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Bergamini, l’aula gremita per la requisitoria del pm: «Omicidio passionale, racconto di Internò strampalato»

L’assenza dell’imputata (ma era presente il marito) e la compostezza di Donata Bergamini di fronte alle immagini dell’autopsia. Domani la richiesta di condanna

Pubblicato il: 19/09/2024 – 19:19
di Francesco Veltri
Bergamini, l’aula gremita per la requisitoria del pm: «Omicidio passionale, racconto di Internò strampalato»

COSENZA Da tempo a Cosenza non si vedeva l’aula piena in ogni ordine di posti per il processo Bergamini, che stamattina, dopo tre anni di udienze, ha iniziato il suo percorso finale verso la sentenza di primo grado. Il prossimo 1 ottobre, infatti, la corte presieduta da Paola Lucente (giudice a latere Marco Bilotta) si riunirà in Camera di consiglio per emettere il verdetto del procedimento sulla morte dell’ex calciatore del Cosenza calcio, avvenuta a Roseto Capo Spulico il 18 novembre del 1989, che vede come unica imputata per omicidio volontario in concorso con ignoti, l’ex fidanzata Isabella Internò.
C’erano tutti, o quasi, oggi per l’attesa prima parte della requisitoria del pm Luca Primicerio. Dalle telecamere Rai e Sky, agli avvocati e ai giornalisti più di grido della città, tutti interessati e incuriositi dall’evento dell’anno per la città di Cosenza e non solo.
Mancavano all’appello soltanto due figure di non poco conto: la stessa imputata (ma erano seduti tra i banchi il marito di Internò, Luciano Conte insieme al consulente e testimone mancato del processo Gianluca Tiesi) e il suo legale principale Angelo Pugliese, mentre erano presenti Rossana Cribari, Giuseppe Lanzino e Pasquale Marzocchi. Per la famiglia Bergamini, gli avvocati ferraresi Fabio Anselmo e Silvia Galeone (non c’era Alessandra Pisa). Immancabile la chioma bionda di Donata Bergamini, che da 35 anni si batte strenuamente per ottenere la verità sulla morte del fratello e che dal giorno della sua testimonianza, nel marzo 2023, non si è persa una sola udienza del processo. Seduta come sempre tra i primi banchi dell’aula, ha seguito con la solita compostezza tutte le fasi della requisitoria del pm, compresa quella più dura, quando su uno schermo sono state proiettate le fotografie del corpo di Denis Bergamini nelle fasi dell’autopsia.

«Bergamini era già morto prima dell’arrivo del camion»

Dopo l’ingresso in aula della corte, ha preso la parola il procuratore della Repubblica di Castrovillari Alessandro D’Alessio che ha parlato di processo «che restituisce prove indiziarie ma piene». «Voi – ha detto rivolgendosi alla corte – dovrete scegliere tra due ipotesi, suicidio o omicidio prima che Bergamini venisse sormontato dal camion. Noi oggi diremo che la versione di Internò è completamente falsa, smentita dalle prove scientifiche e dai Ris, lei aveva interesse a nascondere la verità, aveva un movente. Bergamini è stato vittima della mentalità patriarcale di quegli anni».
Quindi il pm Luca Primicerio ha approfondito i temi tracciati da D’Alessio.
«Nel 1990 – ha ricordato Primicerio – circa 45 giorni dopo la morte di Bergamini, il professor Avato fu chiamato a svolgere l’esame autoptico sul corpo della vittima. Lui stesso ha detto che agì alla cieca, su un tavolaccio, senza effettuare esami per piano sul collo di Bergamini, il tutto nell’ambito di un’ipotesi di omicidio stradale e senza rilievi fotografici. Ma in quella circostanza rilevò una sofferenza polmonare di Bergamini. Quindi già allora emergevano incertezze. Nel 2013 i medici legali Testi e Bolino concludono entrambi che le lesioni al bacino è verosimile che non fossero vitali e chiedono la riesumazione del cadavere. La procura chiede loro di svolgere l’attività sui vetrini e i due concluderanno che il calciatore era già morto quando il camion lo ha sormontato. Siamo in un quadro compatibile all’asfissia meccanica violenta. Una asfissia con mezzo morbido, il ragazzo era già a terra quando il camion gli è passato sopra».
Nel 2017, quando è stata riaperta l’indagine, dalla riesumazione e dai nuovi esami sul cadavere in incidente probatorio, come Rx e Tac, si è potuto accertare come il corpo, anche a distanza di anni, fosse in ottimo stato. «Sono stati fatti 101 prelievi – ha detto il pm mostrando le immagini dell’autopsia svolta sul corpo di Bergamini – e i periti hanno condiviso tutte le attività, anche quella sull’esame della gliocoforina (strumento di natura istologica e istochimica in grado di dare indicazioni sulla vitalità delle lesioni) come metodo efficace». Primicerio ha insistito sulla validità scientifica della glicoforina, sull’impossibilità dei falsi positivi, mentre «i falsi negativi possono esserci, ma non nel caso di Bergamini perchè il corpo non era putrefatto». «Tutti gli esami dei periti – ha ribadito – parlano di compatibilità del corpo di Bergamini con asfissia di compressione con un mezzo soft, probabilmente una sciarpa o un sacchetto che può non lasciare segni sul collo. Le lesioni sul bacino sono prive di stravasi. Bergamini ha avuto una morte velocissima, meno di undici minuti». «I periti medico-legali che hanno effettuato gli esami sul corpo di Bergamini – ha continuato il pm – ci dicono che il calciatore è stato vittima di una asfissia meccanica violenta, prima che il camion di Pisano lo sormontasse. Quindi le versioni di Internò e Pisano sono false, Bergamini era già morto prima che il camion arrivasse».

Primicerio smonta la teoria del tuffo

Primicerio ha poi smontato la teoria di Internò che ha parlato di tuffo di Bergamini sotto il camion. «Il suo racconto – ha afferma il pm – è stato preciso, ha parlato di tuffo sull’asfalto, all’altezza della macchina parcheggiata in una piazzola, ma sul corpo e sul volto di Bergamini erano assenti lesioni da urto, non c’erano fratture. Tutti i periti, persino il professor Crisci che ha mostrato delle perplessità sulla validità dell’esame della glicoforina, hanno negato la possibilità di un tuffo per la mancanza di escoriazioni. Il corpo era disteso a terra prima che il camion arrivasse», ha ribadito il pm, che poi ha proiettato sullo schermo alcune immagini e la planimetria prodotti dall’ingegnere Coscarelli e un video del giornalista Giuseppe Milicchio effettuato nel 1989 nel punto della tragedia. «L’area dell’incidente – ha detto Primicerio – era priva di impianto di illuminazione e la morte di Bergamini è avvenuta dopo le 19, quando già era buio. Lì non si vedeva nulla, un vero e proprio buco nero. Internò e il brigadiere Barbuscio hanno sempre sostenuto che il corpo di Bergamini è stato trascinato per 60 metri, versione smentita dai rilevamenti dei Ris che ci raccontano di un trascinamento tra i 5 e gli 8 metri. Inoltre lo stesso tuffo di Bergamini non è compatibile con la sua posizione sull’asfalto».
È stata richiamata anche la testimonianza di Francesco Forte (morto di recente per una grave malattia), giunto sul posto con il suo mezzo dopo l’impatto tra il camion di Pisano e il calciatore del Cosenza. «Forte – ha ricordato Primicerio – ha raccontato di essersi posizionato alle spalle del camion di Pisano e quando è sceso, quest’ultimo gli ha rivelato che il corpo di Bergamini era già a terra. È vero, Forte compare solo nel 2013 in questo processo, ma mi chiedo: che interesse aveva a parlare di ciò? Non voleva apparire in tv, era arrabbiato con la cugina che lo aveva tirato dentro questa vicenda. Inoltre ha ammesso chiaramente di avere paura per l’incolumità dei suoi familiari. Perché voleva la scorta? Noi non sapremo mai se ha visto di più quella sera e non ha voluto comunicarlo. Tutti questi dati ci dicono che la sua testimonianza è credibile, così come non si scontrato le sue dichiarazioni con quelle di Panunzio, che probabilmente è arrivato sul posto quando Forte era già andato via. Ecco perché ha detto che non c’era nessuno oltra al camion».

«Il racconto di Internò è del tutto falso, strampalato e inverosimile»

«Perché Pisano mente? – ha spiegato ancora Primicerio -. È chiaro: non vuole essere coinvolto. Aveva interesse a dire il falso. Se andiamo a ricostruire la personalità di Bergamini, non viene fuori nessun elemento che ci induca verso il suicidio. Amava vivere, era un ragazzo gioviale, aveva progetti, un ingaggio con il Cosenza raddoppiato nelle cifre, probabilmente sarebbe finito in serie A l’anno successivo. Aveva una patrimonialità importante, più di 200 milioni di lire sul conto. Voleva acquistare case, una attività balneare, aveva una nuova fidanzata nel suo paese. Insomma, guardava avanti. Ecco perché il racconto di Internò è del tutto falso, strampalato e inverosimile. Un calciatore che non ha mai lasciato un ritiro, parte senza bagagli, con i conti correnti aperti e pochi soldi per dirigersi a Taranto e prendere un aereo per le Hawaii, e poi si ferma a Roseto Capo Spulico per suicidarsi? Abbiamo sondato tutte le alternative sulla sua morte, dal calcioscommesse, alla droga, dall’acquisto della Maserati alla criminalità organizzata e nessuna ha trovato riscontro. Bergamini era un ragazzo pulito. Resta una sola pista, quella passionale. Non ci si può suicidare per gelosia. Bergamini non si è suicidato, ma è stato ammazzato».
Domani mattina Primicerio concluderà la sua requisitoria alla fine della quale farà la sua richiesta di condanna per l’imputata. (f.veltri@corrierecal.it)

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