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Dalla Calabria al Nord, l’esodo “settembrino” dei giovani calabresi. «La speranza è di ritornare»

Valigia in mano e la nostalgia delle radici. «Vogliamo tornare per dare un nostro contributo». Ma «la mentalità deve cambiare: dateci la giusta importanza»

Pubblicato il: 15/09/2024 – 15:43
Dalla Calabria al Nord, l’esodo “settembrino” dei giovani calabresi. «La speranza è di ritornare»

Le valigie piene, lo zaino imbottito, un senso di vuoto allo stomaco. Il treno che lentamente arriva nella piccola stazione calabrese monobinaria. Qualcuno, più lungimirante, ha optato per l’aereo, prenotato mesi prima quando i prezzi non sono proibitivi. La scena è quella che si ripete ogni anno a settembre, quasi come un triste rituale: i genitori, spesso la famiglia al completo, accompagnano i propri figli in partenza. E i ricordi, magari, vanno all’infanzia, quando ad emigrare erano il fratello, la sorella, il papà per «mantenere a famigghja». È la triste e ciclica storia dell’emigrazione calabrese, che si tramanda dal bisnonno volato in Argentina al giovane che oggi è “costretto” a partire per il Nord per studiare o, soprattutto, per trovare un lavoro. La nostalgia di chi parte si rincorre anche sui social, tra video e foto delle meraviglie di Calabria e la valigia pronta in mano. «Non escludo il ritorno ma già sento quel richiamo» recita la canzone (virale) in sottofondo del giovane cantante soveratese Tatho, dedicata alla Calabria e dal titolo emblematico: “Casa mia”.

Oltre 90 mila giovani partiti in 20 anni

Studiare, lavorare o raggiungere qualche parente che quel tragitto lo ha fatto anni prima. I dati dicono che oltre 90 mila giovani si sono allontanati dalla Calabria negli ultimi 20 anni. Anche quest’anno il 37% di studenti ha scelto di intraprendere la strada da fuori sede. Numeri che mostrano una vera e propria emorragia di giovani calabresi, attratti da maggiori possibilità di carriera o, più semplicemente, dalla possibilità di “scegliere” il proprio lavoro senza accontentarsi, quello dei propri sogni o per cui si è studiato. Non a caso, le ultime politiche regionali vertono proprio sui tentativi non solo di “trattenere” i cervelli, ma anche e soprattutto di farli rientrare in Calabria. Ma, ad oggi, sono ancora troppi i giovani che decidono di partire. E per chi rimane non resta che l’amarezza di vedere i suoi coetanei, o i suoi familiari, raggiungere l’altra parte dell’Italia.

Ambizioni ed esperienze: i motivi di chi parte

Alessio ha 23 anni, viene da Vibo Valentia ma ormai da oltre cinque anni si è trasferito a Milano, dove nel 2022 si è laureato in interpretariato e comunicazione, con specializzazione in lingua inglese e cinese, prima di continuare gli studi con la magistrale in Management internazionale. «La vedevo come una sfida, un’opportunità per crescere a livello personale. Lasciare la propria famiglia, vivere lontano da casa a 18 anni ti aiuta senza dubbio a crescere» racconta al Corriere della Calabria. Ma anche la possibilità di «incontrare nuove persone, nuove culture, conoscere studenti da altre regioni d’Italia». Dietro la sua partenza anche le ambizioni professionali: «Alcune università, in base al percorso che si vuole intraprendere, ti offrono opportunità migliori o hanno maggiore reputazione internazionale, un aspetto tenuto in conto dalle aziende. E spesso, con queste aziende, ti garantiscono anche contatti. Purtroppo, molte sono al Nord» spiega. Alcuni, però, decidono di restare in Calabria. «È una scelta legittima, alla fine è soggettivo. Chi vuole dare priorità alla carriera professionale, chi al proprio benessere, alla famiglia e magari è riuscito a trovare un equilibrio in Calabria».

«Tornare per dare un contributo»

La speranza di Alessio, come quella di tanti altri giovani, è quella di ritornare, prima o poi, nella propria terra d’origine. «Ci penso spesso, mi piacerebbe ritornare lì con l’idea di dare un contributo lavorativo e sociale, di mettere a frutto quello che ho imparato in questi anni». Ma per tornare è necessario trovare «un equilibrio tra le ambizioni professionali e quelli che sono i miei valori». Non un compito semplice, ma significherebbe «ricongiungersi a quelle che sono le mie radici. Giù ho la mia famiglia, ho gli amici, sono mancanze che si sentono. Ma anche la qualità di vita è diversa. Ci sono meno servizi certo, ma meno competitività e più benessere». Una speranza che condivide anche Sofia, 21 anni. Gli studi di economia a Torino, con il sogno di rientrare nella sua terra d’origine: «Ma è necessario che cambi anche la mentalità, spesso noi giovani siamo trattati quasi come un “peso” o non ci viene data la giusta importanza» precisa. In Piemonte è tornata una settimana fa, dopo l’estate passata in Calabria: «Io qua mi sono ambientata, ci sono i servizi, c’è un’offerta culturale e sociale per i giovani che giù non c’è. Però questa non è casa mia. Quando salgo in treno, lungo la costa tirrenica, vedo il paesaggio che offre la Calabria e non ho dubbi su dove vorrei vivere in futuro». (Ma.Ru.)

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