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Il clan Libri e le estorsioni ai commercianti: infissi e tende «presi senza pagare»

L’intimidazione a colpi di pistola. Le accuse a Gianpaolo Sarica e Antonio Zindato. «Nei piccoli lavori magari si accontentano di queste cose»

Pubblicato il: 23/09/2024 – 6:59
di Mariateresa Ripolo
Il clan Libri e le estorsioni ai commercianti: infissi e tende «presi senza pagare»

REGGIO CALABRIA Tende, mattonelle, infissi ordinati e presi senza pagare. «Non gli ho dato i soldi, gli infissi ha voluto gli infissi, ecco perché vi dico nei piccoli lavori magari si accontentano di queste cose, avete capito che fanno?»). Sono le parole di un commerciante reggino, vittima nel 2019 di un’estorsione da parte di componenti del clan Libri, Gianpaolo Sarica e Antonio Zindato, condannati in appello rispettivamente a15 anni e 12 anni e 4 mesi di reclusione. La Corte d’appello di Reggio Calabria (presidente Alfredo Sicuro, a latere Giuseppe Perri e Cristina Foti) nelle motivazioni della sentenza in secondo grado scrive che Sarica, «sfruttando la propria posizione di reggente della cosca nel quartiere di San Giorgio Extra, sottoponeva i commercianti a piccole vessazioni, come, per l’appunto, pretendere forniture senza pagare il corrispettivo» e che «pienamente provato è anche il concorso di Zindato».

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L’operazione scattata nel 2019 consentì di individuare i ruoli di soggetti di vertice, affiliati e concorrenti esterni della cosca Libri, pienamente inserita nella ‘ndrangheta unitaria e attiva nella città di Reggio Calabria, in particolare nei quartieri Cannavò, Condera, Reggio Campi, Modena, Ciccarello, San Giorgio e nelle frazioni di Gallina, Mosorrofa, Vinco e Pavigliana. Le evidenze investigative consentirono di accertare, ancora una volta, l’esistenza e la vitalità della cosca Libri, e della sua sub-articolazione Borghetto-Caridi-Zindato, attraverso l’emergere di «costanti e consolidati rapporti tra gli associati, della mutua assistenza fornita agli affiliati detenuti ed ai loro familiari, della consapevole compartecipazione alle condotte delittuose ed efficace ripartizione di compiti». Associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, turbata libertà degli incanti, porto illegale in luogo pubblico di arma comune da sparo, con l’aggravate dell’agevolazione mafiosa, tentata corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio. Queste le accuse mosse dalla Dda di Reggio Calabria con l’inchiesta “Libro Nero”.

L’estorsione e l’intimidazione a colpi di pistola

«La vetrina è stata crivellata di colpi di pistola», «perché si erano fatti dei lavori ad alcuni personaggi, io gli chiedo i soldi perché non ci… devo lavorare, non ho possibilità… una volta, due… poi mi hanno dato la risposta». Nella notte tra l’1 e il 2 gennaio 2017 vengono esplosi alcuni colpi di arma da fuoco contro la saracinesca di un esercizio commerciale. Sul posto vengono repertati otto bossoli calibro 7,65. Un episodio, come in seguito si scoprirà, legato a fatti avvenuti tra il 2014 e il 2016 e che vede protagonisti proprio Sarica e Zindato.
Dopo avere inizialmente dichiarato di non avere sospetti, – si legge nelle motivazioni – il titolare dell’attività commerciale ha infatti raccontato che nella prima metà del 2014 Gianpaolo Sarica gli aveva chiesto di effettuare dei lavori nella sua abitazione per un importo di mille euro, un lavoro per il quale furono versati, come da richiesta, 500 euro in acconto. Ma successivamente si era presentato in negozio, per conto di Sarica, Antonio Zindato che gli aveva chiesto mille euro a destinare “ai detenuti”. Dopo l’iniziale rifiuto del commerciante e in seguito alle insistenze dell’uomo, i due si erano accordati per compensare la somma con quella ancora dovuta da Sarica, respingendo l’ulteriore richiesta di restituzione dell’acconto avanzata da Zindato. Nel giugno 2016 Sarica commissiona altre tende da installare nella sua abitazione per il prezzo di 750 euro. L’imputato, tuttavia, non aveva versato nulla, né come acconto, né per il saldo, nonostante i lavori fossero stati completati alla fine dell’estate del 2016. Alle sollecitazioni del pagamento da parte del commerciante Sarica aveva sempre risposto in maniera evasiva (“poi ci vediamo”), ma – secondo quanto emergerà – aveva deciso di passare ai fatti.
Sarica – scrivono i giudici – «ha ordinato le tende, pretendendo per mesi di non pagare il dovuto, confidando nel fatto che il commerciante, consapevole del suo ruolo nella criminalità organizzata o comunque della sua fama criminale nel quartiere confermata dallo stesso imputato nella conversazione intercettata (“Perché nel rione dicono che io sono”) non avrebbe insistito nelle sue pretese che egli avrebbe tranquillamente potuto ignorare. Ma quando il commerciante è «diventato particolarmente insistente, l’esplosione di colpi di arma da fuoco contro il negozio ha rappresentato la minaccia esplicita destinata a chiudere definitivamente la questione».

«Nei piccoli lavori magari si accontentano di queste cose, avete capito che fanno?»

Da qui la denuncia del commerciante. «Io quel giorno non ho potuto fare niente… ho dovuto per forza chiamare le forze dell’ordine, perché una cosa di queste non è che vado… metto un foglio di carta e tampono»). E l’estorsione viene accertata anche in un secondo caso, quando nel giugno 2019 Sarica e Zindato si presentano nell’ufficio di un commerciante per chiedere l’installazione di infissi e la fornitura di mattonelle per la ristrutturazione dell’appartamento del primo. Nulla era stato pagato e nulla era stato richiesto. «Ciò in quanto l’imprenditore aveva inteso tali prestazioni come sostitutive del “pizzo” riferito al cantiere che egli aveva aperto nella zona» («non gli ho dato i soldi, gli infissi ha voluto gli infissi, ecco perché vi dico nei piccoli lavori magari si accontentano di queste cose, avete capito che fanno?»).
(m.ripolo@corrierecal.it)

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