RENDE Sandro Principe c’è: «Non sono per le auto-candidature, però, insieme a mio padre e tanti altri, mi sento un fondatore della nuova Rende e dell’area urbana: è un ruolo che mi impone di dare un contributo per il rilancio della mia città, ho dei doveri verso me stesso e verso Rende e sono pronto con le mie energie intellettuali e le poche fisiche che ancora ci sono…». Principe sa di trovarsi in uno snodo privato ma anche collettivo e riflette sulla “sua” Rende, descrivendola quasi a volo d’uccello in una calda mattina di metà settembre: «La mia famiglia ha fatto dei sacrifici per tutto questo, ci ha mosso un senso civico che non è civismo d’accatto. Abbiamo l’Unical, l’area industriale, un’urbanistica invidiabile e un verde che oggi vedo attaccato da chi con i fondi Pnrr taglia gli alberi che io stesso avevo piantumato».
C’è un disegno per cancellare Rende, non solo il suo verde?
«Ricordo che abbiamo un Pil sopra la media. E dico che sentendo parlare di città unica vedo tanta gente pronta a mangiare il boccone più prelibato».
Ovvero?
«Rende. Ancora oggi percorrendo queste strade vedo un bel disegno, non perfetto per carità visto che la perfezione appartiene solo al Padreterno…».
Ma chi potrebbe voler cancellare Rende?
«Chi vuole imporre una visione autoritaria, in linea coi princìpi del centrodestra. Io credo che il percorso verso la città unica non possa prescindere da un rapporto coi cittadini basato su informazione e consultazione che parta dal basso, come previsto dalla legge che prevede una delibera dei consigli comunali e il municipio come ente proponente».
Il centrodestra sostiene che non c’è niente di più democratico della consultazione referendaria.
«Stiamo parlando di un referendum truffa, una furbizia dei promotori per accedere ai fondi, spacciando per fusione quella che è in effetti una incorporazione: quei 10 milioni massimo l’anno per quindici anni sono comunque una miseria a vedere in che stato versano le casse di Cosenza e Rende… In ogni caso parliamo di un percorso che non si può calare dall’alto: la legge omnibus approvata in consiglio regionale rappresenta un disegno criminoso che parte da lontano, proprio eliminando l’impulso dei consigli comunali. Noi siamo per il rispetto delle leggi e della Costituzione e non per le imposizioni».
Lei ha più volte detto che il meccanismo del referendum premia il comune più grande dal momento che si basa sulla platea unica dei votanti.
«Sì, il pesce grande ovvero Cosenza mangerà i pesci più piccoli dal punto di vista degli elettori, ovvero Rende e Castolibero. È per questo che, ripeto, io parlo di annessione e incorporazione e non di fusione. Inoltre non vedo un progetto».
In che senso?
«Nel senso letterale: non esiste allo stato un progetto esecutivo, il testo del professor Luigino Sergio non lo è: non disegna un piano sulla gestione del servizio idrico, dei rifiuti, dei trasporti, non parla del Psc unico. È una folle fusione a freddo».
Lei a quale alternativa possibile pensa?
«A una Unione dei Comuni da sperimentare dal punto di vista amministrativo in modo da correggere eventuali errori di previsione per poi presentare un consuntivo ai cittadini e chiamarli a un voto consapevole e non al buio come si vuole fare adesso».
Ci sono gli spazi e gli uomini per questa fase?
«Dopo quella fase e forse dopo un dialogo che proseguì con Bernaudo e Perugini, i sindaci di Rende e Cosenza non hanno preso più neanche un caffè insieme. La circolare veloce è stata una pagliacciata. Io posso dire che con il mio collega Giacomo Mancini per interlocutore disegnammo, da sindaci, il Psu e la metroleggera, affossata dagli stessi che oggi spingono per il Comune unico. Il presidente Roberto Occhiuto dovrebbe proporre per il Piano di bacino provinciale per un sistema di trasporti intermodale come lo concepimmo noi in tempi non sospetti: nei 160 milioni spariti della metroleggera c’era anche un hub nei pressi della stazione di Quattromiglia che avrebbe dovuto rappresentare la fermata dei pullman da tutta la provincia, sarebbe sparita l’autostazione dai centri abitati di Cosenza e Rende e si sarebbe irradiato da qui un nastro che avrebbe portato ai collegamenti per l’Unical o per Cosenza».
Secondo lei il nuovo ospedale lo vedremo mai realizzato?
«L’ubicazione ad Arcavacata mi sembra la più naturale, se pensiamo alla medicina all’Unical e ai passi da gigante fatti dal nostro ateneo dopo gli ultimi accordi con l’università di Catanzaro. Però ci sono dei precedenti preoccupanti, e mi riferisco ai 4 ospedali disegnati nel 2007 dalla giunta Loiero di cui facevo parte: ancora non è stata messa la prima pietra e spero che il nuovo ospedale non faccia questa fine, siamo ancora a Occhiuto che annuncia uno studio di fattibilità per marzo… Sicuramente non bisogna abbandonare l’Annunziata».
Qual è il suo giudizio su Roberto Occhiuto?
«Noi riformisti di Rende e in generale i socialisti abbiamo un difetto: guardiamo troppo lontano quindi la gente non ci capisce e non ci segue. Io stesso sollecitai in tempi non sospetti l’allora rettore Latorre in tal senso ma forse i tempi non erano ancora maturi, c’erano equilibri da non turbare e magari Catanzaro avrebbe fatto le barricate».
Voliamo più basso: quando pensa che si voterà a Rende?
«Io credo che esista un disegno perverso che parte da Cosenza e arriva a Roma passando da Rende e Catanzaro».
In cosa consisterebbe questo disegno?
«Nel fare in modo che a Rende non si voti prima che si faccia la città unica».
Ma a fine luglio il consiglio regionale si è impegnato, su input del gruppo dem, a rimandare tutto di due anni, quindi al febbraio 2027 e non 2025.
«Quello è un passaggio che non ha alcun valore giuridico, è una intesa privata e politica, senza riscontri in atti del consiglio e senza provvedimenti di valore istituzionale: vale solo la legge Caputo per come passata nella Commissione presieduta dalla De Francesco. C’è poi un’altra questione non da poco».
Quale?
«I commissari hanno finito il loro mandato? La legge impone che, in tal caso, si voti entro dicembre 2024 ma io temo che con lo scioglimento dei tre comuni il 5 febbraio 2025 tutta la fase embrionale di gestione dell’iter verso la città unica sarà nelle mani di un commissario e non di un sindaco, a Rende. Il disegno, ripeto, mi sembra questo».
Si parla di un commissario “traghettatore” che condurrà il comune di Rende al voto una volta che la terna commissariale avrà finito il suo compito.
«Mi sembra una ipotesi inquietante. Non so se è possibile, non conosco, però, alcun precedente. Intanto vedremo cosa ne sarà del nostro ricorso al Tar sulla incostituzionalità».
Cosa pensa invece degli ultimi sviluppi che riguardano Marcello Manna e le vicende giudiziarie che interessano anche il Comune di Rende?
«Non sono aggiornato, ma auguro a Manna di essere assolto anche perché un tale evento giocherebbe a favore dell’immagine della città». (e.furia@corrierecal.it)
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