All’antico tribunale della ‘ndrangheta non avevano previsto di dover decidere come comportarsi davanti all’omicidio di Antonio Bellocco detto ‘u Nanu, 36 anni, 9 anni scontati per associazione mafiosa, ucciso da Antonio Beretta alias Berro a Cernusco sul Naviglio nel Milanese fuori da una palestra frequentata dagli ultrà dell’Inter. Beretta ha dato la sua versione ai magistrati. Una persona vicina ai Bellocco lo aveva avvertito che rischiava. Dopo una partita a calcetto la sera precedente con “’U Nanu” si presenta all’appuntamento con un coltello e una pistola in una fondina. Bellocco è disarmato, forte solo della sua imponenza mafiosa e del suo cognome. Sul piatto probabilmente ci sono i soldi che provengono dal materiale ultrà venduto a ragazzi di tutt’Italia, la gestione dei parcheggi e il mercato della droga che a Milano ha trasformato le bande da stadio in organizzazioni criminali. Sembra di vedere il clan dei motociclisti canadesi , banda metropolitana che è finita al centro di inchieste assieme alla ‘ndrangheta oltre oceano.
A Milano i calabresi hanno pacificato i clan. Cosa Nostra, cinesi, albanesi, hanno il loro spazio e agire. Con gli ultrà nerazzurri uniti nei traffici illeciti con quelli del Milan invece è accaduta la variabile impazzita.
Gli ultrà sono stati identificati dalle ‘ndrine come fonte di guadagno al pari di aziende e night. Bellocco si era trasferito a Milano e aveva identificato questo limone da spremere. Dicono che il “Berro” aveva ereditato la guida della Curva Nord dopo l’uccisione dello “zio” Baiocchi, 26 anni di carcere scontati e minacce accertate alla società nerazzurra per avere biglietti e facility, indagato anche per aver preso di mira la birra prodotta da Bobo Vieri per conto dei Facchineri. Beretta però ha un daspo decennale e non può andare a Milano.
Il suo ufficiale di collegamento diventa Marco Ferdico, grande amico di Nanu Bellocco (ne ha ricordato la morte con un post) colui che forse sa molto di queste vicende. L’Inter non ha detto nulla dell’omicidio, la Gazzetta dello Sport ha confinato il fatto all’ultima pagina di cronache, il procuratore di Milano in un’audizione con la Commissione Antimafia aveva lasciato a verbale la dichiarazione “Esistono rapporti non occasionali tra ultrà e organizzazioni criminali” ma la contaminazione è proliferata tranquilla.
Beretta è titolare del negozio “Milano siamo noi” che vende merchandising della curva Nord e materiale della società (l’Inter ne è a conoscenza?). Nel movente dell’omicidio, che si è tentato di camuffare in legittima difesa c’erano questi proventi molto aumentati con il recente scudetto. A Pioltello opera il locale di ‘ndrangheta dei Manno-Maiolo che lucra su facchini dei corrieri dei loghi globalizzati, pusher al dettaglio delle piazze di spaccio, vittime di usure ed elettori da assoldare ai propri progetti. Bellocco, figlio di cotanto boss era il nuovo referente della zona o lo store era stato preso di mira per infiltrazione? L’assassino intercettato a futura memoria aveva detto: «(…) a me tutte ste cose qua: lo striscione la mentalità non mene frega un cazzo, la mia vita gira intorno al guadagno». Chi conosce bene il problema è Libera di don Ciotti: «Ci sono leader delle curve che, forti del seguito nutrito fra migliaia di tifosi, hanno stretto legami con la criminalità. Il fenomeno non è nuovo ma è diventato evidente negli ultimi dieci anni», ha scritto Andrea Giambartolomei, redattore de “Lavialibera“ che ha dedicato un lungo approfondimento al narco-derby della Madonnina pochi giorni prima dell’omicidio di Cernusco.
Ora il gran tribunale della ‘ndrangheta, quello che sa aspettare anche anni per compiere una punizione, pesa il da farsi. Per il momento mettere tutto a tacere. Immergersi. Ma può un Bellocco essere ucciso impunemente dalla sua vittima? Le antiche regole dicono di no. La ‘ndrangheta postmoderna come risolverà il problema con gli ultrà, variegato fenomeno sociologico delle metropoli diventato fenomeno criminale? Intanto la vecchia guardia ultrà degli anni ‘70 e ‘80 guarda da casa schifata il mutamento antropologico aggrappandosi alla nostalgia delle curve fenomeno di aggregazione diventato un ricordo anche negli stadi calabresi anch’esse non esenti da leadership paramafiose.
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Altra storia di ultrà, quella tragica di Ilaria Mirabelli, 39 anni morta 11 giorni fa a Lorica in Sila in quello che sembrava essere solo un incidente e che con la presentazione di una querela da parte della sua famiglia apre un fascicolo – come anticipato dal Corriere della Calabria – non solo per il più tradizionale omicidio stradale ma anche ipotizzando il ben più grave omicidio volontario nei confronti del suo compagno, Mario Molinari detto “Panettone”, 41 anni, con lei al momento del controverso decesso, anch’egli ultrà del Cosenza. Siamo in atmosfera di giallo che ha acceso anche i riflettori della tv del dolore, infatti una troupe di “Chi l’ha visto?” ha già mandato inviati a Cosenza.
Nella triste storia almeno un dato edificante, lo striscione alzato degli ultrà del Catanzaro “Una stella risplende, Ciao Ilaria” in omaggio pubblico alla tifosa avversaria. Il resto è invece una storia da chiarire e che sta seminando rabbia sociale e incertezze.
Una gita domenicale fuori porta diventa una tragedia. Mario e Ilaria vanno a pranzo con una coppia di amici. Si separeranno alla fine del convivio. A Lorica accade l’irreparabile. L’automobile su cui viaggiano finisce fuori strada a Lorica. Ilaria muore fuori dall’auto, Mario ha poche ferite. Arrivano i carabinieri. Quella di Mario Molinari non è una deposizione. Urla frasi scomposte quasi senza senso. Sostiene che la sua compagna guidasse, lui di certo è stato trovato positivo all’alcool test. Fonti accreditate riferiscono che sul luogo del sinistro sarebbero stati trovati degli ovuli con polvere.
Viene aperto un fascicolo per delitto stradale “contro ignoti”. È il primo tassello di una maionese impazzita che fa montare il giallo. Perché Molinari non è indagato? Evidentemente non ci sono elementi.
Mario Molinari è un quarantenne molto borderline. Daspato alla stadio, vita sregolata e abbastanza dissoluta, è una sorta di pecora nera della stimata famiglia di un alto dirigente della Provincia, ente dove “Panettone” ha trovato un lavoro da semplice impiegato sollevando anche polemiche pubbliche.
Un elemento di contesto che incendia la miccia di presunti poteri occulti che avrebbero indotto l’Anas a rubricare il fatto come “incidente stradale autonomo”. Le voci da bar e di curva alimentano la tesi complottista. Molinari è molto divisivo. E’ per l’unificazione del tifo non gradita ai due settori degli ultrà, ha avuto molte rogne personali. Il rapporto con Ilaria, divorziata, è da chiarire. La donna avrebbe rifiutato una vacanza offerta da Mario ad agosto. In molti senza elementi diffondono l’ipotesi che sia stato un omicidio.
Il diretto interessato tace e non va ai funerali. Il silenzio viene spezzato dal fratello Gianmaria che in un post social del 30 agosto scrive «basta menzogne…ci sono persone che soffrono maledettamente, esistono le autorità preposte», raccogliendo il consenso di amici e conoscenti.
Il fronte colpevolista invece si allarga. Con il mantra “Verità e giustizia” prendono voce il Centro Lanzino, le donne della Cgil e quelle del Pd, il combattivo collettivo Fem.in che per martedì ha indetto una manifestazione davanti al tribunale che si annuncia molto partecipata. Vogliono risposte immediate da chi indaga.
Si dimentica che la riforma Cartabia impedisce ai magistrati di parlare dell’inchieste in corso e che gli accertamenti delle perizie necessitano di almeno 2 o 3 mesi per indicare indizi rilevanti e certi. I giornaloni nazionali hanno scoperto la vicenda e ne scrivono dalle loro lontane redazioni. Chiara Fazio cronista giudiziaria sul campo, invece dice: “I contorni di questa vicenda mi sono apparsi subito poco chiari”.
La morte di Ilaria Mirabelli ha tutto gli elementi per diventare un nuovo caso Bergamini. La famiglia della vittima e un’estesa tifoseria del delitto in città propendono per la tesi più fosca, gli illuministi razionali cercano di capire prove e indizi, i familiari e gli amici di Molinari ritengono che anche “Panettone” sia una vittima di quella maledetta domenica. Al momento il giallo resta aperto. (redazione@corrierecal.it)
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