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Antonio Guarasci ulivista ante litteram e uomo da campo largo

Il primo presidente a 50 anni della morte. Attrezzi per il presente

Pubblicato il: 24/09/2024 – 6:31
di Paride Leporace
Antonio Guarasci ulivista ante litteram e uomo da campo largo

A fermare le lancette della Storia per un adeguato bilancio ci ha pensato il fedele discepolo e appassionato biografo, Franco Alimena (ma in passato hanno lasciato scritti sull’uomo anche Ernesto Funaro, Enzo Arcuri, Vittorio Cappelli, Fausto Cozzetto, Giuseppe Ferraro) il quale per il mezzo secolo della morte di Antonio Guarasci, nella sua Rogliano, il 2 ottobre mette attorno ad un tavolo a parlare del regionalismo del futuro un’impegnata pasionaria cattolica democratica come Nella Matta Rocca, il comunista riformista della vecchia guardia Franco Ambrogio, un democristiano di pensiero quale Pietro Rende, e tre presidenti di Regione di diverso orientamento politico, Agazio Loiero, Mario Oliverio e Roberto Occhiuto i quali anch’essi sapranno rovistare nella cassetta degli attrezzi guarasciani per meglio comprendere il tempo attuale dell’autonomia differenziata. Forse manca un socialista ma va bene anche così.
Sfortunata la Calabria a perdere il suo primo presidente quel maledetto 2 ottobre del 1974 a Polla fermato dal fato mentre si reca a Roma per salvare il lavoro di duemila tute blu del Tessile di Cetraro. Aveva soli 56 anni, Tonino come lo chiamavano amici e discepoli, e aveva ancora tanto da dare alla sua Calabria e alla politica meridionale. È vero che la Storia non si fa mai con i se e i ma, ma continuarlo ad avere protagonista avrebbe molto favorito il percorso democratico della Regione. Ai suoi funerali era presente un pezzo di popolo calabrese commosso e partecipe, esponenti di tutti i partiti, c’era ad accompagnare il feretro anche il presidente della Regione Lombardia Piero Bassetti che con Guarasci aveva molto lavorato su proficui progetti di solidarietà attiva tra le due regioni. Un innovatore coraggioso Guarasci. Nel 1962 era stato eletto presidente della provincia di Cosenza, la prima giunta di centrosinistra del Mezzogiorno, terza in Italia dopo quella di Milano e Genova. Un laboratorio politico che oltre alle opere materiali (nasce in quel periodo il complesso scolastico di via Popilia a Cosenza) crea un arsenale istituzionale di enorme rilevanza portando i socialisti al governo degli enti locali. Guarasci è un basista, esegeta di La Pira, che in quel percorso istituzionale e politico avvia il confronto con Roma per far nascere l’Università della Calabria ad Arcavacata. Guarasci da presidente della Regione si dovrà spendere con abile mediazione per sterilizzare le micce eversive di Reggio Calabria durante la rivolta del 1970 imprevisto ostacolo alla sua politica di riforma aperta al dialogo anche con i comunisti.

Guarasci con Piero Bassetti, presidente della Regione Lombardia

Nella biografia di Antonio Guarasci si rintracciano gli elementi della sua storica battaglia per far uscire la Calabria dal suo proverbiale isolamento. Figlio di emigrato, studia al Collegio italo-albanese di San Demetrio Corone, maturità classica al Liceo Telesio, ne sarà benemerito professore di Storia e filosofia, (alla storica scuola nel testamento dona la sua biblioteca privata, sarebbe questo elemento da celebrare per questa ricorrenza), combatte da militare ad El Alamein, fatto prigioniero sarà condotto negli Stati Uniti in un campo di concentramento a Seattle dove apprende l’inglese, qualità rara a quel tempo per un politico, e soprattutto matura un profondo antifascismo che lo rende sin da 1946 democristiano da campo largo possiamo dire con forzatura moderna. Storico militante indaga la Calabria e il ruolo dei cattolici, per lui si aprirà la strada dell’insegnamento universitario prima a Lecce e poi a Salerno, lo aspettava anche la cattedra di Storia contemporanea ad Arcavacata nell’università che aveva contribuito a far sorgere, ma resterà solo il risultato del concorso mai goduto per il maledetto incidente di Polla. Nel ricevere il Premio Campiello alla carriera, lo scrittore Paolo Rumiz ha detto che “oggi la politica perde i vocaboli” e che “gli intellettuali devono “smettere di guardare il proprio ombelico”. L’esatto opposto di Guarasci, il quale era intellettuale impregnato di politica e che il valore delle parole e degli studi lo poneva al servizio del bene comune. C’è una foto del 1972 che ritrae Antonio Guarasci, nella rotatativa del Giornale di Calabria aspettare l’uscita delle prime copie di quel quotidiano in un clima di gioiosa eccitazione collettiva di tutti i presenti. Non è la foto di un politico che è andato a mettere il cappello sopra ad un giornale per trarne buona stampa. Guarasci al pari dell’industria e dell’Università sente la presenza di un giornale calabrese per la Calabria come elemento di modernizzazione. Egli stesso animatore di giornali e pubblicista attrezzato capiva la forza propulsiva di un quotidiano calabrese di centrosinistra, tanto è vero che diventerà non un semplice collaboratore autorevole, ma sarà stretto amico del direttore Piero Ardenti, un meridionalista del Nord proveniente dall’eretico Psiup, il quale nella politica di Guarasci vedrà uno dei più validi strumenti del cambiamento calabrese.

Guarasci nella tipografia de “Il Giornale di Calabria” all’uscita del primo numero

A distanza di anni i meditati editoriali di Ardenti che spesso hanno rielaborato il pensiero e l’azione del grande roglianese dopo la sua morte sono articoli che tornano utili a questa nota a mezzo secolo di distanza di quei fatti per capirne molte modernità. Guarasci era riuscito a sprovincializzare la Calabria con la sua guida avendo contatti con Roma e l’Italia. In difesa dei suoi concittadini. Scrive Ardenti “Non dogmatico, né sognatore, e perché nella ricerca paziente dell’analisi dei problemi sapeva scoprire i correttivi alle grandi ipotesi e agli stessi disegni di ingegneria costituzionale”.
Guarasci si spese molto per il difficile primo Statuto Calabrese, quello che mettendo la Giunta a Catanzaro e il Consiglio regionale a Reggio Calabria diminuì e saturò le profonde ferite della Rivolta di Reggio Calabria. L’apertura al dialogo e alla collaborazione con le diverse culture partitiche lo rendono un ulivista ante litteram e un democristiano lontano dal clientelismo dei galantuomini. E’ un fatto questo. Come è un fatto che nel documento sottoscritto tra il presidente Guarasci a nome della Calabria e di Piero Bassetti per la Lombardia troviamo scritto: “Le due giunte hanno riconosciuto, pur nelle diversità in cui sono rispettivamente impegnate, che anche la politica comunitaria nel rapporto con le imprese e gli investimenti, deve adeguarsi ad una partecipazione del Mezzogiorno, intendendo con questa definizione il Mezzogiorno d’Italia e non una nebulosa geografia mediterranea fatta apposto per dimenticare le Regioni più periferiche, come la Calabria”. Si tendeva a rompere il centralismo e le ragioni dei forti contro le economie deboli. Suggestioni che offriamo agli illustri relatori della celebrazione roglianese del prossimo 2 ottobre. Evitateci di imbalsamare Antonio Guarasci nel museo delle glorie passate. (redazione@corrierecal.it)

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