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L’INTERVISTA DEL CORRIERE DELLA CALABRIA

Mutti: «Tutino? Ormai i calciatori sono aziende. Catanzaro da playoff, la Reggina spero torni in B»

Le parole dell’ex tecnico rossoblù e amaranto. «Marulla unico. Il Cosenza sta facendo bene, peccato per il -4. Calcio di oggi dopato»

Pubblicato il: 14/09/2024 – 7:47
di Francesco Veltri
Mutti: «Tutino? Ormai i calciatori sono aziende. Catanzaro da playoff, la Reggina spero torni in B»

COSENZA Bortolo Mutti e la Calabria. Un rapporto solido, lontano nel tempo, che parte da Cosenza e raggiunge Reggio Calabria. Anche se a Reggio, bisogna ricordarlo, non è che abbia lasciato grandi ricordi (8 partite in serie A nel 2002 prima dell’esonero).
È soprattutto nella città dei bruzi che l’allenatore bergamasco, per la precisione di Trescore Balneario, ha lasciato un pezzo di cuore e alcuni tra i suoi ricordi migliori di una carriera ricca di soddisfazioni e successi. Due momenti diversi, prima nel 1995 con un undicesimo posto in serie B e poi, sempre in cadetteria, due stagioni di fila, dal 1999 al 2001, con la serie A sfumata a pochi metri dal traguardo nel suo ultimo anno in riva al Crati. «Ce l’abbiamo messa tutta – ricorda Mutti al Corriere della Calabria – ma al di là degli sforzi, la sensazione è che alcune squadre, come ad esempio il Chievo Verona, abbiano avuto qualche sostegno in più rispetto a noi. Noi come società non eravamo molto appoggiati a livello federale. Dispiace dirlo, ma ho avuto questa sensazione. Rimarrà il grande campionato che abbiamo disputato».

Come vede, invece, il Cosenza di oggi? Una buona partenza in campionato vanificata dai quattro punti di penalizzazione.
«Sì, un inizio po’ in salita per questa penalizzazione che spero possa essere ridotta con i ricorsi, però bisogna prendere atto del buon lavoro svolto dalla squadra sul campo. Il Cosenza ha avuto un impatto positivo, finora gli indizi sono confortanti. La vittoria con la Cremonese, i due pareggi con Spezia a Palermo e la sconfitta immeritata di Mantova lasciano ben sperare in ottica futura. È vero, l’organico dovrebbe essere strutturato meglio, a mio avviso manca qualcosa per completarsi, ma, ripeto, l’avvio di stagione è stato ottimo. Certo, vedere la squadra ultima in classifica è mortificante».

L’arrivo di Ursino è stato accolto con entusiasmo, finora però il dg non si è esposto, appare poco e non comunica con la tifoseria.
«Da lontano fatico a seguire tutte le dinamiche cosentine, ma mi meraviglia, conoscendo il carisma del direttore, che vi siano queste problematiche. È indubbio che Ursino è una pietra miliare per il calcio a livello di Serie B e anche di A con il Crotone. Quando è arrivato a Cosenza, sono rimasto favorevolmente colpito e resto convinto che la sua esperienza, alla lunga, potrà fare solo bene alla società».

Alvini, invece, è partito forte. È subito entrato in sintonia con la piazza e il suo lavoro sta già dando i suoi frutti.
«Sì, si è calato molto bene nella realtà, dopo le delusioni recenti credo abbia capito che questa era l’opportunità giusta per rilanciarsi. Cosenza è una piazza a cui mi sento molto legato, è un club di tradizione per la serie B, che non si può rifiutare quando ti arriva la chiamata. Allenare i Lupi richiede il massimo impegno e grande rispetto. Si tratta di una realtà esigente, con una tifoseria importante, calda. Quando fai bene lì, puoi far bene dappertutto. Alvini credo abbia capito tutto questo e i risultati sono sotto gli occhi di tutti».

Domenica al “Marulla”, se si riprenderà da un fastidio muscolare, ritornerà Tutino, considerato a lungo l’erede di Gigi Marulla. Che idea si è fatto di questa vicenda? In questo calcio è ancora possibile parlare di bandiere?
«Credo sia stato improprio associare il nome di Tutino a quello del grande Gigi, calciatore e uomo unico. Ormai l’attaccamento alla maglia non esiste più, Tutino si è comportato come oggi farebbe qualsiasi atleta. I calciatori sono aziende, guardano il loro benessere economico, la loro situazione tecnica ideale per fare carriera. Quando si calano in una realtà, giustamente sposano il progetto, si sentono partecipi, però le bandiere si ammainano in fretta. Io l’ho visto anche qui a Bergamo con Koopmeiners, sembrava legato ai colori nerazzurri, era insostituibile, ma quando un’altra società gli ha offerto il doppio dello stipendio che gli garantiva l’Atalanta, tutti i valori e i sentimenti sono stati accantonati. È difficile fare breccia nel cuore di ragazzi così giovani quando c’è di mezzo l’interesse economico. Ma, forse, è anche giusto così. Ormai il calcio romantico, vissuto al massimo, non esiste più. Basta guardare ciò che accade in Arabia con quegli ingaggi folli. Quando giocavo e allenavo io, certi contratti erano impensabili».

Bortolo Mutti

Passiamo al Catanzaro. Ha cambiato tanto, dal tecnico ai dirigenti. Sono arrivati molti elementi nuovi e di qualità. Pensa possa ripetere il campionato dello scorso anno?
«La società ha costruito un’ottima squadra che penso possa candidarsi per un posto nei play-off. Catanzaro oggi è una piazza stabile per la categoria, con un presidente importante, una dirigenza ben strutturata nonostante il cambio radicale del suo entourage. L’anno scorso è stato fatto un lavoro di primo piano e credo che l’ambizione sia quella di ripetersi. Sono convinto che la squadra possa fare bene, lo auguro a Fabio (Caserta, ndr) che viene dalla delusione di Cosenza. Per lui si tratta di un’opportunità stimolante, per certi versi inaspettata dopo l’esonero della scorsa stagione».

Chi vincerà a suo avviso il campionato di B?
«È ancora presto per dirlo, sono state giocate quattro partite e se guardiamo la classifica, appare tutto incredibile e poco realistico a livello di valori. Vedere la Sampdoria così in basso fa effetto, ha già cambiato l’allenatore, immaginabile all’inizio. Fin qui mi hanno sorpreso le neopromosse Juve Stabia, Mantova, Cesena e, perché no, anche la Carrarese. Hanno idee, determinazione e sono organizzate tatticamente. Ma in generale è la solita B equilibrata. Aspetterei 7-8 partite per dare un giudizio più completo. È chiaro che Pisa, Spezia, Cremonese, Palermo, Catanzaro, Brescia e la stessa Sampdoria, probabilmente se la giocheranno per le posizioni di vertice. Dispiace per il Cosenza, soprattutto per la situazione precaria in cui si trova al momento».

Non posso non chiederle un parere sulla Reggina, sua vecchia squadra che oggi, a fatica, prova a rialzarsi.
«Sono stato poco a Reggio Calabria, ma abbastanza da volergli bene. La città mi ha accolto con affetto, lì mi sono trovato benissimo, ho un ricordo veramente bello di quella stagione, al di là di come, poi, si è conclusa la mia esperienza. È un vero peccato vedere oggi la Reggina in questa situazione, gli auguro di tornare presto in una categoria che gli compete, minimo la B».

Per concludere le chiedo un parere sullo stato attuale del calcio italiano. Veniamo da una brutta figura agli Europei con la Nazionale, mancano i talenti e non sembra ci sia la reale intenzione di dare una svolta al sistema.
«In Italia abbiamo bravi calciatori, ma mancano le grandi individualità. Il calcio italiano di adesso è questo, viene gestito dai fondi stranieri e ci si occupa poco e niente dei settori giovanili. Nelle nostre squadre di A ci sono pochissimi italiani. O si cambia radicalmente e si mettono delle regole più precise, o andrà sempre peggio. Ma è il calcio in generale che, secondo me, è allo sbando. Ora, per esempio, è stata creata una Champions League a 36 squadre, quando una volta si premiava solo chi vinceva il campionato. In quella competizione c’erano i veri campioni dei vari campionati. Tutto è diventato mediatico, a discapito del gioco e delle passioni. Non ci si pensa più al sentimento, alle famiglie, ma al profitto. È tutto dopato, lo specchio di una società ricca di incertezze e precarietà». (f.veltri@corrierecal.it)

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