COSENZA Si torna in aula, in Corte d’Assise a Cosenza, per il processo sull’omicidio di Rocco Gioffrè, pensionato cosentino assassinato da Tiziana Mirabelli reo confessa e unica imputata che ha sempre asserito di aver agito per legittima difesa. Le parti offese Francesca, Pasquale e Giovanna Gioffrè sono rappresentate dall’avvocato Francesco Gelsomino. La donna, invece, è difesa dall’avvocato Cristian Cristiano.
Nel corso delle udienze celebrate prima della lunga pausa estiva, i giudici e le parti hanno avuto la possibilità di visionare i video ripresi dalle telecamere installate nell’abitazione della vittima. Frame che hanno cristallizzato gli attimi antecedenti e successivi al delitto. Ma a fornire uno spaccato sulla natura del rapporto tra l’omicida e la vittima sono senza dubbio gli scambi frequenti di messaggi via Whatsapp e Messenger. Due app di messagistica privata riempite di frasi, richieste e allusioni a sfondo sessuale. Per l’accusa è essenzialmente la donna a tentare di avvicinare ed approcciare con l’anziano, per la difesa invece è esattamente il contrario: sarebbe Gioffrè la parte interessata a creare un rapporto più intimo con Mirabelli. (ne abbiamo parlato qui).
Questa mattina, sono state acquisite due consulenze tecniche irripetibili: una riferita agli smartphone ed alle conversazioni Whatsapp contenute all’interno dell’apparecchio telefonico e l’altra riferita alle microspie, ai microfoni, ai video registratori sequestrati su indicazione di Tiziana Mirabelli. Gli investigatori avevano estratto alcuni file finalizzati a verificare la funzionalità degli apparecchi citati. Per la difesa la presenza di spie e telecamere rappresentano la prova del «controllo» esercitato dalla vittima sulla vita di Mirabelli.
Nel corso dell’udienza sono stati escussi due testi: il medico di Tiziana Mirabelli che ha ribadito in aula di aver conosciuto «una bella persona» e che per quanto le riguarda «sembra impossibile quello che è avvenuto» all’inizio addirittura ha «pensato ad un caso di omonimia». Sentita anche la vicina di casa che vive in un appartamento situato sullo stesso piano che ospita le abitazioni di Gioffrè e di Mirabelli. La donna ha riferito di aver visto il 15 febbraio, il giorno seguente l’omicidio, una persona con un giubbotto allontanarsi dal pianerottolo. Tuttavia, la teste non ricorda se quella sagoma senza volto uscisse dall’appartamento di Gioffrè o di Mirabelli. (f.b.)
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