiamo più un euro dal 2021, da quando la situazione ha iniziato a farsi critica» spiega Katia Rosi al Corriere della Calabria. «Noi abbiamo deciso di rimanere perché rincuorate dalle solite promesse o dal presidente di turno, ma anche perché non ci arrendiamo al fatto che un ente con una storia del genere possa chiudere». Quello di Katia è anche un esempio dei “cervelli di rientro”, che da Roma è rientrata in Calabria proprio per lavorare nella biblioteca vibonese. «Ho fatto l’università lì, quando sono tornata ho visto quello che l’ente organizzava, quello che promuoveva, anche il livello culturale delle persone che c’erano dietro. Io mi sono riconosciuta in questo contesto e ho iniziato a lavorare».

Senza linea telefonica, internet e riscaldamento

Oggi, a Palazzo Santa Chiara, la sede di proprietà del comune da cui rischiano di essere sfrattate, mancano linea telefonica e internet. «E la prossima sarà la luce perché non riusciamo a pagare le bollette». In questi due anni il supporto è arrivato da donazioni private o dalle associazioni, poi a marzo una delibera dell’amministrazione Limardo che si impegnava a pagare le spese per un anno. «Ma noi non abbiamo visto ancora un euro, malgrado le diverse sollecitazioni» precisa Katia Rosi. Nonostante questo, fino alla pausa estiva il Sistema bibliotecario è rimasto aperto tutti i giorni, anche grazie ai ragazzi del servizio civile, che però a luglio hanno concluso il loro percorso. «Il sistema è un punto di riferimento per diverse fasce d’età, dal pensionato che viene a leggere il giornale al bambino che viene a fare le letture ad alta voce. Per la città sarebbe una grande perdita e lo testimonia l’affetto e il supporto che stiamo ricevendo».

L’appello social alla Regione

Sui social, intanto, in molti hanno raccolto l’appello della biblioteca di condividere un pensiero taggando l’account della Regione. «Continuano a dire che i giovani possono trovare lavoro qui, ci lamentiamo della fuga di cervelli o di enti che chiudono. Ma allora perché non provare a salvare quelle realtà che rischiano di chiudere e che invece potrebbero offrire lavoro ai tanti professionisti, giovani e adulti, che ci sono sul territorio?» continua Katia Rosi. Dal Festival Leggere e Scrivere alle iniziative quotidiane, come le gare di quiz o le letture ad alta voce per i bambini: tante le attività portate avanti nonostante i problemi. «Noi non abbiamo i soldi per il riscaldamento. Lo scorso inverno i ragazzi venivano a studiare lo stesso, mentre per i bambini del venerdì pomeriggio che venivano per le letture ad alta voce le mamme si accontentavano di mettergli un maglione in più pur di portarli in biblioteca. Questo dimostra quanto l’ente sia un punto di riferimento importantissimo per il territorio».

«Ci dicano o meno se vogliono chiudere»

Una realtà che ora rischia di sparire definitivamente, inghiottita dai debiti, da un’inchiesta giudiziaria e nel silenzio di tutti gli attori politici. «Capiamo ci sia la questione giudiziaria e quella è giusto che faccia il suo corso. Ma qui parliamo di un ente comunque necessario al territorio. Certo, non come un ospedale, ma come diceva qualcuno “Non solo di pane vive l’uomo”» aggiunge. A marzo si era tenuto un incontro alla biblioteca alla presenza dei consiglieri regionali Antonio Lo Schiavo e Raffaele Mammoliti, promotori anche di un’interrogazione alla Regione, e del deputato Riccardo Tucci. Poi, dopo la risposta della vicepresidente Princi, è calato il silenzio. Da lunedì il Sistema bibliotecario è chiuso con l’immagine emblematica, quasi metaforica, di una catena arrugginita che blocca l’accesso a un presidio di cultura. «Per noi non finisce qui, siamo pronti a riaprire e a portare avanti il servizio come abbiamo fatto finora. Ma lo faremo solo quando avremo risposte concrete o quando almeno finirà questo silenzio». (Ma.Ru.)

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