RENDE Un Newton distopico o meglio a-temporale che cita autori e suggestioni attraverso tre millenni, dialoga col “collega” Tommaso Campanella, Thomas Bell per l’occasione, e si interroga sui massimi sistemi tenendo i piedi saldamente a terra, tra fasci di luce e colori accecanti.
È un caleidoscopio di spunti e riesce a catturare l’attenzione anche nelle menti non scientifiche, non scadendo mai nell’accademia, lo spettacolo “Spettri di Newton, una storia umana della luce” di Lorenzo Praticò, andato in scena al Teatro Auditorium Unical (TAU), al termine della prima giornata della conferenza nazionale della Società Italiana Luce di Sincrotrone (SILS).
In scena, nei panni di un Isaac Newton tormentato dai fantasmi che ne hanno attraversato l’esistenza, Ernesto Orrico accompagnato dal vivo dalle sonorità cromatiche originali di Massimo Garritano.
Orrico si muove come uno sciamano sul tappeto musicale, evocativo e straniante, di Garritano in un fortunato dialogo tra parole e note, una mescolanza cui la coppia ci ha da tempo abituati: dalla chitarra si generano pattern ripetuti grazie all’elettronica in un tributo anche concettuale dell’analogico al digitale. Il pubblico si fa coinvolgere dal flusso di pensieri che non scade mai nel formulario scientifico, una palla rossa simboleggia la mela della celebre teoria e l’artificio scenico dell’esercizio del dubbio che porta alla sapienza è dato dal protagonista che quasi gioca con l’oggetto sferico.
Rivediamo sul palco l’evoluzione moderna, in completo bianco, dello studente 20enne del Trinity College di Cambridge che iniziò i suoi studi su ottica e fisica – il famoso melo era nel suo giardino della casa di campagna, la Woolsthorpe Manor – durante la peste che colpì Londra nel 1665/1666 e lo costrinse all’isolamento.
Le citazioni senza tempo – dai coevi Swift e Defoe a Shakespeare, da Platone, Aristotele ed Eschilo fino ai salti in avanti che giungono a Leopardi e Antoine de Saint-Exupéry, Maxwell ed Einstein o Higgs, persino Steve Jobs – fanno da filo conduttore dell’intera narrazione e “uniscono i punti” mantenendo alta l’attenzione per una pièce di meno di un’ora che scivola piacevolmente e lascia una interessante traccia nelle menti. Anche in quelle umanistiche…
Il progetto, concepito e sviluppato in stretta collaborazione da artisti e autori della scena teatrale calabrese e ricercatori del Dipartimento di Fisica dell’Unical, ruota intorno alla “scoperta filosofica straordinaria” che la luce è una miscela eterogenea di colori, una scoperta che ha condizionato la vita di Newton oltre l’immaginabile, trascinandolo in un aspro confronto con la comunità scientifica del suo tempo. Un tempo quello, la seconda metà del XVII secolo, in cui la nuova cultura della scoperta cominciava a cambiare il mondo, la scienza ad aggredire la magia, il mito a essere insidiato dai fatti, la dottrina a essere sostituita dalla “teoria”. In questo nuovo mondo non è più possibile sottrarsi al confronto e alla competizione tra pari che, per essere gestita, ha bisogno di regole (e dunque di accademie e società) e di rivendicazione di priorità (e dunque della stampa che certifichi la paternità dei risultati).
“Spettri di Newton” è la storia di un frammento di vita e di scienza del “geniale misantropo” non molto diversa da quella di tutti quegli esseri umani che, stretti tra i loro talenti e le loro manie, hanno battuto strade inesplorate, accidentate come solo può essere il cammino che porta alla conoscenza. Una storia paradigmatica e appassionante che, attraverso la lente d’ingrandimento della narrazione teatrale, prova a proporre un dialogo poetico tra il nostro e un tempo che forse non apparirà più così lontano.
“Spettri di Newton, una storia umana della luce” è scritto da Lorenzo Praticò, interpretato da Ernesto Orrico, accompagnato dalle musiche originali eseguite dal vivo di Massimo Garritano. Regia e drammaturgia della scena sono di Manolo Muoio ed Ernesto Orrico. Raffaele Agostino e Peppe Liberti hanno fornito la loro consulenza storico-scientifica.
«Il lavoro di ricostruzione storica – spiega Liberti –, l’attenzione che abbiamo posto alle giuste parole, anche in quei punti in cui abbiamo volutamente tradito i fatti per raccontare il “nostro” Newton immaginario, è quello che per me, assieme alla qualità degli interpreti e della scrittura, fa di questo spettacolo un “pezzo unico”, un teatro che è esso stesso “laboratorio”. La nostra idea è che il pubblico interessato alla scienza, esperto o meno, debba essere trattato come un pubblico adulto e portato a comprendere o anche solo a scoprire le cose attraverso strade meno scontate della divulgazione tout court».
Le luci e l’audio sono opera di Jacopo Andrea Caruso. L’organizzazione e l’amministrazione sono a cura di Alessandra Fucilla. Lo spettacolo è prodotto da Zahir associazione culturale con la co-produzione di Teatro Rossosimona e il sostegno del Dipartimento di Fisica dell’Università della Calabria e del progetto NoMaH (Novel Materials for Hydrogen Storage), attuato da un consorzio università/imprese di cui è capofila l’Università della Calabria. (euf)
Le foto sono di Tommaso Caruso
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