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Sanità, il divario Calabria-Veneto e il «rischio competizione» dopo l’Autonomia – GRAFICO

Nel rapporto Crea 2024 il monitoraggio sugli effetti della legge Calderoli: «Regioni con maggiori risorse potrebbero attirare le risorse migliori»

Pubblicato il: 04/09/2024 – 10:55
Sanità, il divario Calabria-Veneto e il «rischio competizione» dopo l’Autonomia – GRAFICO

Un divario in ambito sanitario, tra la prima (Veneto) e l’ultima Regione (Calabria), «decisamente rilevante»: «un terzo delle Regioni non arriva ad un livello pari al 40% del massimo ottenibile». E poi il monitoraggio sulla valutazione degli effetti dell’Autonomia differenziata: «le Regioni con maggiori risorse potrebbero attirare le risorse migliori, generando un effetto spiazzamento per le altre».
Ad analizzare i dati raccolti in ambito sanitario è la XII edizione (2024) del progetto promosso da C.R.E.A. Sanità “Opportunità di tutela della Salute: le Performance Regionali”. Nell’ultima edizione del progetto – che «dal 2012 fornisce un contributo alla definizione delle politiche sanitarie e sociali, con la finalità ultima di promuovere miglioramenti nelle opportunità di tutela socio-sanitaria offerte nei diversi luoghi di residenza regionale» – l’Expert panel conta 104 componenti afferenti a 5 categorie di stakeholder, affiancati da due supervisor: Industria medicale, Istituzioni, Professioni sanitarie, Management aziendale e Utenti.
Le dimensioni considerate nello studio sono: Appropriatezza, Economico-finanziaria,
Equità, Esiti, Innovazione e Sociale
. La metodologia di valutazione proposta, sposa una logica multi-prospettica: gli stakeholder dei sistemi socio-sanitari sono, infatti, portatori di aspettative non necessariamente del tutto sovrapponibili e, quindi, sono portati a valutare in modo differente le performance di tutela. Lo studio considera cinque prospettive: quella dei pazienti, delle Istituzioni, dei professionisti sanitari, del Management della sanità e dei produttori di tecnologie per la salute.
Nell’edizione 2024 il panel ha inoltre proceduto a «selezionare un sottogruppo di indicatori specificatamente scelti per il futuro monitoraggio degli effetti dell’Autonomia differenziata in Sanità, ovvero finalizzati a realizzare una prima sperimentazione utile a valutarne il “verso” degli effetti di eventuali modifiche istituzionali, identificando eventuali criticità nei diversi “livelli” di governance: nazionale, regionale e locale».

Il monitoraggio

Indice di Performance (0 Perf. peggiore; 1 Perf. ottima)

Qualitativamente, nel ranking si identificano quattro gruppi di Regioni: quattro Regioni, (verde nella mappa) Veneto, Piemonte, P.A. di Bolzano e Toscana, raggiungono livelli complessivi di tutela significativamente migliori dalle altre, con un indice di performance che supera il 50% di quella massima (rispettivamente 60%, 55%, 54% e 53%). Nel secondo gruppo (verde chiaro), troviamo sette Regioni con livelli dell’indice di per­formance abbastanza omogenei, compresi tra il 50% ed il 45%: Friuli Venezia Giulia, P.A. di Trento, Emilia Romagna, Liguria, Valle d’Aosta, Marche e Lombardia. Nel terzo gruppo (arancione) si attestano Sardegna, Campania, Lazio, Umbria, Abruz­zo e Puglia, con livelli di performance compresi nel range 37-44%.
Infine, quattro Regioni (rosso), Sicilia, Molise, Basilicata e Calabria, si attestano su livelli di performance inferiori al 35% del massimo raggiungibile.

La Performance socio-sanitaria: Calabria ultima

L’indice complessivo di Performance che si determina in questa XII edizione (2024)
della progettualità, oscilla da un massimo del 60% (fatto 100% il risultato massimo raggiungibile) ad un minimo del 26%: il risultato migliore lo ottiene il Veneto e il peggiore la Regione Calabria.
«Si conferma, – si legge nell’analisi – come già emerso nella precedente edizione, che dalle valutazioni del Panel si evince l’attesa che si registri un ulteriore miglioramento dei livelli di tutela che raggiunge il 60% del potenziale solo in Veneto. Il divario nella valutazione attribuita alle Regioni che si posizionano agli estremi del range, rimane decisamente rilevante; inoltre, si sottolinea come, in base alle aspettative espresse dai diversi stakeholder, un terzo delle Regioni non supera un livello pari al 40% del massimo ottenibile».

A partire dai dati del 2017 si registra tuttavia un miglioramento dell’indice di Performance che ha interessato tutte le ripartizioni geografiche: in maggior misura le Regioni del Mezzogiorno (+75,9% in media), poi quelle del Nord-Est (+44,9%), quelle del Nord-Ovest (+40,9%) e del Centro (+37,4%). In tutte le Regioni si è registrato un miglioramento della Performance nel periodo considerato: quello maggiore si è registrato in Sicilia (+127,4%) e Calabria (+102,9%), seguite da Campania e Puglia con +87,6% e +75,3%; quello più basso in Toscana, P.A di Trento e Piemonte, con +2,8%, +14,9% e +19,3% rispettivamente.

Si passa da un range max-min di 51%-13% del 2017 ad uno di 60%-26%
del 2023. Complessivamente va registrato che nel periodo considerato la Performance è in miglioramento: l’aumento è dell’46%.

Il monitoraggio e la valutazione degli effetti dell’Autonomia differenziata in Sanità

Circa la valutazione degli effetti dell’Autonomia Differenziata «adottando l’ottica secondo la quale l’elemento chiave sarà rappresentato dall’aspettativa che tutte le Regioni procedano in un processo di miglioramento, o almeno non peggioramento attribuibile ai rischi che l’autonomia diventi più competitiva che cooperativa», lo studio ha impostato una modalità di monitoraggio che si concentra sulla «capacità di apprezzare gli effetti che si determineranno dopo l’eventuale riconoscimento dell’Autonomia ad un gruppo di Regioni. In campo sanitario, – si rileva nell’analisi – il punto di maggiore interesse, e potenziale impatto, dell’AD è quello relativo agli effetti sul livello di efficacia/efficienza complessivo del servizio sanitario: in altri termini, sulla capacità di innescare un processo virtuoso (il “traino” richiamato nel disegno di legge), evitando il rischio della generazione di forme di competizione “non voluta” fra le Regioni».
Un «rischio» – si rileva ancora nell’analisi – che «evidentemente non si può a priori logicamente escludere, almeno per alcune richieste di “autonomia”: si pensi al caso delle politiche retributive del personale dove, in presenza di una evidente carenza di offerta (per gli infermieri e per alcune specializzazioni e posizioni fra i medici), le Regioni con maggiori risorse potrebbero attirare le risorse migliori, generando un effetto spiazzamento per le altre. Quanto precede induce a ritenere opportuno implementare un sistema di monitoraggio degli effetti (prospettici) della autonomia differenziata. In altri termini, la migliore garanzia di uno sviluppo equilibrato della opzione prevista dall’art. 116 della Costituzione, rimane la misurazione continua e sistematica dei suoi effetti prodotti». (m.r.)

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