MILANO La verità sul sangue versato a Cernusco sul Naviglio è ancora avvolta nel mistero. Sui reali motivi del litigio, poi conclusosi con la morte di Antonio Bellocco e il ferimento di Andrea Beretta, indaga la procura di Milano che oltre alla ricostruzione della dinamica dell’agguato mortale vuole vederci chiaro sui rapporti tra i due: il primo legato alla ‘ndrangheta ma anche agli ultrà dell’Inter, il secondo capo degli ultras nerazzurri. Sul tavolo degli investigatori possibili affari comuni, relazioni e situazioni legate anche al contesto del tifo organizzato. Da quanto si è appreso, i due «ridevano e scherzavano» mentre si trovavano in palestra, poi fuori qualcosa evidentemente è accaduto. Hanno tirato fuori una pistola e un coltello: il resto è cronaca. Bellocco si è accasciato a terra dopo una coltellata alla gola, Beretta è rimasto ferito ad una gamba raggiunto da un proiettile ed è stato operato in ospedale.
Entrambi sono già noti alle forze dell’ordine, Bellocco ha precedenti per associazione di stampo mafioso e in passato anche sottoposto alla misura della libertà vigilata mentre il capo ultrà ha avuto noie giudiziarie per questioni legate agli stupefacenti, lesioni e furto. Sul posto, si è recato il pm della Dda milanese Paolo Storari, titolare già di una indagine sulle tifoserie e legata, tra l’altro, all’omicidio di Vittorio Boiocchi, lo storico leader neroazzurro freddato sotto casa sua due anni fa. L’assassinio di Bellocco potrebbe suggerire nuovi accertamenti sulle presunte infiltrazioni della ‘ndrangheta nel mondo ultras.
Le curve dei grandi stadi italiani sono popolate da sostenitori sempre presenti, tifosi passionali decisi a supportare la squadra in casa ed in trasferta. Ma nascosti tra striscioni, sciarpe e maglie brandizzate, le anime nere infiltrate nel tifo organizzato realizzano guadagni illeciti sfruttando il business sportivo. Accessi abusivi allo stadio, bagarinaggio, parcheggi vip. “Il Fatto Quotidiano” aveva dato notizia, in un articolo, di un’indagine avviata dalla Digos sulla realtà della Curva Nord dell’Inter e sugli affari che ruotano intorno a San Siro: “Anatomia criminale di una curva”, annota il “Fatto”. Dalle investigazioni sarebbe emerso il ruolo di Vittorio Boiocchi, il 69enne capo ultras della curva Nord dell’Inter assassinato il 29 ottobre 2022 sotto casa a Milano e del quale in passato sarebbero emersi rapporti con le cosche calabresi.
Che la mala calabrese faccia affari (da decenni) a Milano non è certo un mistero. Solo qualche settimana fa, sul Corriere della Calabria ricordavamo l’omicidio di Luisa Fantasia e del traffico di eroina scoperto da suo marito, un agente sotto copertura. Un fatto di sangue che riporta ad anni ormai lontani, oggi la ‘ndrangheta al Nord e in Lombardia punta in alto. Appalti, bandi di gara, realizzazione di grandi opere ed eventi: i malandrini hanno decisamente diversificato il core business, non limitandosi al traffico di droga. Una recente direttiva del ministero dell’Interno ha acceso i riflettori sul pericolo infiltrazione anche nei Giochi Olimpici di Milano-Cortina: un affare da 3,6 miliardi di euro che stuzzica gli appetiti delle cosche. Le ‘ndrine attive nel Milanese non hanno reciso i legami con i tradizionali riti, come si evince da un episodio cristallizzato in una inchiesta della Dda di Milano. Che in un dialogo intercettato, catturano la pronuncia di una formula tipica del gergo mafioso. «…zampa di cavallo alla romana, dove si forma la società si deve sedere con cinque ramoscelli nella mano destra e con cinque nella mano sinistra con parole d’omertà è formata ‘sta onorata società!».
Della presenza e del potere acquisito dalla criminalità organizzata calabrese sul territorio milanese parla Nando Dalla Chiesa. La sua analisi è illuminante. L’economia mafiosa, «un tempo circoscrivibile a una cerchia di attività illegali (droga, estorsioni, gioco d’azzardo) e a un campo ben definito di attività formalmente legali (movimento terra, edilizia, ristorazione, commercio all’ingrosso) ha ampliato l’area della propria presenza in misura preoccupante, al punto che si può parlare di una ubiquità economica mafiosa. Non, ovviamente, nel senso che il fenomeno mafioso influenzi in toto economia regionale, ma nel senso che lo si può ormai incontrare in quasi tutti gli ambiti dell’economia, dalla sanità allo sport amatoriale». Ed ancora, aggiunge Dalla Chiesa: «La Lombardia è ormai una regione ad assoluta dominanza ‘ndranghetista (…) la seconda regione di ‘Ndrangheta sul piano nazionale, in gara con la regione originaria per il primato del fatturato».
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